Elezioni provinciali, la gravissima assenza di un dibattito
(per gentile concessione dell'autore, Lettere Meridiane pubblica questa interessante riflessione sulla mancata campagna elettorale per l'elezione del presidente e del consiglio provinciale)
Elezioni provinciali, la gravissima assenza di un dibattito
I candidati pensano ad una mera gestione commissariale, sbagliando. Il futuro dei comuni è nelle politiche di area vasta
di Nazario TricaricoUn profondo silenzio sta caratterizzando la corsa per la presidenza della Provincia di Foggia. L’assenza di un dibattito serio, soprattutto sul piano programmatico, è la misura di quanto molte azioni dei nostri amministratori locali siano il frutto di una certa improvvisazione. E aggiungo, anche di una vecchia tendenza al pressapochismo.
Mi sembra davvero scarsa la consapevolezza dei sindaci rispetto al significato reale di questa nuova partita. Una mancanza di coscienza rispetto ad un territorio sull’orlo del baratro e, tecnicamente, rispetto a quelle nuove variabili morfologiche e funzionali che, almeno in premessa, la legge Delrio sembra aver innescato e che non possono essere assimiliate, come alcuni beatamente pensano, ad una mera gestione commissariale.
Landella e Miglio. Il primo alle prese con un comune complicatissimo da gestire, devastato da decenni d’improvvisazione. Il secondo, un noto amante delle discussioni inefficaci da tavola rotonda che fa molta fatica ad accettare la concretezza di quella "quadra". Certo, “bisogna far fuoco con la legna che si ha”.
Ma occorre che capiscano - o che qualcuno li porti a capire - che se imboccata la strada giusta, governare un ente territoriale di area vasta significa avere la possibilità reale di incidere su una molteplicità di problemi.
Vediamo perché.
Una riforma tra vecchi limiti e nuove opportunità
Una lettura approfondita di questa riforma può riservare delle sorprese notevoli, aggiungo, nell’ottica di una nuova e possibile strategia di ripresa. Se lo sviluppo “è relazione”, come giustamente mi ricordava qualche giorno fa Geppe Inserra, magniloquente conoscitore dei fatti di Capitanata, e il territorio deve essere considerato come “dimensione strategica per la competitività”, allora la riforma, nei suoi aspetti discutibili, deve essere interpretata e implementata nell’ottica di opportunità per gli Enti locali, tutte da declinare.
Si è scritto: questa legge non abolisce di certo le provincie, non consente una quantificazione reale dei risparmi, non ci offre una prospettiva leggibile rispetto al futuro, tanto nel medio quanto lungo periodo. E’ tutto vero. Tra l’altro, in questo ragionamento, c’è il nocciolo di un problema più generale, riconducibile alla cosiddetta incapacità dei governi nel gestire le riforme dopo averle varate. Vengono in mente le parole di Barroso sugli annunci di Renzi e i gravi ritardi sui decreti attuativi.
Le nuove regole del gioco
Se letti in una prospettiva diversa, i limiti elencati possono rappresentare delle opportunità. Se vediamo il “bicchiere mezzo pieno” e soprattutto, se iniziamo a ragionare tridimensionalmente in termini di governance.
Le province non possono essere abolite, se non attraverso una modifica della Costituzione. Il risultato si è tradotto nella fortuita sopravvivenza di un livello intermedio tra comuni e regioni caratterizzato da democrazia indiretta che favorirà necessariamente la nascita di nuove regole politiche e la necessità, per tutti gli attori, di convergere verso scelte di governance inedite.
Occorre ragionare su un nuovo assetto amministrativo, teso ad armonizzare i servizi su tutto il territorio. E’ possibile ragionare su una razionalizzazione delle aziende erogatrici, penso ad un processo virtuoso di ristrutturazione istituzionale e rilancio di una vera politica di area vasta. Sul fronte della revisione della spesa, oltre ai soliti e improcrastinabili interventi sulla razionalizzazione delle spese correnti, è possibile intervenire con decisione su funzioni “dismesse”, sui quali i comuni avranno un peso maggiore rispetto al passato. E’ il caso dei servizi sociali, delle politiche culturali, dello sport, ovviamente all’interno di una logica di sussidiarietà.
Cosa ci aspetta
Il futuro potrebbe riservarci delle belle sorprese, ma tutto dipende dalla capacità stessa del Governo di guidare gli amministratori locali verso queste strategie innovative. D’altro canto, i politici dovranno impegnarsi seriamente sul fronte programmatico, facendo ricadere sui territori e sui fattori di eccellenza che li caratterizzano quelle risorse che possono, anzi devono, essere reperite attraverso un complesso intervento di ristrutturazione istituzionale.
Detto questo, resta l’interrogativo di fondo, forse più importante: i politici di Capitanata, saranno in grado di esercitare questo ruolo?
Nazario Tricarico
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