La memoria ritrovata: a Lucera tornano alla luce tre fiammelle che splendono sull'acqua

Sono tornati alla luce quasi per caso. Bellissimi, misteriosi. Forse destinati a scrivere una pagina nuova della storia dei rapporti tra Lucera e Foggia. Si tratta di due stemmi, raffiguranti tre fiammelle sull’acqua (simbolo, per chi non dovesse saperlo, della città di Foggia). Erano nascosti ai lati di uno degli altari della chiesa di San Leonardo a Lucera. Sono stati ritrovati durante i lavori di restauro del tempio, danneggiato dal terremoto del Molise e da allora chiuso al culto. La chiesa è un autentico gioiello d’arte, che possiede, tra l’altro, uno splendido e rarissimo altare di fattura rinascimentale.
Come ricorda l’esperto lucerino Giuseppe Trincucci, la chiesa è una delle più antiche di Lucera. Già denominata “degli agostiniani”, fu voluta e costruita da Carlo II d'Angiò e quindi possiede un impianto trecentesco, impreziosito dagli altari di impianto neoclassico cinquecentesco,  tra i pochi esempi a Lucera e nell’intera Capitanata.
I due stemmi adornano i cantonali alla destra ed alla sinistra dell’Altare del Sacro Cuore ((per chi entra nella Chiesa è l’ultimo, sulla sinistra, prima dell’altare principale centrale). 
Sono stati riscoperti durante i lavori di ristrutturazione dell’Altare, consistenti nella rimozione di alcuni elementi posticci.

Sono di pietra finemente lavorata e di pregevole fattura artistica. Come si vede chiaramente dalle foto, raffigurano in maniera inequivocabile i simboli dello stemma della città di Foggia. Forse solo le tre fiammelle sono più grandi di quanto non lo siano nell’iconografia ricorrente dello stemma civico del capoluogo. Più fiamme che fiammelle. Ma la sostanza è identica.
La figura è sormontata da un motto, esso stesso molto bello e significativo: Ardent in aqua (splendono sull’acqua).
Ma che ci fanno nella chiesa di San Leonardo due stemmi che raffigurano i simboli del capoluogo? Si sta cercando di capirlo. Secondo il tecnico della diocesi che me li ha mostrati, i due stemmi potrebbero essere una sorta di firma apposta dagli artigiani che hanno realizzato l’altare, artigiani che dovevano essere foggiani. Attesterebbero insomma  che l’altare è di fabbrica foggiana.
Secondo Massimiliano Monaco (storico, è commissario straordinario del Comitato di Foggia dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano) potrebbe invece trattarsi dell'arma di una famiglia gentilizia. Monaco - che ringrazio sentitamente per aver scattato e messo a disposizione le foto - sta lavorando per individuare quale. 
Se gli amici di Lettere Meridiane e dei gruppi di Facebook che si occupano di ricordi e di memoria (Foggia com’era, Foggia “sparita”, Foggia:ricordi del cuore, Comitato per il Monumento alle Vittime del 43) hanno qualche idea, si facciano avanti. 
Chi volesse guardare dal vivo i due stemmi deve affrettarsi perché San Leonardo è aperta solo eccezionalmente al pubblico in questi giorni: ospita la splendida mostra di Pasqualino Festa Murè, Emozioni condivise, di cui ho parlato in quest’altro post.
È possibile visitare la mostra e la chiesa ancora fino al 7 gennaio (oggi, Capodanno, è chiusa)  dalle 18:00 alle 21:00. Per raggiungerla, è sufficiente imboccare via Scassa, che parte dall’abside del Duomo. Andateci, ne vale veramente la pena: un impareggiabile viaggio tra arte, storia. E mistero.

Commenti

Tommaso Palermo ha detto…
Interessante questa testimonianza di rimandi storici e culturali fra Foggia e Lucera, entrambe città di Santa Maria e sorte sopra l’acqua, essendovi da sempre in entrambe dei corsi sotterranei (per Lucera si veda “L'acqua che animava le diverse fontane esistenti nell'abitato dell'illustre ed antica città di Lucera” di Raffaele Califani, dato alle stampe nel 1872).
Gli stemmi sembrano risalire al XVII secolo. La presenza del cartiglio in latino va a sostegno dell’ipotesi di una precisa committenza verso lo scalpellino: le maestranze erano certamente analfabete e non avrebbero potuto elaborare personalmente un testo di questo tipo.
C’è quindi una scelta a monte, una scelta dettata da una committenza di una certa agiatezza: lasciare un equivocabile richiamo a Foggia. Non essendo araldista non posso esprimermi in merito se non ponendomi interrogativi che solo esperti come Loris Castriota Skanderbeg o Lucia Lo Priore saprebbero affrontare, vale a dire: è possibile che un’arme di famiglia sia identica allo stemma di una città? Vi sono casi di stemmi che inglobano il cartiglio col motto?.
Altra scelta adottata è quella di duplicare lo stemma, quasi a rafforzare il rimando a Foggia. Ma rimando di che natura? La domanda di Geppe è quella che tutti ci poniamo. Forse l’altare era legato ad una confraternita di Foggia? Oppure era inizialmente intitolato a santi legati a Foggia come Guglielmo e Pellegrino? In questi casi gli stemmi avrebbero suggellato la “foggianità” dell’altare.
Probabile anche che vi sia una famiglia di origine foggiana che abbia elargito somme per lavori o restauri della chiesa, forse una famiglia foggiana trasferitasi a Lucera.
Non dimentichiamoci infine che il legame che la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia creò col vasto territorio di sua giurisdizione (compresa Lucera) fino al 1806 fu molto forte, l’analisi delle carte del XVII secolo potrebbe costituire anch’essa una risorsa per sbrogliare il mistero.
Unknown ha detto…
in questo articolo del 2010 http://www.luceranet.it/readnews.php?id=504 il sig. Aufiero scrive che gli interni della Chiesa furono commissionati da Don Orazio Zunica e dal figlio Don Giovanni come devozione alla Chiesa e si ipotizza un miracolo avvenuto al figlio per intercessione di Maria Santissima. Quindi gli stemmi potrebbero riferirsi al Culto della Madonna e non alla città di Foggia?
savino roggia ha detto…
Mi limito al contenuto simbolico...
Acqua e fuoco insieme richiamano il dualismo insito anche nelle attività virtuose (le tre fiamme). Per il monito: caro uomo, anche nel bene sii moderato: potresti arderti come spegnerti.
Savino Roggia, Orta Nova
Savino Russo ha detto…
Mah, ...intanto c'erano gli agostiniani anche a Foggia, e dunque si puo' ipotizzare il passaggio di un "abito dismesso" nell'ambito di una stessa famiglia. Poi c'e' tutta la storia delle soppressioni, quelle murattiane in primis: alcune chiese furono letteralmente spogliate; altre chiese, in seguito, acquisirono statue ed arredi magari acquistati all'asta. E' il caso della statua di Sant'Anna, nell'omonima chiesa, riacquistata per pochi carlini e proveniente da Santa Maria di Costantinopoli e dello stesso altare maggiore della Chiesa delle Croci, anch'esso proveniente dalla chiesa dell'antico convento dei Cappuccini.was Everyen
Tommaso Palermo ha detto…
Geppe, ieri sera, grazie alla tua segnalazione, l’amico Giuseppe d’Angelo mi ha accompagnato nella suddetta chiesa con Marco Scarpiello e Claudio Manzi.
Anche noi, come te ed altri, abbiamo ispezionato bene l’altare: vi sono forti rassomiglianze con il primo altare sulla sinistra ed è quindi databile per i primi lustri del ‘600. Purtroppo non reca nessuna epigrafe se non quella riportata nei cartigli degli stemmi. La mensa d’altare è posticcia e di cattivo gusto: al di sotto di essa, Giuseppe d’Angelo ha notato che una intonacatura selvaggia (in parte caduta o rimossa per saggio) nasconde parte della decorazione originaria. Belli i bassorilievi che arricchiscono il tutto, tra questi: fiori, racemi e figure alate. La chiesa, nel complesso, mostra segni di interventi continui su arredi e decorazioni, con lo stravolgimento dell’aspetto originario. Offre, tuttavia, elementi interessanti di studio sia storico che artistico.

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