Gianni Forte (Spi Cgil) contro l'autonomia differenziata: "le Regioni del Sud destinate a diventare la ruota di scorta di quelle settentrionali"
Da sinistra a destra: Gianni Forte, segr. reg. Spi Cgil; Franco Persiano segr. Spi Cgil Foggia; Maurizio Carmeno, segr. Cgil Foggia |
Il grido d’allarme del sindacato è stato levato da Gianni Forte, segretario generale dello Spi Cgil di Puglia (la Cgil pugliese ha sottoscritto la petizione elaborata dall’economista Gianfranco Viesti e dallo scrittore Pino Aprile per dire “no” a quella che è stata definita “secessione dei ricchi”). Il dirigente sindacale è intervenuto a Foggia al congresso provinciale del sindacato pensionati della Cgil. Gran parte delle conclusioni svolte da Forte sono state dedicate proprio al regionalismo differenziato e al concreto rischio di una secessione che questo incarna.
“Il Mezzogiorno - ha detto Forte - deve avere un rilievo diverso nel paese, e non è affatto scontato in questa fase. Il regionalismo differenziato che potrebbe prendere corpo nei prossimi giorni destabilizzerà il sistema, e questo sta avvenendo in un silenzio assoluto e assordante.
Vi ricordate quando la Lega, che allora si chiamava Lega Nord, faceva i raduni a Pontida e predicava la secessione, la rottura dell’unità del Paese? Oggi non lo dice più, perché la Lega è diventata un partito nazionale, abbiamo sue sedi perfino nei nostri comuni pugliesi, pero lo fa. Mentre prima lo diceva, adesso lo fa."
Anche la Regione Puglia sta pensando di accodarsi sulla strada intrapresa dal Veneto e dalla Lombardia. E secondo Forte sarebbe una scelta pericolosa. "Il progetto perseguito da alcune regioni - ahimè sembra anche dalla nostra e forse il nostro Governatore avrebbe fatto meglio a non scimmiottare questo modello - penalizzerà fortemente il Mezzogiorno. La questione non è ottenere che la Regione possa decidere sull’ambiente, sul petrolio, sull’Ilva, il problema è che le Regioni meridionali avrebbero meno risorse a disposizione per garantire i servizi essenziali. Nel momento in cui la scuola diventerà regionalizzata, prevedendo addirittura che da una regione all’altra si possano adottare programmi diversi, e quando sulla sanità, che vede la Puglia già penalizzata per quanto riguarda i riparto del Fondo Sanitario Nazionale, (con gli stessi abitanti dell’Emilia Romagna alla Puglia spettano ben 800 milioni di meno… e ha migliaia di addetti alla sanità in mano ) verranno riconosciute risorse aggiuntive alle Regioni già ricche, l’intera coesione nazionale è destinata ad entrare in crisi. È su questo che le regioni del Sud dovrebbero fare le loro battaglie.
Qualche anno fa abbiamo avuto una fortunata coincidenza che forse non si verificherà più: per un certo periodo tutte le regioni del Mezzogiorno sono state amministrate dal centrosinistra. Quale opportunità migliore che presidenti dello stesso schieramento politico si mettessero insieme per costruire un’idea unitaria dello sviluppo del Mezzogiorno? Invece si sono dati battaglia uno con l’altro. Dove speriamo di andare, se le classi dirigenti non sono capaci di costruire un’idea di sviluppo unitaria e coesa per il Sud? Diventano subalterne rispetto alla peggiore politica. Oggi c’è il Veneto, domani la Lombardia e l’Emilia Romagna, e noi che facciamo? Avremo un’Italia a più velocità. Già ci sono le regioni a statuto speciale, che usufruiscono di una serie di prerogative non di poco conto, poi ci saranno le regioni che usufruiranno dell’autonomia differenziata, costruita a loro immagine e somiglianza. Tutte le altre saranno la ruota di scorta di un sistema che lascerà le briciole alle persone che hanno più bisogno.”
Forte ha quindi passato in rassegna gli altri temi caldi della questione meridionale, affrontando la questione del gap infrastrutturale da un punto di vista decisamente originale.
“Quando parliamo di Mezzogiorno - ha detto il segretario regionale dello Spi Cgil - , troppo spesso ci soffermiamo sul problema della dotazione infrastrutturale, dicendo che al Sud servono le infrastrutture, ma quando parliamo di questo argomento, dobbiamo aver chiaro che cosa sono le infrastrutture. C’è la strana idea che gli italiani siano diventati un popolo di viaggiatori. Vogliamo gli aeroporti perché dobbiamo andare all’estero, vogliamo i treni ad alta velocità e le autostrade perché dobbiamo spostarci più rapidamente, ma con questo abbiamo risolto i problemi? L’anziano, avendo un aeroporto, un porto, una strada in più, risolve i suoi problemi? Migliora la qualità della vita dell’anziano? Prendiamo il caso di Brindisi che possiede una dotazione infrastrutturale ed una produzione energetica di tutto rispetto. Ha risolto i suoi problemi?
Le imprese arrivano dove si vive bene. Dove vivono bene le persone, vive bene anche le imprese, dove c’è un sistema sociale che garantisce sicurezza, dove c’è una pubblica amministrazione efficiente. Quello che dobbiamo abituarci a ritenere importante è l’infrastrutturazione sociale. Quali sono i veri punti di debolezza del Mezzogiorno? La sanità, il lavoro che non c’è, i servizi sociali carenti, l’assistenza domiciliare. È da qui che bisogna cominciare per affrontare la questione meridionale ed attenuare il divario che separa il Sud dal Centro-Nord: potenziare e qualificare l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno.”
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