Quando la storia la scrivevano le masse: Carmelina Panico (di Geppe Inserra)
Nove anni fa, il 28 luglio del 2009, si spegneva Carmela Panico, prima donna della provincia di Foggia a diventare dirigente sindacale. Lettere Meridiane la ricorda pubblicando l'intervento svolto da Geppe Inserra, all'Omaggio alle donne che han fatto Cerignola, promosso l'8 marzo scorso dall'Associazione Casa Di Vittorio.
La fotografia è stata invece scattata a Troia dallo studio fotografico Gentile-Manna, il 1° maggio del 1996. Carmela Panico è affiancata dal sen. Pasqualino Pasqualicchio (sulla sua sinistra) e da Leonardo Lioce, sulla sua destra.
* * *
Di Carmelina Panico, dirigenti per tanti lustri della Cgil, ha scritto Franco Bambacigno, esponente di primo piano di un sindacato in un certo senso avversario, come la Fisba Cisl: “Sono sempre stato legato a Carmelina perché quando nel 1975 fui mandato a Cerignola per lo sciopero dei braccianti agricoli a seguito delle rotture delle trattative del rinnovo del Contratto Provinciale di Lavoro, mi colpì immediatamente la sua umanità e quell'accogliermi, anche se di altra organizzazione sindacale, usava con me quasi un "manto protettivo”, per non fare pesare la mia ancora acerba esperienza nelle dinamiche assembleari cerignolane che di solito erano molto ma molto "calde". “
Il richiamo al manto protettivo è quanto mai pertinente. Dura con gli avversari e con i padroni, Carmelina era invece tenera e materna con quelli che stavano dalla sua parte. È il tratto che le riconoscono tutti quanti l’hanno conosciuta, e l’hanno avuta vicina.
È entrata nella mia vita in quanto ero un fraterno amico di suo figlio Marco: non sospettavo che qualche anno dopo sarebbe diventata la nonna dei miei figli.
In un certo senso mi adottò da subito: sapendo che studiavo filosofia a Bari mi regalò un libro, che ancora custodisco gelosamente, La storia del sindacato di Corrado Perna. Quel dono svelava l’identità profonda di Carmelina: il suo credere fermamente nel valore della conoscenza, quella conoscenza che la povertà le aveva negato, e il valore del sindacato, inteso come possibilità di emancipazione e di riscatto, e come essere comunità, espressione di appartenenza, di valori e di una visione della vita comuni.
La convinta declinazione di questi valori, l’elevarli a scelta di vita, l’impegno tenace per trasformarli da dichiarazioni di principio in prassi quotidiane, ha prodotto in questa terra, nella seconda metà del secolo scorso una generazioni irripetibile di dirigenti politici e sindacali che ha veramente cambiato la realtà.
Ho avuto il privilegio di intrecciare il corso della mia vita con quelle di Carmelina Panico e della sua famiglia che è stata parte significativa di questa generazione: suo marito, Vincenzo Pizzolo, suo fratello, Pasquale Panico, recentemente scomparso.
Da loro ho ricevuto un insegnamento che è una preziosissima eredità: se si crede veramente nella giustizia, nel lavoro, nella dignità dell’uomo, e se si lavora perché siano in tanti a credere nelle stesse cose, si può cambiare il corso della storia.
Oggi la storia la scrivono le borse e gli onnipotenti mercati, ma in quegli anni l’hanno fatta i braccianti senza terra che all’indomani della guerra, con lo spettro della fame che incombeva, andarono ad occupare le terre incolte e malcoltivate, esponendosi alla dura reazione delle forze di polizia, e pagando di persona.
Alla fine però, sciopero dopo sciopero, manifestazione dopo manifestazione, contratto dopo contratto, quelle masse che ragionavano con una sola testa e nel cui petto batteva lo stesso cuore, hanno veramente cambiato la storia, promuovendo condizioni migliori di vita per i poveri, gli ultimi.
Carmelina Panico fu in prima fila in tutte le manifestazioni. Era particolarmente vocata all’azione e particolarmente combattiva quando si trattava di difendere gli interessi delle donne. Fu lei a portare nel sindacato una nuova sensibilità verso la particolare condizione femminile nel mondo del lavoro agricolo, a promuovere la mobilitazione contro il sottosalario femminile, ad esigere dai padroni non soltanto che le donne percepissero lo stesso salario dei maschi, ma che venisse considerata la loro particolare situazione di madri.
Autentica pioniera del welfare, fu Carmelina Panico a promuovere la creazione di asili nido per i figli delle lavoratrici agricole impegnate nella raccolta delle olive, grazia a un’intesa tra l’Onmi e le organizzazioni datoriali, che costituisce ancora oggi un esempio moderno ed attuale di servizio sociale misto pubblico-privato.
Negli anni sessanta e in special modo nella tribolata fase che portò al fatidico, storico contratto provinciale del 1969, che per la prima volta introdusse forme di partecipazione sindacale alle scelte colturali delle aziende, fu in prima fila nei numerosi blocchi stradali che costrinsero il padronato ad accettare le condizioni proposte dalla Cgil.
Lo sciopero durò 27 giorni. Il che significava fare la fame. C’era bisogno di una donna che desse l’esempio e Carmelina fu un prima fila in quella lotta che vide le donne protagoniste assolute. Perché oltre a scioperare al fianco dei loro mariti, quelle lavoratrici, quelle moglie e quelle madri giorno per giorno dovettero industriarsi a mettere su tavola, e strinsero un accordo con i negozianti che fecero loro credito. Braccianti e mamme, braccianti e mogli.
Proprio come Carmelina Panico, che non è stata soltanto una grande dirigente politica e sindacale, ma è stata una grande donna, una grande moglie, una grande mamma, una grande nonna, e perfino una grande cuoca: la sua pizza sette sfoglie era qualcosa di paradisiaco.
È stata una donna a tutto tondo, che stendeva il suo manto protettivo su tutte le persone cui voleva bene, e sono state veramente tante: i suoi figli, i nipoti, i suoi braccianti, i suoi compagni di lotta e di lavoro. Restando sempre dalla stessa parte. Fino all’ultimo respiro.
Il giorno prima della sua morte, i dirigenti della Cgil vollero insignirla di una tessera speciale della Cgil - firmata personalmente dal segretario generale Guglielmo Epifani -, in considerazione della straordinario impegno profuso nella sua attività di sindacalista. Carmela ringraziò Affatato con queste parole: "Coraggio compagni, avanti nella lotta e buon lavoro".
Quella lotta e quel lavoro che hanno scandito tutta la vita di Carmela Panico. Sono state le ultime parole che le ho sentito pronunciare. Una eredità straordinaria di cui le sono grato.
Geppe Inserra
La fotografia è stata invece scattata a Troia dallo studio fotografico Gentile-Manna, il 1° maggio del 1996. Carmela Panico è affiancata dal sen. Pasqualino Pasqualicchio (sulla sua sinistra) e da Leonardo Lioce, sulla sua destra.
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Di Carmelina Panico, dirigenti per tanti lustri della Cgil, ha scritto Franco Bambacigno, esponente di primo piano di un sindacato in un certo senso avversario, come la Fisba Cisl: “Sono sempre stato legato a Carmelina perché quando nel 1975 fui mandato a Cerignola per lo sciopero dei braccianti agricoli a seguito delle rotture delle trattative del rinnovo del Contratto Provinciale di Lavoro, mi colpì immediatamente la sua umanità e quell'accogliermi, anche se di altra organizzazione sindacale, usava con me quasi un "manto protettivo”, per non fare pesare la mia ancora acerba esperienza nelle dinamiche assembleari cerignolane che di solito erano molto ma molto "calde". “
Il richiamo al manto protettivo è quanto mai pertinente. Dura con gli avversari e con i padroni, Carmelina era invece tenera e materna con quelli che stavano dalla sua parte. È il tratto che le riconoscono tutti quanti l’hanno conosciuta, e l’hanno avuta vicina.
È entrata nella mia vita in quanto ero un fraterno amico di suo figlio Marco: non sospettavo che qualche anno dopo sarebbe diventata la nonna dei miei figli.
In un certo senso mi adottò da subito: sapendo che studiavo filosofia a Bari mi regalò un libro, che ancora custodisco gelosamente, La storia del sindacato di Corrado Perna. Quel dono svelava l’identità profonda di Carmelina: il suo credere fermamente nel valore della conoscenza, quella conoscenza che la povertà le aveva negato, e il valore del sindacato, inteso come possibilità di emancipazione e di riscatto, e come essere comunità, espressione di appartenenza, di valori e di una visione della vita comuni.
La convinta declinazione di questi valori, l’elevarli a scelta di vita, l’impegno tenace per trasformarli da dichiarazioni di principio in prassi quotidiane, ha prodotto in questa terra, nella seconda metà del secolo scorso una generazioni irripetibile di dirigenti politici e sindacali che ha veramente cambiato la realtà.
Ho avuto il privilegio di intrecciare il corso della mia vita con quelle di Carmelina Panico e della sua famiglia che è stata parte significativa di questa generazione: suo marito, Vincenzo Pizzolo, suo fratello, Pasquale Panico, recentemente scomparso.
Da loro ho ricevuto un insegnamento che è una preziosissima eredità: se si crede veramente nella giustizia, nel lavoro, nella dignità dell’uomo, e se si lavora perché siano in tanti a credere nelle stesse cose, si può cambiare il corso della storia.
Oggi la storia la scrivono le borse e gli onnipotenti mercati, ma in quegli anni l’hanno fatta i braccianti senza terra che all’indomani della guerra, con lo spettro della fame che incombeva, andarono ad occupare le terre incolte e malcoltivate, esponendosi alla dura reazione delle forze di polizia, e pagando di persona.
Alla fine però, sciopero dopo sciopero, manifestazione dopo manifestazione, contratto dopo contratto, quelle masse che ragionavano con una sola testa e nel cui petto batteva lo stesso cuore, hanno veramente cambiato la storia, promuovendo condizioni migliori di vita per i poveri, gli ultimi.
Carmelina Panico fu in prima fila in tutte le manifestazioni. Era particolarmente vocata all’azione e particolarmente combattiva quando si trattava di difendere gli interessi delle donne. Fu lei a portare nel sindacato una nuova sensibilità verso la particolare condizione femminile nel mondo del lavoro agricolo, a promuovere la mobilitazione contro il sottosalario femminile, ad esigere dai padroni non soltanto che le donne percepissero lo stesso salario dei maschi, ma che venisse considerata la loro particolare situazione di madri.
Autentica pioniera del welfare, fu Carmelina Panico a promuovere la creazione di asili nido per i figli delle lavoratrici agricole impegnate nella raccolta delle olive, grazia a un’intesa tra l’Onmi e le organizzazioni datoriali, che costituisce ancora oggi un esempio moderno ed attuale di servizio sociale misto pubblico-privato.
Negli anni sessanta e in special modo nella tribolata fase che portò al fatidico, storico contratto provinciale del 1969, che per la prima volta introdusse forme di partecipazione sindacale alle scelte colturali delle aziende, fu in prima fila nei numerosi blocchi stradali che costrinsero il padronato ad accettare le condizioni proposte dalla Cgil.
Lo sciopero durò 27 giorni. Il che significava fare la fame. C’era bisogno di una donna che desse l’esempio e Carmelina fu un prima fila in quella lotta che vide le donne protagoniste assolute. Perché oltre a scioperare al fianco dei loro mariti, quelle lavoratrici, quelle moglie e quelle madri giorno per giorno dovettero industriarsi a mettere su tavola, e strinsero un accordo con i negozianti che fecero loro credito. Braccianti e mamme, braccianti e mogli.
Proprio come Carmelina Panico, che non è stata soltanto una grande dirigente politica e sindacale, ma è stata una grande donna, una grande moglie, una grande mamma, una grande nonna, e perfino una grande cuoca: la sua pizza sette sfoglie era qualcosa di paradisiaco.
È stata una donna a tutto tondo, che stendeva il suo manto protettivo su tutte le persone cui voleva bene, e sono state veramente tante: i suoi figli, i nipoti, i suoi braccianti, i suoi compagni di lotta e di lavoro. Restando sempre dalla stessa parte. Fino all’ultimo respiro.
Il giorno prima della sua morte, i dirigenti della Cgil vollero insignirla di una tessera speciale della Cgil - firmata personalmente dal segretario generale Guglielmo Epifani -, in considerazione della straordinario impegno profuso nella sua attività di sindacalista. Carmela ringraziò Affatato con queste parole: "Coraggio compagni, avanti nella lotta e buon lavoro".
Quella lotta e quel lavoro che hanno scandito tutta la vita di Carmela Panico. Sono state le ultime parole che le ho sentito pronunciare. Una eredità straordinaria di cui le sono grato.
Geppe Inserra
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