I pugliesi e l'energia: cornuti e mazziati
I pregiudizi anti meridionali e anti meridionalistici sono duri a morire. Sono la tossina che avvelena ogni seria riflessione sulla questione meridionale e sulla mancata unificazione economica del Paese. Questo sottile veleno non risparmia neppure un giornalista serio e illuminato come Aldo Grasso, che sul Corriere della Sera di qualche giorno fa bacchetta duramente la ministra pugliese per il Mezzogiorno, Barbara Lezzi, che intervenendo al Forum Ambrosetti, ha annunciato l’intenzione del suo Ministero di “bloccare le trivelle e rivedere il piano energetico nazionale”.
“Sì - commenta Aldo Grasso - ma se chiudessero le centrali a carbone dell’Enel nella sua Puglia per affidarsi alle rinnovabili, resteremmo al buio.”
Tesi opinabile, anzi del tutto infondata e sbagliata.
La Puglia molta produce più energia di quanto non ne abbia bisogno, e pertanto risulta tra le regioni che maggiormente contribuiscono ad attenuare il deficit energetico nazionale.
Dati alla mano, nel tacco dello stivale vengono prodotti annualmente circa 9.790 KWh per abitante, a fronte di un consumo energetico di 4.549 KWh pro capite. In sostanza, la Puglia produce più del doppio dell’energia di cui necessita, con un saldo energetico attivo di 5.420 KWh per abitante.
Ne consegue che la Puglia potrebbe benissimo concedersi di rinunciare alla produzione di energia elettrica da carbone, vista come una tragedia dal buon Grasso, senza che i suoi abitanti restino al buio. Inoltre, la sola centrale a carbone (per cui è sbagliato anche parlare di centrali) che è quella di Cerano, contribuisce alla produzione energetica regionale soltanto per il 25%. Per il resto, l’energia prodotta deriva da centrali termoelettriche a metano, o alimentate con fonti rinnovabili come biomasse e rifiuti biodegradabili e da impianti eolici e fotovoltaici.
A restare al buio sarebbero semmai regioni industriali come la Lombardia e il Veneto (ma anche le Marche e l’Umbria) che consumano molta più energia di quanta ne producono.
Va detto pure che tutta questa energia implica un costo sociale elevato, non solo in termini ambientali ma anche paesaggistici. Il Tavoliere e i Monti Dauni, dove si concentra la maggior parte dei parchi eolici, hanno cambiato radicalmente aspetto.
Le foreste ubertose che li ricoprivano una volta hanno lasciato il posto a selve di orrende pale. Senza che nessuno abbia neanche detto grazie.
L’approssimazione con cui Aldo Grasso affronta la questione fa il paio con la sufficienza con cui in generale vengono affrontate le questioni che riguardano il Mezzogiorno.
Ma, si sa, il federalismo funziona solo quando è il Mezzogiorno a dare, quando si tratta di ricevere…
Geppe Inserra
(Nella foto, il Tavoliere nei pressi di Candela)
“Sì - commenta Aldo Grasso - ma se chiudessero le centrali a carbone dell’Enel nella sua Puglia per affidarsi alle rinnovabili, resteremmo al buio.”
Tesi opinabile, anzi del tutto infondata e sbagliata.
La Puglia molta produce più energia di quanto non ne abbia bisogno, e pertanto risulta tra le regioni che maggiormente contribuiscono ad attenuare il deficit energetico nazionale.
Dati alla mano, nel tacco dello stivale vengono prodotti annualmente circa 9.790 KWh per abitante, a fronte di un consumo energetico di 4.549 KWh pro capite. In sostanza, la Puglia produce più del doppio dell’energia di cui necessita, con un saldo energetico attivo di 5.420 KWh per abitante.
Ne consegue che la Puglia potrebbe benissimo concedersi di rinunciare alla produzione di energia elettrica da carbone, vista come una tragedia dal buon Grasso, senza che i suoi abitanti restino al buio. Inoltre, la sola centrale a carbone (per cui è sbagliato anche parlare di centrali) che è quella di Cerano, contribuisce alla produzione energetica regionale soltanto per il 25%. Per il resto, l’energia prodotta deriva da centrali termoelettriche a metano, o alimentate con fonti rinnovabili come biomasse e rifiuti biodegradabili e da impianti eolici e fotovoltaici.
A restare al buio sarebbero semmai regioni industriali come la Lombardia e il Veneto (ma anche le Marche e l’Umbria) che consumano molta più energia di quanta ne producono.
Va detto pure che tutta questa energia implica un costo sociale elevato, non solo in termini ambientali ma anche paesaggistici. Il Tavoliere e i Monti Dauni, dove si concentra la maggior parte dei parchi eolici, hanno cambiato radicalmente aspetto.
Le foreste ubertose che li ricoprivano una volta hanno lasciato il posto a selve di orrende pale. Senza che nessuno abbia neanche detto grazie.
L’approssimazione con cui Aldo Grasso affronta la questione fa il paio con la sufficienza con cui in generale vengono affrontate le questioni che riguardano il Mezzogiorno.
Ma, si sa, il federalismo funziona solo quando è il Mezzogiorno a dare, quando si tratta di ricevere…
Geppe Inserra
(Nella foto, il Tavoliere nei pressi di Candela)
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