Don Fausto Parisi è stato un dono di Dio (di don Tonino Intiso)
Ha registrato un’affettuosa e sentita partecipazione di popolo, la messa a ricordo di don Fausto Parisi celebrata da don Tonino Intiso nella chiesa di Sant’Eligio, nel giorno di quello che sarebbe stato il sessantottesimo compleanno del sacerdote recentemente tornato alla casa del Padre.
“Siamo qui per incontrare il nostro fratello Fausto. A questa celebrazione, Fausto è presente. È vivo”. Così don Tonino, suo fraterno amico, ha introdotto la celebrazione, organizzata dalla Confraternita di Sant’Eligio e dal Comitato per la Beatificazione di padre Antonio Silvestri, di cui don Fausto era consulente spirituale.
Un’ampia sintesi della Santa Messa sarà messa on line sul canale YouTube di Lettere Meridiane, nelle prossime ore.
Cliccando qui, potete scaricare la “scheggia” preparata da don Tonino per la celebrazione.
Di seguito, invece, gli appunti utilizzati da don Tonino per la sua intensa omelia, che potrete poi vedere ed ascoltare nel video. (g.i.)
Dobbiamo chiedere perdono per non aver saputo approfittare della sua vita. E testimoniare, attraverso il nostro dolore, la nostra fede nella vita eterna.
Viviamo nell’epoca della post verità, in cui cerchiamo e troviamo la nostra verità nelle sensazioni che abbiamo, in quanto individui. Ma non può essere così. Non possiamo mai agire da soli. La nostra fede dev’essere comunitaria.
Ho letto molti commenti in cui si dice che don Fausto è stato un prete scomodo. Ma non è vero. La scomodità di don Fausto sta nel fatto che è stato prete, che ha fatto il prete. Chiunque faccia veramente il prete diventa scomodo, perché predica e cerca di testimoniare ciò che è umanamente assurdo.
Ho sentito più volte sottolineare i suoi contrasti con i Vescovi, con le gerarchie ecclesiali. Dobbiamo comprenderli alla luce della grande testimonianza che ci ha lasciato. Chiunque cerca di fare qualcosa di coerente con la propria chiamata entra in conflitto con l’autorità, diventa coscienza critica, segno di contraddizione e chiede cambiamento.
Questo è stato don Fausto, e per lui parlano le cose che è riuscito a fare, e non da solo, perché con lui c’era una comunità che operava, che era segno vivente di Dio che opera nella storia.
Mettere don Fausto in contrasto con la Chiesa di Foggia è sbagliato, perché per fare le tante, meravigliose cose che ha fatto, per fare il prete non ha avuto bisogno né dell’appoggio né del permesso della Chiesa.
È giunto il momento di cambiare la destinazione della parola “Chiesa”: la Chiesa è ecclesia, assemblea di Dio che diventa storia. La Chiesa siamo noi. Se accolgo io don Fausto, se lo accogliete voi così come stiamo facendo, lo accoglie la Chiesa. Noi che stasera lo ricordiamo e lo accogliamo e gli rendiamo la nostra testimonianza.
Perciò dire con don Fausto è stato un prete scomodo non è esatto. È una scorciatoia, che ci fa comodo per mettere a tacere le nostre coscienze. Per esorcizzare la sua coscienza critica, che è invece il grande regalo che il Signore ci ha elargito attraverso la sua vita.
Non voglio parlarvi delle molte cose che egli ha fatto nella sua vita. Le conoscete già, e potete in ogni caso leggerle nel foglietto che distribuiremo alla fine di questa celebrazione.
Voglio parlarvi piuttosto del nostro rapporto che è stato, che è, profondo, intenso.
Ho avuto il privilegio di condividere con lui un cammino. Siamo stati insieme, per usare il titolo del suo bel libro di teologia morale, che a Foggia non è stato ancora presentato, Viandanti sulla strada di Emmaus.
Voglio dirvi che io non sarei quello che sono senza don Fausto e Don Fausto non sarebbe quello che è senza don Tonino. Quando si può dire questo di due persone, le cui vite si sono incontrate e intersecate, modificandosi reciprocamente, si può parlare di una vicinanza, di un’amicizia autentica.
Non sempre le nostre idee convergevano anzi, spesso avevamo, come ha detto qualcuno a proposito del rapporto tra Giorgio La Pira e Aldo Moro. Delle “divergenze parallele”. Che significava confrontarsi, dissentire, però camminare sempre insieme, nella stessa direzione.
Avevamo carismi diversi, ma siamo riusciti a metterli insieme. Gesù manda gli apostoli a due a due per il mondo ad annunciare la Buona Novella. Ecco, io e don Fausto abbiamo avuto il privilegio di essere i due: io ero il suo secondo, lui era il mio secondo. E comunque, e sempre, ciò che abbiamo fatto è stato un fatto di Chiesa.
Certe volte Dio grida nelle nostre vite, che da un giorno all’altro diventano abisso. A me è successo quando ho vissuto l’esperienza del carcere di Regina Coeli. Fu don Fausto a costituire il comitato che in poche giorni raccolse migliaia di firme di persone che giuravano sulla mia innocenza e chiedevano la mia libertà.
Non fui solo in quella difficile prova, e la vicinanza di Dio si manifestò attraverso quelle firme, attraverso la vicinanza di don Fausto e di tantissimi altri fratelli. Però a sua volta don Fausto non fu solo nella sua iniziativa. Ebbe tra gli altri al suo fianco il comitato per i lebbrosi che si era costituito nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano durante il cammino della Giornata Internazionale dei Malati di Lebbra che aveva visto protagonisti don Tonino, e la Chiesa di Foggia, e la città tutta, in una grande e indimenticabile prova di sensibilità e di solidarietà.
Ecco cosa intendo quando parlo della dimensione comunitaria della Chiesa, di Dio che irrompe nella storia e si fa storia.
Impegnandoci per la Giornata Internazionale della Lebbra o dando vita al Comitato per la Liberazione di don Tonino non abbiamo agito in nome nostro, ma come chiesa. Abbiamo cercato soltanto di essere fedeli a Gesù.
La Chiesa non è mai matrigna. Pensarlo è tradire don Fausto.
Preghiamo perché questa celebrazione, nel ricordo di don Fausto, ci faccia sentire più Chiesa.
Preghiamo perché Dio ci aiuti a riconoscere ciò che egli ha operato, attraverso don Fausto ed esprimiamoli la nostra riconoscenza per il grande dono che ci ha fatto, attraverso la sua vita.
Don Tonino Intiso
“Siamo qui per incontrare il nostro fratello Fausto. A questa celebrazione, Fausto è presente. È vivo”. Così don Tonino, suo fraterno amico, ha introdotto la celebrazione, organizzata dalla Confraternita di Sant’Eligio e dal Comitato per la Beatificazione di padre Antonio Silvestri, di cui don Fausto era consulente spirituale.
Un’ampia sintesi della Santa Messa sarà messa on line sul canale YouTube di Lettere Meridiane, nelle prossime ore.
Cliccando qui, potete scaricare la “scheggia” preparata da don Tonino per la celebrazione.
Di seguito, invece, gli appunti utilizzati da don Tonino per la sua intensa omelia, che potrete poi vedere ed ascoltare nel video. (g.i.)
* * *
La vita di don Fausto è stata un prezioso dono che Dio ci ha fatto. La sua morte non è una perdita, come nessuna morte è una perdita per i cristiani. Accogliamola come un’occasione per riflettere, per interrogarci. Che dono mi ha fatto Dio, attraverso la vita di don Fausto? Che ne facciamo di questo regalo, che abbiamo ricevuto? Il suo passaggio alla vita eterna dev’essere per noi l’opportunità per una revisione di vita, per migliorarci.Dobbiamo chiedere perdono per non aver saputo approfittare della sua vita. E testimoniare, attraverso il nostro dolore, la nostra fede nella vita eterna.
Viviamo nell’epoca della post verità, in cui cerchiamo e troviamo la nostra verità nelle sensazioni che abbiamo, in quanto individui. Ma non può essere così. Non possiamo mai agire da soli. La nostra fede dev’essere comunitaria.
Ho letto molti commenti in cui si dice che don Fausto è stato un prete scomodo. Ma non è vero. La scomodità di don Fausto sta nel fatto che è stato prete, che ha fatto il prete. Chiunque faccia veramente il prete diventa scomodo, perché predica e cerca di testimoniare ciò che è umanamente assurdo.
Ho sentito più volte sottolineare i suoi contrasti con i Vescovi, con le gerarchie ecclesiali. Dobbiamo comprenderli alla luce della grande testimonianza che ci ha lasciato. Chiunque cerca di fare qualcosa di coerente con la propria chiamata entra in conflitto con l’autorità, diventa coscienza critica, segno di contraddizione e chiede cambiamento.
Questo è stato don Fausto, e per lui parlano le cose che è riuscito a fare, e non da solo, perché con lui c’era una comunità che operava, che era segno vivente di Dio che opera nella storia.
Mettere don Fausto in contrasto con la Chiesa di Foggia è sbagliato, perché per fare le tante, meravigliose cose che ha fatto, per fare il prete non ha avuto bisogno né dell’appoggio né del permesso della Chiesa.
È giunto il momento di cambiare la destinazione della parola “Chiesa”: la Chiesa è ecclesia, assemblea di Dio che diventa storia. La Chiesa siamo noi. Se accolgo io don Fausto, se lo accogliete voi così come stiamo facendo, lo accoglie la Chiesa. Noi che stasera lo ricordiamo e lo accogliamo e gli rendiamo la nostra testimonianza.
Perciò dire con don Fausto è stato un prete scomodo non è esatto. È una scorciatoia, che ci fa comodo per mettere a tacere le nostre coscienze. Per esorcizzare la sua coscienza critica, che è invece il grande regalo che il Signore ci ha elargito attraverso la sua vita.
Non voglio parlarvi delle molte cose che egli ha fatto nella sua vita. Le conoscete già, e potete in ogni caso leggerle nel foglietto che distribuiremo alla fine di questa celebrazione.
Voglio parlarvi piuttosto del nostro rapporto che è stato, che è, profondo, intenso.
Ho avuto il privilegio di condividere con lui un cammino. Siamo stati insieme, per usare il titolo del suo bel libro di teologia morale, che a Foggia non è stato ancora presentato, Viandanti sulla strada di Emmaus.
Voglio dirvi che io non sarei quello che sono senza don Fausto e Don Fausto non sarebbe quello che è senza don Tonino. Quando si può dire questo di due persone, le cui vite si sono incontrate e intersecate, modificandosi reciprocamente, si può parlare di una vicinanza, di un’amicizia autentica.
Non sempre le nostre idee convergevano anzi, spesso avevamo, come ha detto qualcuno a proposito del rapporto tra Giorgio La Pira e Aldo Moro. Delle “divergenze parallele”. Che significava confrontarsi, dissentire, però camminare sempre insieme, nella stessa direzione.
Avevamo carismi diversi, ma siamo riusciti a metterli insieme. Gesù manda gli apostoli a due a due per il mondo ad annunciare la Buona Novella. Ecco, io e don Fausto abbiamo avuto il privilegio di essere i due: io ero il suo secondo, lui era il mio secondo. E comunque, e sempre, ciò che abbiamo fatto è stato un fatto di Chiesa.
Certe volte Dio grida nelle nostre vite, che da un giorno all’altro diventano abisso. A me è successo quando ho vissuto l’esperienza del carcere di Regina Coeli. Fu don Fausto a costituire il comitato che in poche giorni raccolse migliaia di firme di persone che giuravano sulla mia innocenza e chiedevano la mia libertà.
Non fui solo in quella difficile prova, e la vicinanza di Dio si manifestò attraverso quelle firme, attraverso la vicinanza di don Fausto e di tantissimi altri fratelli. Però a sua volta don Fausto non fu solo nella sua iniziativa. Ebbe tra gli altri al suo fianco il comitato per i lebbrosi che si era costituito nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano durante il cammino della Giornata Internazionale dei Malati di Lebbra che aveva visto protagonisti don Tonino, e la Chiesa di Foggia, e la città tutta, in una grande e indimenticabile prova di sensibilità e di solidarietà.
Ecco cosa intendo quando parlo della dimensione comunitaria della Chiesa, di Dio che irrompe nella storia e si fa storia.
Impegnandoci per la Giornata Internazionale della Lebbra o dando vita al Comitato per la Liberazione di don Tonino non abbiamo agito in nome nostro, ma come chiesa. Abbiamo cercato soltanto di essere fedeli a Gesù.
La Chiesa non è mai matrigna. Pensarlo è tradire don Fausto.
Preghiamo perché questa celebrazione, nel ricordo di don Fausto, ci faccia sentire più Chiesa.
Preghiamo perché Dio ci aiuti a riconoscere ciò che egli ha operato, attraverso don Fausto ed esprimiamoli la nostra riconoscenza per il grande dono che ci ha fatto, attraverso la sua vita.
Don Tonino Intiso
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