Perché Foggia è brutta, e come può e deve tornar bella (di Vincenzo Concilio)

Si può essere d'accordo o meno con Vincenzo Concilio, e con le sue tesi a proposito del neo-colonialismo regionale e baricentrista che danneggia Foggia e la Capitanata, e della necessità di cercare altri e nuovi confini regionali, ma una cosa è innegabile: Concilio supporta sempre le sue argomentazioni con una logica, una lucidità ed una razionalità che le rendono sempre meritevoli di ponderate riflessioni.
Come quelle che sicuramente susciterà questa lettera meridiana, in cui Concilio esprime le sue idee a proposito di un tema che in questi giorni sta appassionando, e dividendo, amici e lettori del blog: la presunta "bruttezza" della città di Foggia, e le ragioni che determinano tanti giudizi negativi a proposito della città.
Ringrazio molto Concilio per aver voluto affidare a Lettere Meridiane questo prezioso contributo. Ad amici e lettori suggerisco una lettura approfondita, sollecitandone commenti, opinioni, reazioni.
Buona lettura.
* * *
BRUTTEZZA E BELLEZZA NON SONO SOLO FATTORI ESTERIORI MA FINISCONO PER ENTRARCI DENTRO CONDIZIONANDO NEGATIVAMENTE O POSITIVAMENTE LA NOSTRA ESISTENZA 
Foggia è brutta? Sì, in molte sue parti ma, cos'è bello e cos'è brutto?
A Foggia per vedere il bello devi contenere l'angolo di visuale rinunciando all'angolo giro; devi voltarti intorno utilizzando un teleobiettivo per isolare il brutto ma, negli anni il teleobiettivo è sempre di focale maggiore e l'angolo sempre più acuto.
Tuttavia, come scriveva Voltaire: "Interrogate il diavolo. Vi dirà che il bello è un paio di corna, quattro zampe a grinfia e una coda”.
Il termine brutto spesso evoca una gamma estesa di associazioni: dalla disarmonia al manifesto disgusto...
Umberto Eco legava la bruttezza alla percezione di una disarmonia e di un’alterazione rispetto alla norma.

E la bellezza? La bellezza genera un senso di riflessione benevola sul significato della propria esistenza dentro il mondo naturale.
La bellezza comporta la cognizione degli oggetti come aventi una certa armonia intrinseca oppure estrinseca, con la natura, che suscita nell'osservatore un senso ed esperienza di attrazione, affezione, piacere, salute.
Ed è ciò che molto ci manca.
Definite la bellezza e la bruttezza, possiamo ora cimentarci nella ricerca di cos'è bello o cos'è brutto di Foggia...
Tre sono i punti che sottometteremo alla nostra analisi:

  • A. le caratteristiche architettoniche e monumentali;
  • B. le opere infrastrutturali che la rendano percorribile e perciò fruibile;
  • C. il senso civico dei suoi abitanti che ha a che fare con la cultura e civiltà complessiva della sua comunità.

Non prenderemo in esame altri punti che ci richiederebbero uno spazio ben superiore di quello utilizzabile.
A. Foggia è architettonicamente brutta nella sua indecente commistione tra antico, vecchio e moderno. Il monumentale antico, raramente manutenuto, è violato, distrutto, circondato da uno scandaloso povero vecchiume e da un indecoroso pseudo moderno inessenziale nelle linee che ha permesso l'arricchimento della classe edile cittadina.
Le linee degli edifici sono irregolari e contrastanti nell'alternarsi dell'antico con lo pseudo moderno ed il vecchiume. Gli alti edifici pseudo moderni sorgono poi su strade strette pensate per edifici di minori dimensioni e così pure i cortili interni.
Foggia è una città di facciata senza retroguardie che siano all'altezza delle vie principali.
Foggia è piena di abusi edilizi, dalle sopraelevazioni degli edifici, agli interventi su singole proprietà che invadono e non rispettano il complesso di cui fanno parte.
I monumenti che pur ci sono, non sono protetti e conservati degnamente e non vi sono progetti nuovi all'altezza del passato.
Uscire da questa situazione incresciosa è cosa dura ma se non cominciamo a progettare un contesto più bello, i tempi di realizzazione si accorceranno e molti di noi potranno utilmente fruirne.
B. La città non aveva e non ha le caratteristiche di viabilità adatte a sopportare l'enorme traffico veicolare che la invade inquina ed affoga ogni giorno. Le auto invadono ogni spazio, marciapiedi compresi.
Foggia ha bisogno di mutare pelle assumendo una dimensione policentrica ove i vari centri siano interconnessi dalle diverse modalità di trasporto, una sorta di opposizione all’interpretazione “tradizionale” della attuale gerarchia urbana: linee tramviarie di circonvallazione che mettano in comunicazione i nodi viari d'ingresso in città, sulla nuova orbitale; una linea metropolitana di superficie per il collegamento dell'aeroporto Gino Lisa alla ideata stazione San Lorenzo per l'alta velocità; la configurazione della stazione San Lorenzo e Incoronata in stazioni metropolitane cittadine per il collegamento dell'area industriale e del nuovo casello autostradale.
La Fiera deve tornare ai suoi splendori e và interconnessa con l'aeroporto e le varie stazioni ferroviarie e i suoi spazi valorizzati.
L'aeroporto Gino Lisa deve riprendere a funzionare.
Le piazze vanno abbellite e pedonalizzate, i marciapiedi e le strade manutenuti.
C'è molto da fare ma il coinvolgimento di tutti è essenziale per la realizzazione di questo progetto.
C. la comunità foggiana spesso ingiustamente insultata e schernita, deve avere di più e di meglio perché lo merita ma per tornare a crescere in ogni senso, dobbiamo contrastare due umilianti forme di colonialismo che ci costringono in un ruolo storico che non ci appartiene: il colonialismo nazionale che proviene dalla unità d'Italia e quello regionale che opera con le stesse modalità operative della sottrazione.
C'è infatti una stretta relazione tra la crescita economica e quella culturale. Quando l'economica muore, anche la cultura muore e con esse il ruolo delle istituzioni e della politica. Gli individui si scontrano tra loro diventando giudici dell'altrui destino. La comunità si spegne anche se rimangono permangono segnali di una comune appartenenza nel cibo, nel dialetto e nelle usanze che non bastano a colmare il vuoto che si crea rispetto alle aree più ricche e meglio infrastrutturate.
Dobbiamo risalire la china dello sprofondo nel quale siamo stati cacciati e per raggiungere questo possibile obiettivo, dobbiamo ragionare fortemente in termini di comunità cittadina e territoriale e unire le forze valorizzando il capitale umano che in essa vive. Per fare una comunità forte occorre tuttavia estendere il senso di appartenenza ad ogni livello sociale, culturale ed economico.
Non vi sono altre strade da percorrere perché il respingimento e la estraniazione di una parte del corpo comunitario così protratta nel tempo è controproducente per tutti noi.
Vincenzo Concilio

Commenti

Anonimo ha detto…
Voi anche se parlate di piatti tipici siete in grado di inserire il termine Baricentrismo. È davvero un atteggiamento da frustrati. Buonaserata
Anonimo ha detto…
Pienamente condivisibile, ma direi in fase embrionale in quanto oculato
Dal punto di vista teorico, meno chiaro da quello della fattibilità.
Alioscia

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