Bombardamenti, perché si deve dare un nome alle vittime (di Maurizio De Tullio)

Maurizio De Tullio mi ha fatto pervenire un prezioso contributo, nel quale riflette su diversi temi trattati nelle ultime settimane da Lettere Meridiane. Tra le altre cose, l'articolo risponde alle considerazioni che avevo svolto su quello che ho definito riduzionismo, atteggiamento che caratterizza alcuni strati della opinione pubblica foggiana a sminuire la portata di eventi epocali, come i bombardamenti.
Le riflessioni di Maurizio sono ampie, articolate, e per larghissima parte condivisibili. Meritano una risposta articolata ed approfondita, che mi riservo di fornire nei prossimi giorni, con una lettera meridiana ad hoc. Solo una battuta sulle considerazioni finali, in cui De Tullio scrive:
Credo occorra combattere gli stupidi che a Foggia, e sui Social locali, crescono e si moltiplicano in quantità industriale! Solo per aver espresso opinione contraria (e motivata) al progetto di ricostruzione del Palazzo di Federico II e per aver contestato la bontà artistica di un monumento a ricordo delle vittime del ’43 (ma che desidero fortemente che si realizzi) ho ricevuto insulti che confermano l’eccellente qualità della stupidità umana. Non sembra, ma è questa la partita più difficile da combattere in una città come Foggia.

Beh Maurizio, a me è toccata la stessa sorte, anche se dal campo avverso: per aver promosso l'idea della ricostruzione del Palazzo sono stato vilipeso, offeso, e non certo dagli stupidi e dagli ultras del web. Ma anche di questo avrò modo di parlare... (g.i.)

* * *

Proposte contro il ‘Riduzionismo’ (a cominciare dal mio impegno per il monumento alle vittime del ’43)

Le vie del ‘Riduzionismo’ devono essere proprio infinite. Naturalmente uso il termine un po’ per parafrasare e un po’ per stare nel ragionamento di Inserra.
Sì, è vero: dovremmo cominciare dal risarcimento della memoria, per cui da un lato è sacrosanta la realizzazione del ‘Monumento alle Vittime del 1943’, per il quale Alberto Mangano e pochi altri si sono alacremente spesi, ma dall’altro è ancor più sacrosanto il debito che da 74 anni ci portiamo dietro nel non aver ancora dato un nome a quelle vittime.
Vorrei anche capire, però, se esiste un Inserra bifronte sul tema, al di là delle pieghe stucchevoli cui allude, introdotte da chi, almeno da un quindicennio, innalza barricate sulle reali proporzioni del dramma foggiano.
Ricordo che in Biblioteca, solo due anni fa (era un sabato mattina e con me e Geppe Inserra c’era Pasquale di Cicco o Michele Galante), convenimmo, circa le reali proporzioni del dramma foggiano del 1943, che si trattava di cifre eloquentemente artefatte, che non trovavano alcuna giustificazione, senza nulla togliere al dramma vero o alla concessione della Medaglia d’Oro al Valor Civile del 1959.
Ora l’amico Inserra, a cui voglio altrettanto bene e verso il quale nutro una stima enorme, “riduce” la portata e rimbrotta Raffaele De Seneen nell’aver posto un serio problema di giudizio storico sulla intera portata di quegli eventi; eventi che, per onestà intellettuale, ricordo a me e a tutti, cominciarono con l’avvento della Dittatura, la soppressione dei diritti e le libertà civili, con la tragica baggianata dell’Imperialismo, e proseguiti con le stragi compiute in Spagna su civili inermi, con la vergogna delle Leggi Razziali del ’38, con l’entrata in Guerra nel 1940 e, dulcis in fundo, terminati con la mancata difesa della città di Foggia nel 1943.
No, caro Geppe: la ricerca storica deve andare oltre i sentimenti, oltre le lacrime e va fatta a prescindere dalle proprie posizioni o convinzioni.
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L’ormai trita concezione secondo la quale “la storia la fanno i vincitori”, può valere sul piano politico ma non può mettere in discussione il lavoro degli storici, almeno di quelli riconosciuti per preparazione, equilibrio e impegno (e io, sia chiaro, non lo sono di professione). Disconoscerlo – come leggo in tantissimi post lasciati sulla pagina Fb di LM – è preoccupante.
Non è poi stucchevole, a differenza di quel che sostiene invece Inserra, la questione del numero più o meno verosimile di morti. “Che differenza fa – si chiedono infatti tanti, a partire da lui – se i morti furono 100, 200, 1.000 o 10.000? Nessuna. Sono morti innocenti. Non li riporteremo in vita e non onoreremo la loro memoria continuando a litigare su quanti furono”.
Sul piano della innocenza, del fatto che furono vittime in buona parte sacrificali (dalle aberrazioni del Fascismo e da strategie fuori contesto degli anglo-americani), ovviamente non c’è contabilità che conti. Cambia, forse, la prospettiva di chi li conta quei morti. Per me, dal punto di vista dello storico e del giornalista, conta eccome se uno sostiene che furono 20.000 e non può dimostrarlo mentre un altro sostiene e dimostra che furono (per fortuna!) poche migliaia.
Di fronte ad un atteggiamento che è unanimemente inteso a “sperare” che in una tragedia le vittime siano il meno possibile (vedi terremoti, tsunami, frane, crolli, attentati ecc.) non è invece allineata Foggia, nella quale assistiamo – curiosamente! – al moltiplicarsi di una “speranza” contraria: più morti ci sono stati nell’estate del ’43 e più…  (Fate voi: non trovo l’aggettivo).
Il problema serio è onorare quelli che morirono – mi verrebbe da dire: quelli che morirono “per davvero” – , non quelli che si salvarono! E l’unico modo per farlo è abbinare i due sforzi che la Biblioteca Provinciale e il Comitato per il Monumento alle vittime del 1943 hanno fatto in questi 4-5 anni: da un lato dare un nome ai morti accertati, attraverso il nostro Censimento e dall’altro la realizzazione e la installazione del Monumento.
Forse sfuggirà ai miei detrattori, che amano giudicarmi senza conoscermi, ma quella appena fatta è un’altra delle mie proposte concrete, per di più votata alla interazione con più soggetti, istituzionali e non.
Su LM un lettore, evidente sostenitore di Alberto Mangano – ed ha tutto il diritto di dirlo e di esserlo –, intravede invece in me, o nelle cose che scrivo, lo spirito del foggiano che “n'sap fà, n'vol fà e n'vol fa fà”, scambiandomi davvero… per un foggiano. Misteri del web e della cultura da stadio.
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Vorrei sia davvero chiaro il seguente concetto: i foggiani in quasi 70 anni non hanno fatto assolutamente nulla per ricordare in concreto quei morti innocenti, soprattutto la parte pubblica. Va dato merito, perciò, ad Alberto Mangano e al suo Comitato di essersi attivati, almeno negli ultimi anni, perché si potesse arrivare alla realizzazione del Monumento.
Mangano afferma che probabilmente l’opera non verrà mai realizzata e in virtù del noto principio per cui “u fuggian n'sap fà, n'vol fà e n'vol fa fà” anch’io temo che la città resterà ancora per chissà quanti altri anni priva di un ricordo perenne alle sue migliaia di vittime innocenti del ’43.
Avendo, però, l’abitudine di non mandarle a dire e di rendermi operativo, trovo vergognoso e penoso che la decisione adottata dal Comune di Foggia di far realizzare quel Monumento, si sia sciolta come neve al sole tra le stanze del Sindaco Landella e quelle dei suoi Assessori e dei suoi mitici Dirigenti e senza che il Comitato abbia alzato testa e voce.
Per questa ragione, in veste di cittadino prima e di giornalista poi, m’impegno dal 10 settembre 2017 a obbligare il Comune di Foggia, tempo alcune settimane, a rendere definitivamente chiara la sua posizione sul problema della realizzazione del monumento, attraverso una presa d’atto ufficiale. Scaduto il tempo darò vita ad una “battaglia mediatica”, anche a livello nazionale, per far sapere agli italiani come il Comune di Foggia e il suo Sindaco a parole si spertichino mentre nel concreto non tengano in nessun modo a ricordare, 74 anni dopo, la memoria delle migliaia di persone trucidate dai bombardamenti angloamericani.
La data del 10 settembre scorso non è occasionale: durante la mia intervista a Renzo Arbore, fatta quel giorno nell’Ufficio di Presidenza della Provincia, ripresa ma non integralmente dal “Mattino di Foggia” (che erroneamente me l’attribuisce – ndr), avevo già preso duramente posizione contro il Comune e impegnato lo stesso Arbore a ‘spendersi’ perché il Sindaco Landella accelerasse l’iter burocratico in funzione della realizzazione dell’opera, sul cui bozzetto e sulla cui location resto sempre contrario o almeno perplesso.
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Foggia – scrive Inserra – non è mai stata risarcita per i danni che ha patito. E forse, dovremmo ricominciare da qui, per cercare di costruire quella cultura della condivisione del passato alla quale entrambi teniamo molto. Dovremmo cominciare, almeno, dal risarcimento della memoria.”
La Biblioteca Provinciale di Foggia questo risarcimento della memoria lo ha posto a caposaldo del suo ruolo che è anche quello di “Cattedrale laica”, come ricordava brillantemente due anni fa Roberta Jarussi in un suo intervento sulla “Gazzetta”.
È per questo che stiamo lavorando – e a breve divulgheremo i risultati – per ricostruire un grande e lacerante pezzo di storia di questa città. Con i nomi e i cognomi di quei caduti innocenti, e molto altro. E se quelle povere vittime saranno state solo poche migliaia o 20.298 è questione del tutto relativa, perché scopo della nostra ricerca è innanzitutto mettere insieme, in un doloroso Censimento, le generalità delle persone decedute.
Sono altri, non noi, a dover spiegare con altrettanta chiarezza, dovizia, metodi e attendibilità delle fonti, dove stanno e come si chiamano i 20.298 foggiani morti tra il 28 maggio e il 6 settembre ‘43.
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Su un dato devo correggermi. Nulla è stato fatto in 70 anni, dicevo poco fa, ma in realtà occorre annoverare la Cappella Ossario fatta costruire dal Comune di Foggia (Sindaco Salvatori) nel 1967.
C’è un particolare, però, che colpisce: come mai nel 1967 – ma, forse, non tanto inconsapevolmente – il Comune di Foggia previde di poter ospitare in quello spazio dedicato alla memoria delle vittime del 1943 al massimo 3.000 resti e non 20.000?
Resta il fatto, nudo e crudo, che ad oggi, al di là di una modesta raccolta di fondi (durata credo ben 5 anni) e di commoventi comunicati-stampa del Comune, niente si è fatto per onorare a dovere quelle vittime, a dimostrazione di come il ‘Riduzionismo’ sia probabilmente una componente intrinseca in chi cerca di evitare di fare i conti con la Storia avendo paura dei risultati.
Raffaele De Seneen è intervenuto con un puntuale commento sui limiti politico-culturali che quel monumento porta con sé: considerare solo l’orrore dei nostri morti e non anche l’errore che produsse quei nostri morti, cioè il Fascismo con tutte le sue nefandezze. Tutte cose che anch’io ho scritto, sempre su LM, e in tempi non sospetti.
A giorni offrirò a LM un nuovo, sconvolgente contributo – che riguarda i morti foggiani solo per analogia storica – rispetto al quale sono sin da ora curioso di vedere come reagiranno le anime belle che continuano a portare nelle scuole foggiane (poco pedagogicamente) solo il Pensiero Unico sulle malefatte degli “Alleati”.
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Antonio Guerrieri nel suo ottimo e celebrato volume, “La città spezzata” (1996), a conclusione del suo lavoro scriveva: “Non si può scherzare sui morti in genere e ancor meno sui morti per la Patria. È da augurare che qualcuno faccia ancora seria ricerca e studi il problema utilizzando fonti sicure di documentazione”. È quello che sto e stiamo facendo da quattro anni.
Mi definisci un giocatore sui generis, “di quelli che forse tengono troppo la palla e non sempre giocano per la squadra. Ma non sarà anche per questo che non riusciamo a fare gol?”.
Giudizio sacrosanto, Geppe, ma dal quale dissento. Io lavoro, nel pubblico dal 1988 e nel privato dal 1976, per la crescita di questa città, per eliminare le frange Ultras che si annidano in tutti gli ambienti, per riportarla al livello e alla normalità di una buona città italiana di provincia. Se nella stragrande maggioranza dei casi sono rimasto solitario nel condurre certe battaglie, occorre chiedere agli altri perché non fanno gioco di squadra!
Ma spiegami come si fa a tifare bene, a sporcarsi la maglietta per siglare almeno il fatidico 1 a 0.
Penso, modestamente, che per vincere le partite occorra molto coraggio, molto spirito di sacrificio e di gruppo, oltre che una dose infinita di chiara onestà morale e intellettuale.
Ma, soprattutto, credo occorra combattere gli stupidi che a Foggia, e sui Social locali, crescono e si moltiplicano in quantità industriale!
Solo per aver espresso opinione contraria (e motivata) al progetto di ricostruzione del Palazzo di Federico II e per aver contestato la bontà artistica di un monumento a ricordo delle vittime del ’43 (ma che desidero fortemente che si realizzi) ho ricevuto insulti che confermano l’eccellente qualità della stupidità umana.
Non sembra, ma è questa la partita più difficile da combattere in una città come Foggia.

Cordialmente (Maurizio De Tullio)

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