Cinemadessai | Al "Soul Kitchen" si mangia, si ama, si ride...

OGGI
Se qualcuno avesse pronosticato a Fatih Akin, regista impeccabile e stilisticamente virtuoso, che un giorno avrebbe vinto il Premio Speciale della Giuria a Venezia), il talentuoso regista tedesco nato da genitori turchi difficilmente ci avrebbe creduto. Invece è accaduto veramente, nel 2009 quando (per la serie anche le giurie ridono...) il premio è andato a Soul Kitchen.
Commedia lieve ma intensa, a tratti perfino scollacciata, la pellicola strappa risate sincere. La prima incursione di Akin nel territorio della commedia si conclude con sorprendenti risultati, conservando tutta la potenza espressiva e narrativa che era emersa dai suoi film precedenti (due drammatici e un documentario).
La storia è ambientata nel ristorante che dà il titolo al film, alla periferia di Amburgo. Il locale è di proprietà di Zinos, che vi riversa tanta passione ma discutibile capacità culinaria. I problemi cominciano quando Nadine, la fidanzata di Zinos, decide di trasferirsi in Cina e chiede al suo ragazzo di seguirla, nonostante il suo amore per il Soul Kitchen, e Zinos assume Shayn, cuoco geniale ma dal carattere bisbetico, che non viene affatto gradito dalla clientela. Ma tutto comincia e tutto finisce in quell'ombelico del mondo che è il Soul...
Eccellente l'interpretazione di Adam Bousdoukos, Moritz Bleibtreu, Birol Ünel, Wotan Wilke Möhring e Jan Fedder.
Ha scritto della pellicola FilmTv: "Fatih Akin si era dato a esercizi di stile che gli assicuravano i gran premi della giuria senza però saziarlo della sua passione. E così ha deciso di provarsi in una commedia anche triviale, il cui menu prevede finezze estetiche e risate grasse (ovviamente), cura dei dettagli e battutacce, tripli sensi e sciabolate politicamente ed etnicamente scorrette. Da leccarsi i baffi."
Da non perdere. Stanotte, all'1.00, su Paramount Channel.
DOMANI
Settant’anni fa, il 1° maggio del 1947, 8 lavoratori e 3 bambini rimasero uccisi a Portella della Ginestra, mentre celebravano la Festa del Lavoro, nel più efferato eccidio della storia dell’Italia Repubblicana. A sparare sulla folla inerme furono i banditi dell’organizzazione mafiosa che faceva capo a Salvatore Giuliano.
La strage viene raccontata nella parte conclusiva (con riprese che sono passate alla storia del cinema e che sono state esaltate da registi del calibro di Francis Ford Coppola e Martin Scorsese) del film Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, che Rai Storia manda in onda domani sera, alle 21.10.

La pellicola è tra i migliori film politici del cinema italiano e racconta il clima particolare, gli intrecci e i complessi equilibri di potere tra mafia e Stato di quegli anni. Salvatore Giuliano capeggiava un piccolo esercito separatista che voleva staccare la Sicilia dal resto del paese. Era un bandito imprendibile: riuscì a tenere per anni in scacco i Carabinieri che gli davano la caccia. Venne ucciso nel 1950. Il suo luogotenente, Gaspare Pisciotta, che l’aveva denunciato, fu trovato avvelenato in carcere, qualche anno dopo.
Secondo FilmTv, l'opera di Francesco Rosi (che conquistò l’Orso d'argento per la miglior regia al Festival di Berlino 1962) è “un classico del cinema politico, e il miglior film italiano sulla mafia: Rosi sceglie di frammentare la narrazione acanti e indietro, seguendo non la cronologia ma i complessi intrecci di causa-effetto tra gli avvenimenti. Giuliano non si vede mai: non è lui il protagonista del film, ma l'intreccio di interessi tra politica e criminalità nel dopoguerra. Serratissimo, con momenti di cinema cronachistico che diventa epico (le riprese della strage).”
Un film straordinario, da vedere o rivedere assolutamente.

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