Lo Stato passa la mano. La Chiesa per fortuna no.
Mentre in Capitanata tutto si restringe, chiude la Provincia, vacilla la Camera di Commercio, si sopprimono ospedali e tribunali, viene ridimensionato il glorioso Ovile Nazionale, abbassano la saracinesca i Musei e se la passano maluccio presidi culturali fondamentali come la Biblioteca Provinciale e il Teatro del Fuoco, un segnale importante giunge dalla Chiesa. E proprio dal luogo più di altri simbolo della dismissione selvaggia che sta desertificando il Mezzogiorno e colpendo ulteriormente le aree più deboli: Lucera.
Dopo la soppressione del tribunale e l’annunciata chiusura dell’ospedale si temeva anche per la diocesi, e la lunga vacatio della sede episcopale aveva fatto pensare al peggio. tanto più che le autorità cattoliche avevano annunciato la riduzione del numero delle diocesi, a scapito di quelle più piccole.
A sancire il dietro front è stato Papa Francesco in persona con motivazioni sulle quali dovrebbero riflettere con molta attenzione i governanti pubblici europei e nazionali: “È vero che si studia l’accorpamento delle Diocesi - aveva scritto il Papa -. Quando sono arrivato ero molto sicuro con questo atteggiamento. Lo stavano studiando sia la CEI che la Congregazione dei Vescovi. Oggi non ne sono molto entusiasta. I motivi sono parecchi. La mancanza di lavoro e le sue conseguenze… Anche la Chiesa darà il suo contributo allo scoraggiamento generale? Anche Lei abbandona i più piccoli?”
Il Pontefice è stato di parola e qualche giorno fa ha nominato mons. Giuseppe Giuliano vescovo della diocesi di Lucera-Troia, con somma sorpresa del diretto interessato che tanto per cominciare ha annunciato la sua ferma opposizione alla chiusura dell’ospedale: "Posso anche comprendere che gli uffici si debbano spostare - ha detto riferendosi a quelli giudiziari - ma gli ospedali e i luoghi di cura no, perché sono quelli della vicinanza ai malati. E i malati non si possono spostare, e quando questo accade non va bene."
La morale? Lo Stato passa la mano e alleggerisce sempre di più la sua presenza e quella dei servizi pubblici, nei posti dove ci sarebbe invece più bisogno.
La Chiesa invece no.
Che la politica, se non altro, rifletta.
Dopo la soppressione del tribunale e l’annunciata chiusura dell’ospedale si temeva anche per la diocesi, e la lunga vacatio della sede episcopale aveva fatto pensare al peggio. tanto più che le autorità cattoliche avevano annunciato la riduzione del numero delle diocesi, a scapito di quelle più piccole.
A sancire il dietro front è stato Papa Francesco in persona con motivazioni sulle quali dovrebbero riflettere con molta attenzione i governanti pubblici europei e nazionali: “È vero che si studia l’accorpamento delle Diocesi - aveva scritto il Papa -. Quando sono arrivato ero molto sicuro con questo atteggiamento. Lo stavano studiando sia la CEI che la Congregazione dei Vescovi. Oggi non ne sono molto entusiasta. I motivi sono parecchi. La mancanza di lavoro e le sue conseguenze… Anche la Chiesa darà il suo contributo allo scoraggiamento generale? Anche Lei abbandona i più piccoli?”
Il Pontefice è stato di parola e qualche giorno fa ha nominato mons. Giuseppe Giuliano vescovo della diocesi di Lucera-Troia, con somma sorpresa del diretto interessato che tanto per cominciare ha annunciato la sua ferma opposizione alla chiusura dell’ospedale: "Posso anche comprendere che gli uffici si debbano spostare - ha detto riferendosi a quelli giudiziari - ma gli ospedali e i luoghi di cura no, perché sono quelli della vicinanza ai malati. E i malati non si possono spostare, e quando questo accade non va bene."
La morale? Lo Stato passa la mano e alleggerisce sempre di più la sua presenza e quella dei servizi pubblici, nei posti dove ci sarebbe invece più bisogno.
La Chiesa invece no.
Che la politica, se non altro, rifletta.
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