Lettere Meridiane diventi adulta e.... rivista (di Maurizio De Tullio)
Maurizio De Tullio rilancia la sua idea-proposta di trasformare Lettere Meridiane da blog e basta, anche in una pubblicazione cartacea. Lo fa con un articolo molto bello, in cui ripercorre le vicende degli ultimi decenni dell'informazione locale stampata e non, rilevando, tra l'altro, come si sia persa memoria dei primi giornali on line pubblicati subito dopo l'avvento di internet, e come la carta rappresenti il solo, possibile antidoto all'oblio digitale.
L'articolo è così bello ed appassionato, che sono costretto ancora una volta a rinviare la mia risposta, che avevo promesso dopo una proposta analoga di Franco Antonucci.
Per il momento mi limito a dire che qualcosa si sta muovendo, nella direzione indicata da De Tullio e Antonucci. Ma un giornale non lo fanno soltanto i giornalisti e l'editore. È soprattutto dei lettori. Perciò, cari amici e lettori di Lettere Meridiane, fatemi sapere che ne pensate.
* * *
Oggi che si
parla, con opinioni diverse, di diritto all’oblio, si dimentica che con i
Social esiste un’ineluttabilità all’oblio. Lo verifico, per esempio, ogni volta
che cerco qualche vecchio commento – anche solo di qualche settimana – nella
Pagina FB di “Lettere Meridiane”.
Così ho
deciso di essere antistorico, di remare contro la modernità dei tempi, soprattutto
di rifiutare gli eccessi della tecnologia informatica. Ho deciso scientemente di
farmi ridere dietro, di ritagliarmi un angolo e di finire incatenato in
quell’angolo chissà per quanto tempo, forse anche deriso e preso un po’ per
pazzo.
Non credo più
nell’importanza dei “prodigi” della tecnologia informatica. Per me ha fatto –
paradossalmente – il suo tempo.
Questa
tecnologia digitale la scoprii proprio con Geppe Inserra quando, nel 1996, mi
invitò ad approcciarmi a internet. Tempo qualche mese, però, la giudicavo con irriverente
critica, sbagliando nella tempistica ma, forse, non nel merito.
Quello stesso
anno, infatti, definivo internet una “vitrea disumanità” e in ciò mi è testimone
Sergio De Nicola che a quei tempi, primo su tutti in Capitanata, aveva
inventato (con Comingio Rossi) il quindicinale telematico di informazione “In…”, pietra miliare dell’informazione
digitale in Puglia.
Eppure non
rinnego il mio passato di fortuito pioniere della tecnologia informatica.
Pioniere tra virgolette, naturalmente. Undici anni prima di quel 1996, aveva
fatto la sua comparsa a Foggia il primo punto-vendita della Apple. Si trovava a
metà di via Matteotti.
Di quella
formidabile ‘macchina da guerra’, referenti locali di quel marchio che avrebbe
sconvolto in pochi anni le vecchie ammiraglie dell’informatica mondiale, vi
facevano parte Erminio Reina, Gianfranco Consiglio e l’ing. Gallo. Segretaria
era una brava giovane signora, della quale non ricordo più il nome, figlia di
un giornalista di Orta Nova. Solo il primo ha resistito all’evolversi delle
situazioni, spostando il proprio punto-vendita in corso Roma, ove ancora oggi
Apple ha sede.
Fui il primo
a Foggia, e suppongo in Capitanata, a cogliere i prodigi di quella nuova
tecnologia applicata al mondo dell’informazione e della stampa tipografica;
quella tecnologia che con un clic mandava al macero la concorrenza, fino ad
allora fatta di mastodontici computer, formule impietose, supporti antiquati ed
una grafica antiestetica.
Soprattutto,
ecco l’affacciarsi anche di un nuovo tipo di stampante, quella con tecnologia laser.
Elevatissimi, però, i costi: comperare a quei tempi un MacIntosh e una
stampante equivaleva spendere qualcosa come 9-10.000 euro attuali.
Colsi al volo
l’utilità, la praticità, l’abbattimento di tempi e costi, soprattutto in campo
tipografico, ambiente del quale sono stato innamorato sin dalla tenera età, e
nel quale ho lavorato alcuni anni.
Con quella
mia intuizione agevolai la trasformazione, in breve, di due quotidiani: “Qui Foggia” e poi il suo erede naturale,
il “Quotidiano di Foggia” nei quali da
giornalista lavorai un anno.
La mia
esperienza, acquisita frequentando il primo punto Mac di Foggia, tornò utile anche
ad alcune tipografie foggiane dalle quali fui invitato a tenere brevi corsi di
formazione: cito a memoria l’allora Centro Grafico Meridionale di Matteo De Meo
e Michele Romano, la Edigraf di Paoletti e Salcuni, la RemeGraf di Nicola
Mendolicchio e dell’indimenticato Donato Renzulli, quella di Bux.
Il mitico
Franco Leone, con la sua grande azienda situata in via Bari, di fianco
l’Ufficio del Lavoro, aveva già colto l’opportunità di affiancare alle
tradizionali (e costose) fotocompositrici questi computer di nuova generazione,
ovviamente collegati alle citate miracolose stampanti.
Franco Leone
è stato davvero una grande intelligenza nel settore e gli riconosco meriti
superiori ai demeriti per i quali era noto (facile irascibilità, discriminazioni
a livello stipendiale…). Mi chiamò, mi assunse e mi trattò con grande stima. Lavorai
due anni nel reparto fotocomposizione (unico uomo tra cinque donne), forte
delle mie doti di velocità e precisione nella composizione e nella impaginazione
di giornali e riviste.
Poi entrai
nel pubblico impiego ed anche qui, due anni dopo l’assunzione, la mia
esperienza nell’uso del Mac tornò utile all’Ente Provincia, il cui Ufficio
Stampa si era appena dotato dei primi modelli della Apple, acquisiti dopo che i
dirigenti di Palazzo Dogana avevano preso visione di alcuni giornali da me
curati e composti interamente coi programmi MacIntosh.
Ma dove
voglio arrivare?
Rivendicare il
diritto di rifiutare (non rinnegare) il mare magnum di novità tecnologiche nel
quale finiamo ogni giorno per annegare, non consci, tra l’altro, di contribuire
a creare mostruosi cimiteri che custodiscono i nostri oggetti digitali passati
a miglior vita, a volte anche dopo solo pochi mesi.
L’argomento
che vado a introdurre non è nuovo. Già un anno fa avevo sollecitato Geppe
Inserra a prendere seriamente in considerazione la trasformazione (o almeno
l’abbinamento col Blog) del suo “Lettere
Meridiane” in una rivista che possa ospitare una selezione del tanto già
pubblicato cui aggiungere il tanto da pubblicarsi, con la collaborazione di ottime
firme che in tutti questi anni di vita hanno lasciato sul Blog splendide tracce
a suon di articoli, ricerche, riflessioni, studi, immagini, ristampe ecc.
Lo voglio ribadire con tanta forza: “Lettere Meridiane” non merita l’anonimato, non merita il colpevole
oblio che nasce dal cortocircuito della sua stessa Pagina Facebook, il cui
fluire magmatico elimina i pregi e il valore storico di un prodotto
giornalistico e culturale importante, quale è LM.
Domanda: come
si fa a produrre tante riflessioni, a scrivere cose meravigliose, a pubblicare il
frutto di studi e ricerche (a volte costati anche molto, in termini di tempo e
di denaro) per lasciarle alla casuale e temporanea vista dei lettori solo pochi
giorni o, tutt’al più, qualche settimana?
È vero che
esiste l’archivio del Blog, è vero che i motori di ricerca possono aiutare nel
recuperare qualcosa di smarrito, ma qui non mi riferisco alla negazione
dell’esistente quanto alla costruzione di qualcosa di ‘nuovo’ (in realtà
vecchio almeno sei secoli…), attraverso il recupero di quello strumento nobile
e mobile, duraturo, pratico che è la carta stampata.
“Lettere Meridiane” deve recuperare
quell’umanesimo smarrito, quel sentimento che unisce cento abilità (l’autore
che scrive, il giornalista che valuta, il grafico che impagina, l’esperto web
che veicola su internet, il tipografo che stampa, il distributore che incontra
la città e la provincia, il contabile che cura le cifre…) con cento, mille
cuori che tornano a palpitare, a riflettere con calma e serenità, a stupirsi
per qualcosa di inedito sfogliando un oggetto di carta ancora misteriosamente
bello e delicato, che odora di buono, che si legge quando se ne ha voglia, che
si conserva come un dono prezioso nella libreria di casa, che si consulta come
una fonte affidabile.
Io questa
esperienza meravigliosa l’ho vissuta per due intensi anni, con una rivista che
sognavo di fare sin da giovane, “Diomede.
Tra passato e futuro”, e che ho potuto realizzare con la collaborazione di
due vecchi amici, Cesare Soldi e Francesco De Vito, tra il 2009 e il 2011.
Nove numeri
oggi introvabili (se non in Biblioteca), nove di una serie interrotta bruscamente
a causa di conti sbagliati (ognuno di noi non solo non ci ha guadagnato un
euro, ma ha perso qualcosa), di scelte improvvide (aveva ragione Saverio Russo
quando ci suggerì di partire almeno con periodicità trimestrale, periodicità
che negli ultimi numeri divenne addirittura quadrimestrale!) e, soprattutto,
della scarsa sensibilità di alcune categorie “cosiddette” intellettuali – docenti,
professionisti, funzionari, ecc. – , che di fronte alla richiesta di abbonarsi,
per soli 20 euro l’anno, sollevavano di volta in volta motivazioni fantasiose
pur di non allungare la manina.
Quello che
chiedo a Geppe Inserra è di fare quello per cui è naturalmente portato:
l’innovazione.
Ma di fronte
al degrado ineluttabile che il web offre a piene mani ogni giorno, una scelta
innovatrice oggi non è quella di fare un passo avanti – come sarebbe ovvio e
naturale – ma indietro, a mio avviso legittimo, lecito e possibile, lanciando “Lettere Meridiane” anche in formato cartaceo, cioè rivista.
Non sono così
stupido da pensare che una scelta simile non abbia risvolti non dico negativi
ma difficili. I costi, naturalmente. Ma questo è l’ultimo pensiero perché
quando si decide – questo sì, con l’aiuto dei Social – di investire in una
idea, serve un progetto di lungo respiro, articolato e ponderato, a differenza
di quanto avvenne con “Diomede” che,
se volessimo riproporre nella versione “LM”,
verrebbe a costare – tenendo a mente tutte le voci di spesa, rimborsi ai
collaboratori compresi! – non più di 15.000 euro l’anno.
Perché sono
arrivato a questo convincimento che, reiteratamente, cerco di proporre in forma
progettuale al caro amico Inserra? Per due ordini di motivi.
Il primo è
che a Foggia, e in quasi tutta la sua provincia, non esiste più la stampa, nel
senso di iniziative giornalistiche. Nel giro di qualche anno sono scomparse (le
cito in ordine sparso) importanti o storiche testate come “la Capitanata”, “Foggia & Foggia”, “Viveur”, “Sudest”
(Manfredonia), “Diomede”, “Carte di
Puglia”, “L’Albatro”, “Bonifica”, “il Pirgiano” (San Giovanni Rotondo), “il Centro” (Lucera), “il Rosone”, “il Gargano nuovo” (Rodi
Garganico), “Notiziario di Etnostoria
garganica” (San Nicandro Garganico), “il
Giannone” (San Marco in Lamis), “il
Santagatese”,“La Mia Città” (San
Nicandro Garganico), “Musica e Scuola”
(San Nicandro Garganico), “il Corriere di
San Severo”, “il Corriere del Sud”,
“Tam Tam” e certamente qualche altra interessante pubblicazione periodica.
È come se
improvvisamente l’editoria di Capitanata avesse smesso di esistere, come
entrare in una classe, fare l’appello e scoprire che il 95% degli alunni è
assente. Morto, per meglio dire.
Nel vicino Abruzzo, nel Salento, in Calabria, a differenza
di quel che accade a Foggia, l’editoria che si rivolge al territorio (per
occuparsi di storia, ambiente, eccellenze, enogastronomia, ecc.) tira bene e
ignora cosa sia la crisi.
Il secondo
motivo è che sono convinto che con la Cultura si possa piacevolmente non dico
mangiare, nel senso grossolano del termine, ma sviluppare iniziative che poco
per volta diano fiato a un settore di nicchia dove possano trovare occupazione
anche un paio di giovani.
In una
ipotetica, e realizzabilissima, nuova avventura editoriale, con una èquipe di
almeno 5 o 6 persone, “Lettere Meridiane”
vivrebbe di luce propria finendo per riaccendere, finalmente, un territorio
arido di iniziative culturali di un certo spessore e spento in termini di
proposte editoriali.
Io ci sto (*),
di nuovo, con nuove energie, e incarnando lo spirito della canzone di Fiorella
Mannoia.
Non vorrei
fossero altri a tirarsi indietro, restando abbagliati da quella lampadina
apparentemente sempre accesa e fonte di grande luminosità che è Facebook, che,
a mio avviso, invece illumina a termine, come tutte le cose che, in quest’epoca
di eterni connessi, obbliga a consumare in fretta e a dimenticare ancora più in
fretta. (m.d.t.)
(*) Ho sviluppato un business plan.
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