Cos'hanno perso Foggia e il Foggia con De Zerbi
Adesso che i clamori si sono attenuati ed i toni abbassati, si può riflettere ad alta voce sull'esonero di Roberto De Zerbi, sull'eredità che lascia, non solo alla sua squadra ma all'intera città. Mi pare che una riflessione vada fatta in termini non strettamente calcistici. Dal punto di vista sportivo, non ci piove: il mister è stato messo alla porta, nemmeno tanto garbatamente, perché ormai il suo rapporto con la proprietà rossonera, ovvero con i suoi datori di lavoro, si era irrimediabilmente deteriorato. In un simile contesto, ha ragione chi investe tempo e danaro nella gestione del sodalizio. La rottura, per quanto improvvisa e traumatica, era inevitabile.
Detto questo, provo tanta nostalgia per mister De Zerbi. Per quello che aveva dato al Foggia. Per quello che avrebbe potuto ancora dare. Ma soprattutto per l'esempio che ha dato, decisamente controcorrente per le abitudini e per i costumi tipici foggiani.
Un perfezionista. Un perfezionista con l'aggiunta di un caratteraccio, dove pensate possa arrivare in una città adusa alla "controra" come Foggia? Lasciamo perdere il conflitto sorto a proposito della cessione di Gigliotti o la mancata sostituzione di Iemmello.
Il non aver affrontato e risolto questioni come la disponibilità di un campo per gli allenamenti che pure De Zerbi aveva indicato come nevralgica subito dopo il rinnovo del contratto, tanto da parlarne a lungo in conferenza stampa, la dice lunga - ahimè - sulla distanza siderale di mentalità che divide De Zerbi con il mondo "normale", figuriamoci con la mentalità media di una città dove la normalità è un lusso, un'eccezione, e dove funziona assai poco.
Però il mister era tutt'altro che un perfezionista calcolatore. Voleva sì la perfezione, ma ci metteva nell'inseguirla il cuore e l'anima. Aveva saputo fare del Foggia una famiglia, ed era riuscito a creare un rapporto profondo ed irripetibile tra il Foggia e Foggia, come ha detto un po' a sorpresa congedandosi dalla città e dai tifosi Guillaume Gigliotti: "Quando parlo di Foggia parlo di famiglia. Non è un modo di dire. Dovete credermi. Se hai un periodo di merda puoi contare sul sostegno di questa famiglia e se hai una gioia puoi condividerla con tutti. Quando sono per strada le persone ti salutano con affetto come se ti conoscessero da anni e ti fanno sentire a casa."
Temo che perdendo Roberto De Zerbi, Foggia abbia perduto un'opportunità, abbia perduto questa specialissima dimensione tra calcio e passione, tra impegno quotidiano e risultato che ha caratterizzato l'era De Zerbi.
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