Il progetto di territorio non può più aspettare. L'ambiente non può più aspettare
Riceviamo da Franco Eustacchio Antonucci, ingegnere attento ai temi dello sviluppo, per molti anni responsabile tecnico del Consorzio Asi della provincia di Foggia ed oggi animatore di Pro Capitanata e della idea-filosofia di rete da questo progetta sottesa, e volentieri pubblichiamo, un contributo di approfondimento che riguarda proprio il progetto della rete Pro Capitanata, di cui è referente lo stesso Antonucci, assieme all'ing. Michele Lauriola.
Il sistema a Rete (Rete SPAC, Sistema Produttivo Agricolo di Capitanata) inizia come una prima aggregazione di Imprese - a tema settoriale comunque ampliabile, nella logica di un modello di sviluppo globale che, in particolare, sulla base di mirate leggi e norme, si organizza attraverso specifico contratto interno, da far valere verso esterno. Compresi i Progetti di sviluppo territoriale.
Il meccanismo iniziale ha, di conseguenza, come obiettivo essenziale quello di estendere il concetto stesso di Rete, coinvolgendo tutti gli altri attori del potenziale sviluppo territoriale di Capitanata (il termine di "Provincia" avrebbe un effetto meno reale ed incisivo). Con il presupposto evidente di determinare un diverso e nuovo sviluppo più decisamente unitario a macro-valenza spaziale.
La scala reticolare più efficace, in termini di gestione effettiva del territorio, è, ovviamente, quella della Rete dei Comuni del territorio vasto, sistema cui Rete SPAC ovviamente tende, in quanto strumento che, proprio nel caso particolare della Capitanata complessa (come più volte evidenziato in altre sedi), assume una speciale valenza policentrica interscalare, urbana ed macro-infrastrutturale, capace di riportare l'intero contesto verso una nuova integrazione pluri-efficace.
Il traguardo è proprio quello di riportare un territorio così ampio e variegato come quello della Capitanata, verso un sistema reso, viceversa, più omogeneo sul piano della sintesi globale degli Obiettivi. (l'ideale di tutti i processi è quello di pervenire al famoso Obiettivo unico).
Questo è uno dei traguardi più sensibili del progetto Pro Capitanata, che non potrebbe mai definirsi veramente territoriale-organico senza la convergenza ultima delle aggregazioni comunali, non più tra loro contrapposte, come spesso oggi appare.
Da tutti questi presupposti la volontà di Pro Capitanata di stimolare l'interesse di un processo di Sviluppo territoriale organico come non mai, resta sempre più ferma e decisa. Con le aggiunte e le sollecitazioni degli ultimi dibattiti conseguenti, in special modo, riguardo alle tematiche ambientali.
Si rafforza il concetto, sempre più condiviso da Pro Capitanata, che il nuovo Progetto di sviluppo territoriale dovrà assumere più forti connotazioni ambientaliste, pur non essendo esso stesso un Progetto ambientalista tout court.
Avanza sempre di più, e con colorazioni ancor più vive, il principio della Sostenibilità totale.
Il progetto Pro Capitanata fino ad oggi ha cercato di iniziare a tracciare le linee generali per un progetto territoriale coeso, ovviamente dovendo rimanere sulle sole enunciazioni generali di cornice. Cresce la necessità, invece, di superare la stessa generalità di origine, che potrebbe diventare, addirittura, sola genericità inespressiva.
Si tratta di scendere, quindi, nelle successive opzioni progettuali particolari, nel frattempo aprendo ad un meccanismo di consenso allargato, attraverso le strutture a Rete progressive, convergenti a tema.
Pro Capitanata ritiene opportuno, pertanto, dover oggi stimolare una nuova e più approfondita disponibilità di compartecipazione pre-progettuale da parte dei componenti della propria Rete, quindi delle Imprese aderenti; quindi delle Reti professionali connesse. Che, insieme alle Reti dei Comuni e di tutti gli altri Organismi collegati, accettano di "investire" intellettualmente sui livelli di una definizione progettuale più particolareggiata. Una specie di iniziale "servizio civile", pre-progettuale, a vantaggio del territorio intero di Capitanata.
Stimolando, in particolare, la capacità assopita di ogni struttura pubblica amministrativa, nell'esercizio di una vera e propria Politica di sviluppo territoriale integrato. (che nel caso del territorio di Capitanata significa anche vasto, ovvero a scala unitaria complessiva).
Sapendo che a questo primo impegno, maggiormente specificante in termini progettuali, verrà il successivo riscontro dei risultati imprenditoriali operativi, quindi professionali, quindi della politica dello sviluppo territoriale, in quest'ultimo caso pertinente con le Istituzioni pubbliche intervenute (significato più pregnante della funzione pubblica in tema di politica industriale).
Del resto una prima e più spontanea fase di approfondimento pre-progettuale dello sviluppo territoriale integrato di Capitanata può essere certamente quella di una odierna e necessaria ri-lettura, quindi intelligente, del Piano strategico di Capitanata di qualche anno fa. Tale Piano è stato lasciato al suo livello di grande miscellanea di opzioni multiple, purtroppo senza una chiara e sintetica linea guida essenziale dello sviluppo mirato del territorio.
Credo sia un errore di fondo quello di aver considerato il Piano strategico di Capitanata alla stregua di qualsiasi altro Piano, che, una volta fatto, deve essere appeso al muro per la sua attuazione in tempi lunghi. Soprattutto quando il territorio coinvolto è molto (troppo) variegato e complesso come quello di Capitanata.
Un qualsiasi Piano strategico, per sua definizione, si basa, viceversa, sulla sua assoluta "processualita'" di attuazione. Deve essere, in effetti, un intervento dì programmazione in continua evoluzione, così come inevitabilmente si evolve e si trasforma, a ritmo incontrollabile, la realtà della società complessa cui si riferisce.
Per questo deve essere letto e ri-letto senza sosta e rimodulato incessantemente.
Invece il Piano strategico di Capitanata sta lì fermo da tempo.
Il concetto principe dei vari Piani strategici che conosciamo è composto, in genere, da Obiettivi suddivisi in "linee di intervento" (talvolta con un indirizzo sintetico globale, che individua la VOCAZIONE essenziale, spesso individuata con uno slogan-miraggio), e, quindi, dalle conseguenti "strategie", intese come strumenti intelligenti a valle, per il perseguimento degli Obiettivi prefissati.
Nella suddetta equazione strategica gli Obiettivi sono in genere da considerare le "costanti" (anche se sono anch'essi mobili rispetto agli eventi), mentre le Strategie sono considerate le variabili dipendenti. I primi (gli Obiettivi) sono i dati modificati dalle condizioni oggettive, le strategie sono direttamente asservite agli Obiettivi.
Per questo motivo le strategie non possono e non devono essere sviluppate come le solite opzioni "a pioggia" delle programmazioni tradizionali (il male del sud).
L'indirizzo generale di ogni Piano strategico deve legare il tutto, magari con sigle omni-significanti, che sintetizzano in uno la logica essenziale del territorio. (La sigla-slogan del Piano strategico di Capitanata è, come noto, "Innovare e connettere", che, per la verità, non colpisce molto l'immaginario collettivo della nostra Capitanata).
Molti Piani strategici italiani degli ultimi anni, allora, hanno assunto linee strategiche spesso assai specifiche, con temi apparentemente settoriali, ma unitari nelle sostanza, in effetti e in ragione di effetti indotti contestuali o conseguenti.
Le loro denominazioni sono state in molti casi una specie di Slogans estremamente sintetici, lanciati come totem immaginari collettivi.
Ovvero più spesso si è trattato di veri e propri Piani strategici settoriali, puntando sulla maggiore efficacia, in tal caso, di linee di indirizzo individuali e più puntualmente individuate, per questo più forti.
Magari con la logica che tanti Piani strategici settoriali, concepiti come sistemi paralleli plurimi, convergono poi e si sommano in una logica unitaria più chiara e leggibile da parte di tutti. Implicita e/o esplicita, rispetto ad effetti influenzati e influenzanti. Secondo preliminari Quadri di indirizzo, che in taluni casi, potrebbero essere proprio i Piani strutturali dei nuovi Piani Regolatori generali comunali e/o delle loro sinergie confrontate a livello di territorio vasto. (Nel caso della Capitanata forse questa modalità ultima è più difficile in ragione di una struttura poli-urbana e poli-infrastrutturale più complessa).
Le maggior parte delle tipologie dei Piani strategici che conosciamo sembrano comunque aver preferito la strada particolare delle linee strategiche tematiche specifiche, spesso rifuggendo, ovvero ponendo in posizione ante e/o post, la figura del Piano strategico tuttologo, come in effetti è il nostro Piano strategico di Capitanata, per le motivazioni e difficoltà di cui accennato.
Proponiamo, quindi, una odierna ri-lettura del Piano strategico di Capitanata comunque e subito. Come primo passo per un nuovo modello di sviluppo territoriale, maggiormente coeso.
Magari operando le suddette ri-letture secondo diverse e molteplici modalità tematiche settoriali, pur non scompaginando l'unità del Piano strategico di Capitanata di origine.
Ri-cucendo, quindi, le strategie apparentemente slegate, attraverso nuove, più decise e chiare modalità di sintesi, con indirizzi-slogan forti, per massimizzare il nostro nuovo immaginario collettivo provinciale. (Progetto di coesione territoriale prioritaria).
La "Capitanata del policentrismo territoriale"; la "Capitanata infrastruttura policentrica essenziale"; la "Capitanata Cerniera alto meridionale"; la "Capitanata piattaforma di trasmigrazione longitudinale-trasversale"; la "Capitanata riserva intelligente della sua risorsa agricola agroindustriale"; la "Capitanata riserva intelligente della sua risorsa agricola turistica diffusiva"; etc.
Chiunque può partecipare a questa gara ideale per inventare e specificare nuovi indirizzi-slogan di Capitanata...
E poi reintegrare il tutto nelle nuove visioni continuamente aggiornate e cicliche-processuali di un nostro inedito Diario strategico territoriale. Quindi, alla fine, per la definizione di un Piano strategico di Capitanata sempre attuale e sempre vicino alle nostre continue vicissitudini.
Eustacchiofranco Antonucci. 22-04-2016
* * *
La Rete sottesa all'idea di Pro Capitanata rappresenta la necessità di dare corpo e soggetti concretamente operanti ad un progetto territoriale di integrazione organica sempre più vasta e più complessa.Il sistema a Rete (Rete SPAC, Sistema Produttivo Agricolo di Capitanata) inizia come una prima aggregazione di Imprese - a tema settoriale comunque ampliabile, nella logica di un modello di sviluppo globale che, in particolare, sulla base di mirate leggi e norme, si organizza attraverso specifico contratto interno, da far valere verso esterno. Compresi i Progetti di sviluppo territoriale.
Il meccanismo iniziale ha, di conseguenza, come obiettivo essenziale quello di estendere il concetto stesso di Rete, coinvolgendo tutti gli altri attori del potenziale sviluppo territoriale di Capitanata (il termine di "Provincia" avrebbe un effetto meno reale ed incisivo). Con il presupposto evidente di determinare un diverso e nuovo sviluppo più decisamente unitario a macro-valenza spaziale.
La scala reticolare più efficace, in termini di gestione effettiva del territorio, è, ovviamente, quella della Rete dei Comuni del territorio vasto, sistema cui Rete SPAC ovviamente tende, in quanto strumento che, proprio nel caso particolare della Capitanata complessa (come più volte evidenziato in altre sedi), assume una speciale valenza policentrica interscalare, urbana ed macro-infrastrutturale, capace di riportare l'intero contesto verso una nuova integrazione pluri-efficace.
Il traguardo è proprio quello di riportare un territorio così ampio e variegato come quello della Capitanata, verso un sistema reso, viceversa, più omogeneo sul piano della sintesi globale degli Obiettivi. (l'ideale di tutti i processi è quello di pervenire al famoso Obiettivo unico).
Questo è uno dei traguardi più sensibili del progetto Pro Capitanata, che non potrebbe mai definirsi veramente territoriale-organico senza la convergenza ultima delle aggregazioni comunali, non più tra loro contrapposte, come spesso oggi appare.
Da tutti questi presupposti la volontà di Pro Capitanata di stimolare l'interesse di un processo di Sviluppo territoriale organico come non mai, resta sempre più ferma e decisa. Con le aggiunte e le sollecitazioni degli ultimi dibattiti conseguenti, in special modo, riguardo alle tematiche ambientali.
Si rafforza il concetto, sempre più condiviso da Pro Capitanata, che il nuovo Progetto di sviluppo territoriale dovrà assumere più forti connotazioni ambientaliste, pur non essendo esso stesso un Progetto ambientalista tout court.
Avanza sempre di più, e con colorazioni ancor più vive, il principio della Sostenibilità totale.
Il progetto Pro Capitanata fino ad oggi ha cercato di iniziare a tracciare le linee generali per un progetto territoriale coeso, ovviamente dovendo rimanere sulle sole enunciazioni generali di cornice. Cresce la necessità, invece, di superare la stessa generalità di origine, che potrebbe diventare, addirittura, sola genericità inespressiva.
Si tratta di scendere, quindi, nelle successive opzioni progettuali particolari, nel frattempo aprendo ad un meccanismo di consenso allargato, attraverso le strutture a Rete progressive, convergenti a tema.
Pro Capitanata ritiene opportuno, pertanto, dover oggi stimolare una nuova e più approfondita disponibilità di compartecipazione pre-progettuale da parte dei componenti della propria Rete, quindi delle Imprese aderenti; quindi delle Reti professionali connesse. Che, insieme alle Reti dei Comuni e di tutti gli altri Organismi collegati, accettano di "investire" intellettualmente sui livelli di una definizione progettuale più particolareggiata. Una specie di iniziale "servizio civile", pre-progettuale, a vantaggio del territorio intero di Capitanata.
Stimolando, in particolare, la capacità assopita di ogni struttura pubblica amministrativa, nell'esercizio di una vera e propria Politica di sviluppo territoriale integrato. (che nel caso del territorio di Capitanata significa anche vasto, ovvero a scala unitaria complessiva).
Sapendo che a questo primo impegno, maggiormente specificante in termini progettuali, verrà il successivo riscontro dei risultati imprenditoriali operativi, quindi professionali, quindi della politica dello sviluppo territoriale, in quest'ultimo caso pertinente con le Istituzioni pubbliche intervenute (significato più pregnante della funzione pubblica in tema di politica industriale).
Del resto una prima e più spontanea fase di approfondimento pre-progettuale dello sviluppo territoriale integrato di Capitanata può essere certamente quella di una odierna e necessaria ri-lettura, quindi intelligente, del Piano strategico di Capitanata di qualche anno fa. Tale Piano è stato lasciato al suo livello di grande miscellanea di opzioni multiple, purtroppo senza una chiara e sintetica linea guida essenziale dello sviluppo mirato del territorio.
Credo sia un errore di fondo quello di aver considerato il Piano strategico di Capitanata alla stregua di qualsiasi altro Piano, che, una volta fatto, deve essere appeso al muro per la sua attuazione in tempi lunghi. Soprattutto quando il territorio coinvolto è molto (troppo) variegato e complesso come quello di Capitanata.
Un qualsiasi Piano strategico, per sua definizione, si basa, viceversa, sulla sua assoluta "processualita'" di attuazione. Deve essere, in effetti, un intervento dì programmazione in continua evoluzione, così come inevitabilmente si evolve e si trasforma, a ritmo incontrollabile, la realtà della società complessa cui si riferisce.
Per questo deve essere letto e ri-letto senza sosta e rimodulato incessantemente.
Invece il Piano strategico di Capitanata sta lì fermo da tempo.
Il concetto principe dei vari Piani strategici che conosciamo è composto, in genere, da Obiettivi suddivisi in "linee di intervento" (talvolta con un indirizzo sintetico globale, che individua la VOCAZIONE essenziale, spesso individuata con uno slogan-miraggio), e, quindi, dalle conseguenti "strategie", intese come strumenti intelligenti a valle, per il perseguimento degli Obiettivi prefissati.
Nella suddetta equazione strategica gli Obiettivi sono in genere da considerare le "costanti" (anche se sono anch'essi mobili rispetto agli eventi), mentre le Strategie sono considerate le variabili dipendenti. I primi (gli Obiettivi) sono i dati modificati dalle condizioni oggettive, le strategie sono direttamente asservite agli Obiettivi.
Per questo motivo le strategie non possono e non devono essere sviluppate come le solite opzioni "a pioggia" delle programmazioni tradizionali (il male del sud).
L'indirizzo generale di ogni Piano strategico deve legare il tutto, magari con sigle omni-significanti, che sintetizzano in uno la logica essenziale del territorio. (La sigla-slogan del Piano strategico di Capitanata è, come noto, "Innovare e connettere", che, per la verità, non colpisce molto l'immaginario collettivo della nostra Capitanata).
Molti Piani strategici italiani degli ultimi anni, allora, hanno assunto linee strategiche spesso assai specifiche, con temi apparentemente settoriali, ma unitari nelle sostanza, in effetti e in ragione di effetti indotti contestuali o conseguenti.
Le loro denominazioni sono state in molti casi una specie di Slogans estremamente sintetici, lanciati come totem immaginari collettivi.
Ovvero più spesso si è trattato di veri e propri Piani strategici settoriali, puntando sulla maggiore efficacia, in tal caso, di linee di indirizzo individuali e più puntualmente individuate, per questo più forti.
Magari con la logica che tanti Piani strategici settoriali, concepiti come sistemi paralleli plurimi, convergono poi e si sommano in una logica unitaria più chiara e leggibile da parte di tutti. Implicita e/o esplicita, rispetto ad effetti influenzati e influenzanti. Secondo preliminari Quadri di indirizzo, che in taluni casi, potrebbero essere proprio i Piani strutturali dei nuovi Piani Regolatori generali comunali e/o delle loro sinergie confrontate a livello di territorio vasto. (Nel caso della Capitanata forse questa modalità ultima è più difficile in ragione di una struttura poli-urbana e poli-infrastrutturale più complessa).
Le maggior parte delle tipologie dei Piani strategici che conosciamo sembrano comunque aver preferito la strada particolare delle linee strategiche tematiche specifiche, spesso rifuggendo, ovvero ponendo in posizione ante e/o post, la figura del Piano strategico tuttologo, come in effetti è il nostro Piano strategico di Capitanata, per le motivazioni e difficoltà di cui accennato.
Proponiamo, quindi, una odierna ri-lettura del Piano strategico di Capitanata comunque e subito. Come primo passo per un nuovo modello di sviluppo territoriale, maggiormente coeso.
Magari operando le suddette ri-letture secondo diverse e molteplici modalità tematiche settoriali, pur non scompaginando l'unità del Piano strategico di Capitanata di origine.
Ri-cucendo, quindi, le strategie apparentemente slegate, attraverso nuove, più decise e chiare modalità di sintesi, con indirizzi-slogan forti, per massimizzare il nostro nuovo immaginario collettivo provinciale. (Progetto di coesione territoriale prioritaria).
La "Capitanata del policentrismo territoriale"; la "Capitanata infrastruttura policentrica essenziale"; la "Capitanata Cerniera alto meridionale"; la "Capitanata piattaforma di trasmigrazione longitudinale-trasversale"; la "Capitanata riserva intelligente della sua risorsa agricola agroindustriale"; la "Capitanata riserva intelligente della sua risorsa agricola turistica diffusiva"; etc.
Chiunque può partecipare a questa gara ideale per inventare e specificare nuovi indirizzi-slogan di Capitanata...
E poi reintegrare il tutto nelle nuove visioni continuamente aggiornate e cicliche-processuali di un nostro inedito Diario strategico territoriale. Quindi, alla fine, per la definizione di un Piano strategico di Capitanata sempre attuale e sempre vicino alle nostre continue vicissitudini.
Eustacchiofranco Antonucci. 22-04-2016
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