Menicuccio, l'ultimo eremita del Gargano
La tradizione orale del Gargano è ricca di storie in cui elementi religiosi si intrecciano e si confronto con credenze e superstizioni. Per l'archivio delle storie, eccovi - per gentile concessione dell'autore - un altro bel racconto tratto dal volume di Angelo Del Vecchio: Lupi Mannari, Streghe e Fantasmi del Gargano, pref. di J. Tusiani e V. Stagnani, Araiani, 2008, pagg. 36 – 38. Racconta la storia
di Menicuccio, ultimo eremita della cappella della Madonna di Cristo, antico e
venerato tempio ai piedi della collina su cui sorge Rignano Garganico.
Il racconto è illustrato da uno stupendo olio si tela dell'indimenticabile artista garganico Filippo Pirro, pittore e poeta, che raffigura la Chiesa della Madonna Cristo proprio con quegli elementi di tradizione e misticismo di cui dicevo prima. Buona lettura.
* * *
“Ho visto
Menicuccio! Ho visto Menicuccio!”, diceva fra sé l’ignaro Giuseppe, esperto
potatore del luogo, fortemente scosso dalla visione a cui aveva poc’anzi
assistito.
Accadde tutto
in una mattina di primavera. L’uomo visse una esperienza decisamente fuori dal
comune. Vide un qualcosa che lo fece scendere repentinamente dall’albero
d’ulivo, che da ore stava sfoltendo con maestria fuori dal comune, e scappare a
gambe levate verso mete indefinite, sperando di ottenere conforto da qualcuno.
In giro non c’era anima viva. Si udiva in lontananza solo lo stormire degli
ulivi, il cinguettio dei passeri e le restanti voci della natura, selvatica ed
incolta. Qui e là spuntavano di tanto in tanto tronchi contorti di ulivi
secolari, le cui ombre, disegnando sul terreno strane e misteriose figure,
spingevano l’uomo in fuga ad accelerare il passo.
Finalmente
giunse ad una vicina azienda agrituristica, dove venne subito rianimato dal
titolare. Quest’ultimo, accortosi dello stato di smarrimento in cui era
sprofondato il potatore, gli chiese che cosa gli fosse accaduto.
“Ho visto
Menicuccio!”, ripeteva Giuseppe all’infinito. “Ho visto Menicuccio!”. Non
riusciva a dire altro.
Passarono lenti
i minuti. Sorseggiando il bicchiere d’acqua che gli veniva offerto, dopo un po’
finalmente il malcapitato si calmò e iniziò a raccontare con più lucidità. “Ero
sceso dall’albero, che avevo cominciato a potare – spiegò – mi girai e vidi che
si avvicinava verso di me un uomo molto anziano, che si portava dietro un asino
bardato di tutto punto, con gli attrezzi di lavoro e gli utensili della vita
quotidiana”.
Giuseppe
continuò a raccontare la visione, riferendo che l’uomo aveva le spalle curve e
il viso solcato da profonde rughe. Si sorreggeva con un rozzo bastone.
L’abbigliamento era contadinesco . Indossava una giacca di colore grigio,
pantaloni di velluto marrone e ai piedi dei luridi scarponi, realizzati con
toma di gomma grezza ricoperta di pelle ruvida.
“Buon giorno,
bel giovane! - gli aveva detto l’anziano signore - Hai fatto un bel lavoro”.
“Sei il primo
che mi dice queste cose”, aveva risposto Giuseppe, confuso.
“Non ascoltare
i cristiani (le persone), perché i
bambini non capiscono niente, i grandi, invece, si lamentano apposta per farti
rendere di più - continuò il vecchio – Senti mi vuoi fare un favore? Vuoi
venire giù a potare gli alberi alla mia padrona? Sono ventitré e li devi
aggiustare come i due di prima! Non ho soldi, ma in futuro ti contraccambierò
diversamente. Anzi, ti raccomando anche di ripulirmi la stalla, buttando via
tutte quelle cose vecchie”.
“Senz’altro – aveva
replicato il potatore – ma non ci sarai pure tu?”.
“No, fai lo
stesso, comportati come se ci fossi”, aveva ribattuto l’anziano, sfilando il
secchiello dal basso e dirigendosi alla cisterna vicina. L’aveva riempito
d’acqua, bevve e facendo bere pure l’animale. Dopo aver messo a posto le sue
cose, si raddrizzò un po’e, guardando per terra la sua ombra, aveva concluso: ”è
tardi, devo andare, altrimenti troverò le pore chiuse”.
Così,
riafferrate le cavezze dell’animale, aveva ripreso il cammino lungo il costone della
montagna, fino a scomparire completamente all’orizzonte. Il potatore era
risalito sull’albero, per completare il lavoro appena sospeso. Dopo qualche
minuto ne era disceso, si era portato alla cisterna e aveva notato che era
tutta coperta di frasche vecchie, come lo era da tanti anni .
Solo allora aveva
realizzato di aver assistito ad un evento sovrannaturale . Quello con cui aveva
parlato era certamente Menicuccio, al secolo Domenico Muscarella, deceduto una
quindicina di anni prima all’età di novant’anni.
L’anziano fu
l’ultimo eremita della Madonna di Cristo, l’antica chiesetta ai piedi della
montagna. La padrona di cui parlava Menicuccio era probabilmente la Vergine,
verso la quale il popolo di Rignano nutre una inveterata devozione
plurisecolare. Si parla, infatti, di essa già in un documento storico del
1176. Il racconto, ripetuto pari pari ai sacerdoti e al parroco, ha fatto il
giro del paese, suscitando ovunque un grande scalpore, ma anche tanta ilarità.
La Madonna, dicono molti, continuerebbe a far miracoli, come quelli ricordati
nei numerosi ex-voto conservati nella sagrestia della cappella.
Giuseppe, ora
attende il suo: la ricompensa promessagli dall’eremita.
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