Foggia senza memoria è Foggia senza identità

Mi scrive Carmela, un’affezionata ed attenta lettrice di Lettere Meridiane che prima del post di qualche giorno fa (Foggia città ingrata) non sapeva che a Foggia, in via Ciano, esistesse il Parco dell’Iconavetere :"mai saputo di un luogo dell'apparizione! grave, molto grave averlo ignorato, quasi sacrilego."
Non è grave, e neanche sacrilego, tanto più se si ha, come nel caso di Carmela, la consapevolezza della importanza della memoria. Deve però far riflettere che una foggiana attenta e sensibile a questi temi, non sappia che quel Parco è tutto ciò che a Foggia fa memoria di due eventi fondamentali nella storia cittadina: il tragico terremoto del 20 marzo del 1731 e l’apparizione, della Madonna dei Sette Veli, che mostrò il suo volto ai foggiani, per la prima volta, due giorni dopo, nel Convento dei Cappuccini. Il Parco è nato proprio per preservare e custodire i ruderi, ma alla fine, è stato esso stesso abbandonato a se stesso.
Allora, il problema è: come parla  Foggia ai foggiani? Come comunica i propri simboli, la propria identità, la propria memoria?
Posso testimoniare che Carmela è  particolarmente attenta a tutto ciò che riguarda la memoria e l’identità della città. Se le sono sfuggiti il parco ed il suo valore simbolico, è perché la città non riesce a valorizzarli e ad esprimerli. Tanto per dire, non c'è un'adeguata segnaletica che ricordi cosa sono quei ruderi, e che quello è il luogo dell'apparizione.
Per la verità, c’è assai poco in città che faccia memoria anche per quanto riguarda le successive, e molteplici, apparizioni della Madonna.
Foggia ha una ricca storia religiosa. Più ricca perfino di quella civile. Se scorrete su Lettere Meridiane (sulla home page, a destra)  il calendario con cui il blog elenca le date topiche nella storia della città, con l'obiettivo di produrre una memoria condivisa, vi accorgete che sono proprio gli eventi religiosi,  in primis le diverse apparizioni della Madonna, a scandire il calendario.
Di questa difficoltà a fare memoria, non si può evidentemente far carico alle sole istituzioni cittadine: una qualche responsabilità, in questa “perdita di memoria” ce l’ha anche la Chiesa, prima depositaria e custode del ricordo di questi eventi, che tanta parte hanno avuto nella storia della città.
Se le apparizioni sono largamente sottovalutate, non è toccata miglior sorte donne e uomini che con la loro vita e le loro opere sono stati modelli di santità, come Maria Celeste Crostarosa, la grande mistica che a Foggia ha fondato il monastero e l'ordine delle Suore del SS. Redentore, proclamata Beata da Papa Francesco, e don Antonio Silvestri, il sacerdote morto in odore di santità, il cui processo di canonizzazione è fermo ormai da….secoli, anche per la scarsa partecipazione della città.
Il 18 giugno prossimo si svolgerà, a Foggia, la cerimonia ufficiale della canonizzazione della Santa Priora, ovvero Maria Celeste Crostarosa, ma poco o nulla si sta facendo, in città, per preparare questo evento straordinario.
La verità è che in generale a Foggia si fa assai poco per ricordare, per fare memoria di eventi che hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia della città. Ecco, queste impronte dovrebbero diventare in qualche modo tangibili, e fungibili. Ma non accade,
Anzi, la smemoratezza che colpisce la Foggia laica (che non è riuscita a oltre settant’anni dalla tragica estate del 1943 a realizzare un monumento alle vittime dei bombardamenti, e onore al merito del Comitato che con tenacia e caparbietà sta colmando questa impressionante lacuna) ha diffusamente contagiato anche la Foggia religiosa.
Il risultato è amaro, molto amaro: è una perdita secca di identità, è la crescente incapacità di amare il posto in cui viviamo, 

Commenti

Tommaso Palermo ha detto…
In merito ai resti del convento così scriveva il noto geometra Mario Soro su “Nuovo Risveglio” (anno VI, nuova serie, n.6, 20 giugno 1980):”vi fu ancora un segno di speranza per la sua rinascita nel 1952, quando i padri Cappuccini ritornati in possesso dei vecchi stabili, per un momento pensarono di restaurare il convento e di inglobarlo in un complesso di più grandi dimensioni, compredente fra l'altro una nuova chiesa. Purtroppo, nonostante fosse stato redatto ed approvato un apposito progetto, esso non ebbe attuazione pratica, poiché per esigenze di culto si ritenne più opportuno trasferire ogni iniziativa nella nuova, zona d’espansione della città, ove appunto, in via Lecce, furono costruiti dal 1954 al 1962 il convento e chiesa dell'Immacolata. Questa realizzazione segnò la fine del vecchi complesso di via Cappuccini che invece poteva e doveva esssre salvato ad ogni costo, non fosse altro per ché costituiva un monumento importante per Ia storia sacra e civile della nostra città”.

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