Nella Foresta Umbra quell'antica chiesetta ma...
Gli impareggiabili amici e lettori di Lettere Meridiane non si sono fatti pregare, ed hanno risolto a tempo di record il rebus della collocazione precisa della “chiesetta di Sant’Antonio tra le conifere” cui avevo dedicato un post qualche giorno fa.
In quella lettera meridiana mostravo la suggestiva fotografia in bianco e nero del tempietto, rinvenuta nel Fondo Ester Loiodice, custodito dalla Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna Capitana.
Purtroppo, la chiesetta non è sopravvissuta alle ingiurie del tempo e non esiste più. Del tempio originario è sopravvissuto sol il campanile che si trova nella Foresta Umbra.
La fotografie che illustra il post, in cui vediamo i resti dell'antica chiesetta, è stata mandata da Ottavio Casolaro mentre Maurizio Marrese precisa che “adesso si identifica col nome della Caserma Sansone."
Ena Servedio aggiunge alla localizzazione alcuni ricordi personali: "La chiesina di S.Antonio in Foresta Umbra. La stessa immagine e il ricordino della mia prima comunione il 16 giugno 1957. E stata scattata dal campetto dove oggi c'è il museo ed allora c'era la stazione meteorologica che poi fu rispostata nel giardino prospiciente. L'amministrazione era stata costruita nel 1926 e abbattuta negli anni '70." Purtroppo la foto di cui si èarla non c'è, ma ho voluto comunque conservare il testo, che costituisce una bella testimonianza.
Che l’abbattimento sia relativamente recente è confermata anche dalla immagine della “cartolina viaggiante”, qui a fianco, postata da Marco Scarpiello (che ringrazio molto) e che risale al 1968.
Domenico Sergio Antonacci pubblica sul suo blog Amaraterra un interessante articolo in cui adombra l’ipotesi che originariamente la chiesetta non fosse intitolata al Santo frate di Padova ma a S.Pier Celestino, il papa Celestino V, che dopo la storica rinuncia si sarebbe nascosto sul Gargano per sfuggire ai suoi persecutori, diventando il protettore dei suoi boschi.
Antonacci cita un articolo comparso nel 1951 su Il Gargano: "nel cuore della selva, si scopre un'ampia piazza da villaggio coronata di conifere e cinta di alte e ben curate siepi ornamentali ove si eleva al cielo il campanile di una linda Chiesetta dedicata al gran Santo di Padova.
Ma qui, come parentesi, teniamo ad osservare che il taumaturgo patavino è fuori d'ogni rapporto storico col nostro Promontorio. Il titolo della nostra piccola Chiesa spettava logicamente a S. Pier Celestino, il venerando veglio di Morrone, il quale, dopo la sua rinunzia al Papato, andò errando per le contrade nostre più solitarie e nascoste per sfuggire ai suoi persecutori."
Alcuni amici del gruppo Sei di Vico del Gargano se... aggiungono interessanti particolari sulle conifere e sugli alberi che circondano i resti della chiesa.
"La chiesetta di S. Antonio - scrive Rocco Hrokr Sgherzi - è andata distrutta. Rimane in piedi solo il suo campanile. È situata di fronte al centro visite della Foresta Umbra. In quanto alle conifere, sono tutt'ora presenti. Si tratta di alberi messi a dimora su disposizione di Aldo Pavari, uno dei Padri della selvicoltura italiana. L'arboreto Pavari, così si chiama, è un impianto sperimentale-didattico che compende una vasta collezione delle conifere forestali italiane, dal Larice all' Abies nordmanniana."
Giuseppe Miglionico precisa, infine, che "tra le piante messe a dimora anche una sequela americana."
In quella lettera meridiana mostravo la suggestiva fotografia in bianco e nero del tempietto, rinvenuta nel Fondo Ester Loiodice, custodito dalla Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna Capitana.
Purtroppo, la chiesetta non è sopravvissuta alle ingiurie del tempo e non esiste più. Del tempio originario è sopravvissuto sol il campanile che si trova nella Foresta Umbra.
La fotografie che illustra il post, in cui vediamo i resti dell'antica chiesetta, è stata mandata da Ottavio Casolaro mentre Maurizio Marrese precisa che “adesso si identifica col nome della Caserma Sansone."
Ena Servedio aggiunge alla localizzazione alcuni ricordi personali: "La chiesina di S.Antonio in Foresta Umbra. La stessa immagine e il ricordino della mia prima comunione il 16 giugno 1957. E stata scattata dal campetto dove oggi c'è il museo ed allora c'era la stazione meteorologica che poi fu rispostata nel giardino prospiciente. L'amministrazione era stata costruita nel 1926 e abbattuta negli anni '70." Purtroppo la foto di cui si èarla non c'è, ma ho voluto comunque conservare il testo, che costituisce una bella testimonianza.
Che l’abbattimento sia relativamente recente è confermata anche dalla immagine della “cartolina viaggiante”, qui a fianco, postata da Marco Scarpiello (che ringrazio molto) e che risale al 1968.
Domenico Sergio Antonacci pubblica sul suo blog Amaraterra un interessante articolo in cui adombra l’ipotesi che originariamente la chiesetta non fosse intitolata al Santo frate di Padova ma a S.Pier Celestino, il papa Celestino V, che dopo la storica rinuncia si sarebbe nascosto sul Gargano per sfuggire ai suoi persecutori, diventando il protettore dei suoi boschi.
Antonacci cita un articolo comparso nel 1951 su Il Gargano: "nel cuore della selva, si scopre un'ampia piazza da villaggio coronata di conifere e cinta di alte e ben curate siepi ornamentali ove si eleva al cielo il campanile di una linda Chiesetta dedicata al gran Santo di Padova.
Ma qui, come parentesi, teniamo ad osservare che il taumaturgo patavino è fuori d'ogni rapporto storico col nostro Promontorio. Il titolo della nostra piccola Chiesa spettava logicamente a S. Pier Celestino, il venerando veglio di Morrone, il quale, dopo la sua rinunzia al Papato, andò errando per le contrade nostre più solitarie e nascoste per sfuggire ai suoi persecutori."
Alcuni amici del gruppo Sei di Vico del Gargano se... aggiungono interessanti particolari sulle conifere e sugli alberi che circondano i resti della chiesa.
"La chiesetta di S. Antonio - scrive Rocco Hrokr Sgherzi - è andata distrutta. Rimane in piedi solo il suo campanile. È situata di fronte al centro visite della Foresta Umbra. In quanto alle conifere, sono tutt'ora presenti. Si tratta di alberi messi a dimora su disposizione di Aldo Pavari, uno dei Padri della selvicoltura italiana. L'arboreto Pavari, così si chiama, è un impianto sperimentale-didattico che compende una vasta collezione delle conifere forestali italiane, dal Larice all' Abies nordmanniana."
Giuseppe Miglionico precisa, infine, che "tra le piante messe a dimora anche una sequela americana."
Commenti