De Tullio: La verità sui morti nel sottopassaggio della stazione, il 22 luglio 1943
di Maurizio De Tullio
Cosa sia accaduto nelle giornate
segnate dai disastrosi bombardamenti su Foggia nell’estate del 1943 è facile
immaginarlo. Testimonianze, impressioni, qualche dato, e nessuna immagine
fotografica.
Questo per dire che di quelle
giornate, allorché “la morte venne dal cielo”, come titolava nel suo racconto postdatato
il giornalista Luca Cicolella, tanto si è detto, molto si è scritto ma poco è
stato documentato, se non nelle eccezioni lodevoli dei diari di alcuni
sacerdoti e di Luigi Guerrieri.
Il nostro intento, come Biblioteca
Provinciale di Foggia, è di dare un nome alle povere vittime di quei terribili
giorni, onorando un dovere civico, e, di conseguenze, indicare una cifra che
tenga conto dei deceduti e degli scomparsi, civili e militari nel complesso.
Operazione ardua e mai esaustiva
nella sua cruda contabilità. Ma questo è l’aspetto che tocca lo storico o il
ricercatore più che il giornalista, nella qual veste ora vorrei invece propormi,
per delle osservazioni che non intendono minare la cruda verità di un dramma
troppo alto sopportato dai cittadini foggiani, e nemmeno abbracciare la stupida
teoria del negazionismo storico.
Prima di affrontare, in separato
articolo, il capitolo relativo al realistico numero di morti nei bombardamenti
di maggio-settembre 1943,
mi soffermo sul triste episodio del “sottopassaggio
della morte”, come fu definito nell’immediato dopoguerra il luogo usato come
sicuro rifugio dai passeggeri in stazione la mattina di giovedì 22 luglio 1943.
Quel giorno, come si ricorderà, la
stazione ferroviaria del capoluogo fu largamente colpita dagli aerei nemici.
Sul primo e sul terzo binario due treni erano in partenza, l’uno per Napoli e
l’altro per Bari. Al sopraggiungere, improvviso e quindi inatteso, degli aerei
americani, i passeggeri fuggono cercando scampo – sollecitati a farlo dal
personale della Stazione – nel sottopassaggio. Ma sarà la loro tomba. E non
tanto per le bombe quanto per il destino, che in questi casi non fa sconti,
nemmeno nella più tragica delle situazioni come questa.
Il fatto è che tra i due binari era
in sosta un altro treno, ma non di passeggeri. Era carico di carri-serbatoio,
ognuno pieno di benzina destinata ai soldati tedeschi della 16° Divisione. E,
come se non bastasse, a rendere più critica la situazione era posizionato sul
quinto binario un altro treno militare, carico di esplosivi.
Ma fu lo scoppio delle cisterne
collocate sul treno fermo sul secondo binario a scatenare l’inferno. La
benzina, fuoriuscendo e inondando il sottopassaggio, colpita da una scintilla
s’incendiò alimentando fiamme e calore indescrivibili, uccidendo in pochi
minuti le persone che vi avevano cercato scampo.
Per molti giorni non fu possibile
accedere in quella tomba di fuoco, data l’alta temperatura che pervase il
locale. Morirono tutti e, in quanto cremati, nessuno potette essere
riconosciuto.
Sùbito si disse che la morte colse
alcune migliaia di persone, nella più contenuta delle ricostruzioni si parlò di
un migliaio di vittime. Si trattò certamente di uno degli episodi più crudi
delle fasi cruente cui Foggia fu sottoposta.
Non ho dubbi a credere che nessuno
sfuggì a quella morsa infernale: sfortunati due volte nel morire perché l’altro
accesso del sottopasso era ostruito, dal mese prima, dalle macerie di un
precedente bombardamento.
Ho dubbi solo sulla cosiddetta
“contabilità” circa questo episodio. Perché in guerra, si sa, ogni momento
vissuto in termini di dramma – personale o collettivo – rischia di essere
amplificato, distorto, seppure in buona fede.
Quel sottopassaggio (fonte Ministero
dei Trasporti – Ferrovie dello Stato, 1950) era largo quattro metri e serviva
tre o quattro binari, con uno sviluppo in lunghezza non superiore ai 15-20 metri. Fatto un
semplice calcolo e considerato che molti portarono con sé qualche bagaglio,
quel sottopassaggio non poteva contenere più di 530-600 persone, anche ammesso
che si fossero strette come sardine.
Ovviamente la stessa morte di anche
solo dieci persone deve suscitare dolore e far riflettere sul senso assurdo
delle guerre, specie quando sono combattute cercando di annientare anche le
popolazioni civili.
Ma correttezza vuole che non si
sparino mai cifre a casaccio, stante l’impossibilità di lavorare su dati certi.
Si può farlo cercando fonti attendibili, scandagliando rapporti, libri, mappe –
come ho fatto consultando l’ottimo volume del citato Ministero dei Trasporti –
Ferrovie dello Stato, edito nel 1951 e che ripercorre la storia, anche
fotografica, del periodo 1943-1950, segnato dalla tragedia delle distruzioni e
delle successive ricostruzioni.
Così, lavorando anche d’intuito ma
partendo da un minimo di dati ufficiali, come i metri-quadri di quello
sfortunato sottopassaggio ferroviario, si è arrivati a chiarire – non con
certezza maniacale ma con un minimo di realismo contabile – che quel giorno
morirono circa 500-600 persone. Ma, per favore, non si dica mai più: duemila.
Il dolore è una cosa, la verità storica un’altra. (m.d.t.)
Commenti
Il sottopassaggio era largo 4 metri. Lo sostiene il documento delle Ferrovie del 1951 da me citato che non precisa però la lunghezza, anche perché la Stazione fu allargata dopo la guerra come spazio destinato ai binari per il traffico passeggeri. Da una planimetria presente nello stesso testo si intuisce che dovevano essere 3 o 4 i binari interessati (esclusi il primo e il secondo): da qui l'ipotesi della lunghezza di max 20 m. Io ho calcolato cm 50 di larghezza x 30 di profondità per ogni adulto. Da questo sviluppo si evince che potevano entrarvi - stipate e senza calcolare bagagli o bambini piccoli - tra le 500 e le 600 persone. Di certo non le 2.000 di cui si è sempre detto. Dirò di più. Nell'Archivio Spirito si conserva un breve manoscritto in cui si afferma che le vittime furono 122.
Io non gioco al ribasso: cerco di arrivare il più vicino alla realtà e ribadisco che il dolore è una cosa e la verità storica un'altra. E poi, aver dichiarato che i morti furono 20.298 senza dimostrarlo mi sembra quello un calcolo gratuito al rialzo. (Maurizio De Tullio)
E' vero, il compito dello storico, o di chi più semplicemente si appassiona nell'approfondire certi argomenti, è di cercare la verità "storica", appunto. Ma non sempre ci sono dati oggettivi a disposizione, non sempre si può attingere a fonti certe e riscontrabili. Di certo ci sono invece i bombardamenti anglo-americani, e le nefandezze dell'esercito tedesco. Parlarne e scriverne è senz'altro positivo, ma da storici, senza farsi tentare da teorie revisioniste o accusatrici. Solo così, ognuno di noi potrà trarre le proprie personali conclusioni.
Cordialmente (Maurizio De Tullio)
Viceversa, rilevo che i tanti che in questa città sbraitano per uno straccio di monumento, lapide, statua, museo da dedicare a quelle povere vittime, da oltre dieci anni stanno lì a cantarsele, mentre - come ricorda Salvatore Aiezza - altrove, per molto meno, si è stati più concreti nel celebrare i drammi del passato.
Mi domando quando questa Foggia saprà crescere nel sapere condiviso, nella costruzione di una memoria storica esente da polemiche, e nella concretezza operativa che ci vede sempre più distanti da Bari e dal Salento.
Cordialmente (m.d.t.)