Un tremitese alle olimpiadi di Melbourne nel 1956


Infaticabile cercatore delle tracce lasciate da personaggi che, nati in provincia di Foggia,  hanno conosciuto altrove le loro fortune, questa volta Maurizio De Tullio si supera, riscoprendo una storia ed un protagonista la cui memoria si era completamente perduta. Si tratta di Antonio Amato, che ebbe i natali nel più piccolo comune dauno, le Isole Tremiti, da cui partì per una carriera in Marina e per gesta sportive che prima di oggi nessuno conosceva. La ricerca di Maurizio De Tullio corregge anche un dato che si riteneva acquisito nella storia dello sport in Capitanata, e cioè che il primo olimpionico sia stato il pugile Paolo Curcetti, a Roma, nel 1960. Fu invece proprio Antonio Amato, quattro anni prima a Melbourne, e per giunta in una disciplina in cui lo sport dauno non ha mai particolarmente brillato, quale il canottaggio.
Leggete il bell'articolo di De Tullio, che ringrazio affettuosamente per averne voluto far dono agli amici e ai lettori di Lettere Meridiane. (g.i.)
* * *
Pochi lo sanno, ma esiste anche una Associazione Nazionale degli Atleti Olimpici e Azzurri d’Italia. È nata per celebrare i campioni di oggi e soprattutto quelli di ieri, i tanti che ogni quattro anni (potremmo dire anche ogni due anni, se consideriamo le Olimpiadi invernali) sono chiamati dalle rispettive federazioni aderenti al CONI a partecipare ai Giochi Olimpici, dopo prove selettive.
Foggia ha dedicato loro meritatamente un ampio Parco (adiacente Via Mons. Farina) e, sempre nella nostra città, esiste naturalmente la Sezione provinciale, guidata con merito da Vincenzo Veneziano, che alla pesistica ha dedicato una vita intera e continua a farlo seguendo tante giovani promesse.

Non ho molte speranze nel credere che il pallone sostituirà altri sport, non solo come fenomeno di massa, sul quale come si sa ruota un business miliardario, ma nemmeno nel cosiddetto immaginario collettivo.
Un tempo, nemmeno tanto lontano, era consuetudine – sui giornali, in televisione, anche nel classico Bar dello Sport o tra le pagine speciali di certi romanzieri – lasciarsi andare a passioni e riflessioni extracalcistiche che avevano il pregio di esser contrassegnate da un sapore vigoroso, sano. Nascevano miti, si stagliavano pagine epiche che mettevano in secondo piano senza problemi il Dio Pallone. Valeva per il ciclismo come per l’atletica, per la boxe come per i motori. E il mio libro/biografia su Ralph De Palma, un campione grande come l’Everest nato a Biccari e morto in California, trent’anni fa avrebbe venduto centinaia di copie a Foggia e non le 20 che a mala pena sono andate… a ruba nelle quattro librerie del capoluogo.
Oggi, che tutto passa prima dalla stanza dei bottoni del business, si ha l’impressione che il ‘gesto sportivo’ (di per sé già minato o sminuito dalla pratica del doping) sia altra cosa dalla pratica sportiva autentica, quasi un elemento inedito che lascia perplessi quando capita di averci a che fare. E ben che ti vada dura solo qualche giorno, per finire nuovamente nel calderone pallonaro, dalla Champions all’Eccellenza. Tutto il resto, ovviamente, non conta niente: affanculo rugby, atletica, baseball, basket, tennis, tiro, nuoto tutte buone pratiche sportive dove pure eccelliamo.
Vorrei allora chiedere a ‘Lettere Meridiane’ il permesso di far entrare una volta tanto dalla porta principale, stendendo pure qualche metro di tappeto rosso, un campioncino ignoto e sempre della nostra terra. Non veniva da Foggia e nemmeno da altre celebrate città della Capitanata dove lo sport ha dato all’Italia e al mondo grandi campioni, come i pugili sanseveresi, come il grande fondista Michele Fanelli da Orta Nova, come i vari calciatori foggiani e dei dintorni, o il mitico Walter Magnifico ancora da San Severo.
Questo piccolo-grande campione veniva invece da un’isoletta sperduta, ai suoi tempi non ancora aggredita dal turismo internazionale. Si chiamava Antonio Amato ed era nato alle Tremiti l’11 novembre 1934.
Omonimo del famoso pastaio napoletano – che, forse, nessuno sa ma il capostipite del grande pastificio era anche lui originario di Foggia! –, l’Amato tremitese doveva avere una necessaria confidenza con l’acqua se scelse di entrare in Marina e se trascorse l’adolescenza nel meraviglioso arcipelago diomedeo, dove la pratica sportiva era necessariamente limitata al nuoto e al canottaggio.
In attesa che qualche barca a motore facesse la spola tra le isole, l’unica possibilità di recarsi da San Nicola a San Domino era di utilizzare la propria barca, remando forte. E deve aver cominciato così il giovane Amato, sudando e fortificando i muscoli, quegli stessi che – non ancora 18enne – lo portarono di corsa in Australia, per il tramite del Centro Sportivo della Marina Militare italiana.
Correva l’anno 1956 e là, dall’altra parte del mondo, si disputavano le Olimpiadi di Melbourne.
L’Italia si presentò con vari armi. Quello nel quale era presente il nostro giovane marinaio era il fatidico “Otto con”. La preposizione è abbinata alla parola “timoniere”, una sorta di intruso tra quelle sedici braccia perfettamente allineate in uno sforzo spasmodico, ma ruolo di delicata importanza.
L’armo italiano era composto dai marinai Antonio Amato, Cosimo Campioto (altro pugliese, ma di Brindisi), Giancarlo Casalini, Antonio Casoar, Arrigo Menicocci, Salvatore Nuvoli, Sergio Tagliapietra, Livio Tesconi e dall’unico civile dell’equipaggio, il timoniere Vincenzo Rubolotta.
Dopo le eliminatorie ben superate, l’Italia arrivò alle semifinali. Il campo di gara era quello di Ballarat ma le cose non si misero bene e finimmo settimi, fuori dalla finale.
Resta, per lo meno, il sapore buono di aver arricchito gli annali dello Sport di Capitanata di una pagina inedita e con un nome nuovo e sconosciuto, figlio di uno sport povero, faticoso e poco praticato, ma che all’Italia ha saputo dare in un recente passato grandi glorie come i fratelli Abbagnale, imprevedibilmente provenienti dal Sud come le milionarie ma bravissime Pennetta e Vinci, recenti star agli Open US di tennis.
Nonostante varie ricerche, non so cosa ne sia di Antonio Amato. E credo che nemmeno il buon Vincenzo Veneziano sapesse della sua esistenza.
Cordialmente.
Maurizio De Tullio

Commenti

Anonimo ha detto…
Ringrazio Geppe Inserra, sempre molto generoso nel dipingermi. Faccio solo del mio meglio, lavorando di logica e scavando negli archivi immensi che oggi il web offre.
Volevo solo fare una correzione sul più piccolo comune, che Inserra qualifica come le Isole Tremiti. In realtà, oggi, il Comune con meno abitanti è Celle di San Vito, seguito da Tremiti. Al contrario del 1952, quando il più piccolo Comune era effettivamente Tremiti, seguito da Celle, che allora aveva il doppio degli abitanti delle splendide Diomedee, che un "geniale" manfredoniano vorrebbe oggi deturpare con un'idea spavalda ma brutale.
Cordialmente (m.d.t.)
Anonimo ha detto…
Caro Geppe, una seconda correzione si rende necessaria: non furono nè Curcetti e nemmeno Antonio Amato i primi olimpionici di Capitanata. Fu sicuramente Michele Fanelli - il grande maratoneta, da me citato nell'articolo, da Orta Nova - a partecipare per primo ai Giochi Olimpici, quelli di Los Angeles di vent'anni prima, cioè nel 1932. Non si piazzò bene ma fu il primo degli italiani.
(Maurizio De Tullio)

Post popolari in questo blog

Renzo e Lucia alle falde del Gargano

Treno no stop Bari-Roma, un flop o quasi

La Madonna dell'Incoronata, tra storia, leggenda e tradizione (di Francesco Gentile)