Che ha fatt' u Fogge? Quando era un'impresa conoscere perfino il risultato

Il giornalista e scrittore Giovanni Cataleta
Giovanni Cataleta è un impareggiabile storyteller rossonero. La sua grande capacità sta nel saper colorare i ricordi del passato del Foggia, e dei suoi fasti, con note di costume piene di vivacità e di brio. La sua attività pubblicistica è preziosa in quanto costituisce una diretta testimonianza di come "u Fogge" non sia soltanto una passione, ma un pezzo importante e profondo dell'identità della città.
Giovanni (che ringrazio affettuosamente) regala ad amici e lettori di Lettere Meridiane questa divertente rievocazione dei tempi in cui era difficile sapere perfino il risultato delle partite in trasferta, un po' perché il Foggia militava in campionati non coperti dalla grande informazione, un po' perché la comunicazione di massa non era sviluppata come oggi. Leggetela e gustatela, è veramente bella.
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Che ha fatt' u Fogge?
Seguire l’andamento delle partite del Foggia in tempo reale, specie quelle in trasferta, è oggi una cosa normalissima. Quasi sempre si assiste in tv alla partita comodamente in poltrona o collegandosi su Internet ai vari siti che si occupano di sport.
Fa sorridere pensare a cosa si faceva 50-60 anni fa per sapere il risultato finale della gara. Sì, ma che succedeva?
Il tormentone ricorrente era “Che ha fatt’ u’ Fogge?”, e la risposta non arrivava mai perché i mezzi di comunicazione erano quelli che erano. Si è passati dalla notizia appresa da un telegramma, ai risultati finali ascoltati dalla radio, con il cuore in gola.

Negli anni 50, quando il Foggia era in serie C e giocava per esempio in Sicilia, si riusciva a sapere il risultato della partita solo dopo qualche ora dalla fine della gara, con un telegramma. Proprio così! Avete letto bene, un telegramma. A quei tempi la sede della società era in via Scillitani, dove si trova attualmente la sede della Circoscrizione comunale. Assiepati davanti al club centinaia di tifosi aspettavano con ansia notizie sulla partita. Il postino arrivava con il suo borsone a tracollo e consegnava il prezioso documento in società. Il telegramma veniva esposto sul portone e recitava più o meno così: abbiamo vinto 2-1 stop, o abbiamo perso 1-0 stop. Il boato di gioia o di delusione dava il via agli interminabili commenti dei tifosi.
Nei primi anni 60, grazie alla straordinaria trasmissione radiofonica “Tutto il calcio minuto per minuto”, si fecero passi da gigante. Se la squadra era in serie A o B si poteva sapere in tempo reale quello che succedeva. Anche la serie C era interessata ma solo se la partita era inclusa nella schedina Totocalcio. La popolare trasmissione radiofonica prevedeva collegamenti con 4 campi di serie A ed uno di B. I satanelli a quell’epoca erano tra i cadetti e i tifosi, se la partita del Foggia non era tra i campi collegati, potevano sapere che “faceva il Foggia”solo verso il 10’ del secondo tempo. Aggrappati alle maxi radio dell’epoca, si poteva avere al massimo un altro aggiornamento e poi apprendere, di botto, con un’incredibile ansia, dallo studio centrale del mitico Roberto Bortoluzzi, “i risultati finali in serie B”. Per vedere le immagini della serie B era un’impresa. Qualche volta e solo quando il Foggia giocava in Lombardia c’era la speranza, spesso tradita di vedere qualche secondo di filmato, ma solo il lunedì sera o il mercoledì, in coda ai pochi tg sportivi del tempo.
Anche per le gare in casa, per chi non andava “alla partita”, l’ansia e la curiosità di sapere il risultato toccavano livelli altissimi. Negli ultimi minuti, in attesa delle notizie radiofoniche, si telefonava al bar Stadio della famiglia Donatacci, vicinissimo allo Zaccheria. Il titolare del bar, Francesco Paolo con il figlio Giuseppe, assisteva alla partita nella curva di viale Ofanto, ma scappava via un quarto d’ora prima della fine per essere pronto con caffè e bibite all’assalto del post partita. Ma il bello era che il bar fungeva anche da centralino per le decine di telefonate di tifosi che arrivavano da tutt’Italia per sapere “che avev’ fatt’ u’ Fogge”. Il figlio Giuseppe rispondeva al telefono senza dire neanche “pronto”: “Ha vinto 2-0”, o tra un caffè ed una birra, diceva direttamente il risultato”. Negli anni del boom del Foggia in serie A(dal 64 al 66), la squadra di calcio era l’orgoglio di tutti. Anche persone che abitualmente non si interessavano di calcio furono contagiati dalla passione e dal tifo per i colori rossoneri. La domenica, dopo la partita, nelle cento stradine attorno a viale Ofanto dalle auto di passaggio che incrociando tifosi con bandiere e cappellini rossoneri, arrivava la solita domanda: “Che ha fatt’ u’ Fogge?”. Anche dalle finestre e dai balconcini bassi di via Mazzini e via Ricci la richiesta era la stessa, molte volte da anziane signore che chiedevano con curiosità e gentilezza: “Giovanee, sapìt che ha fatt’ u’ Fogge?”. “Ha vind? Meh, mehh
Giovanni Cataleta


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