Raffaele Vescera: "Foggia, una città assassinata"


Si potrà anche con condivdere la verve a volte eccessivamente polemica di Raffaele Vescera, ma una cosa è sicura, è uno che dice pane al pane e vino al vino, e scrive analisi sempre lucidissime e molto verre. Come la nota pubblicata sul suo profilo facebook, in cui riflette sullo stato sociale ed economico di Foggia e provincia, collocando la sua anlisi in un punto di vista ed una prospettiva che stanno diventando sempre più obsoleti: quelli della  questione meridionale, ormai del tutto scoparsa dall'agernda politica del governo nazionale. Ecco l'analisi di Vescera, la cui nota è significativamente intitolata Foggia: indagine su una città assassinata.

Distruzione totale del timido tessuto industriale a vantaggio del nord, come gli zuccherifici Eridania, chiusi per salvare quelli padani e la cartiera dello Stato, già ridotta al lumicino e destinata alla chiusura, seppure la migliore d’Italia a detta dei responsabili romani. Agricoltura in sofferenza premorte, seppur da sempre la prima in Italia per via della più vasta pianura del Sud, la prima produzione al mondo di grano duro, pomodori, carciofi e quant’altro, per un miliardo di euro l’anno, messa in crisi dalla concorrenza delle importazioni selvagge internazionali, permesse dall’UE, che riduce talmente i prezzi da rendere sconveniente il raccolto. Il tutto a vantaggio delle esportazioni industriali, armi comprese, del nord Italia. Senza dire delle migliaia di gigantesche, mostruose pale eoliche che fanno scempio del paesaggio, degli inceneritori e discariche selvagge che ne fanno scempio. Una disoccupazione giovanile del 65%, per le donne è l’84%, il Pil pro capite più basso d’Italia, e dunque del Sud che in questa nazione è condannato alla cittadinanza di serie B, 2.000 euro al di sotto di quello greco, grazie a lega nord e governi paraleghisti passati e vigenti. Foggia, ultima in Italia per ricchezza e qualità della vita, è paradigma di un Sud condannato al sottosviluppo funzionale e al conseguente disastro antropologico, come lo definisce lo studioso meridionalista calabrese Francesco Tassone. 
Un aeroporto abbandonato da sempre, grazie al “Baricentrismo” vendoliano e il colpo finale di una delle principali stazioni ferroviarie d’Italia, il nodo più importante del Sud, posto al centro di ben quattro regioni, destinata alla chiusura, per essere “telecomandata” da Bari, ed essere addirittura bypassata da un “baffo” posto sulla linea futura ad “alta capacità” (non alta velocità, si badi bene poiché qui si cela l’inganno) Bari-Roma, la cui messa in esercizio è prevista per il 2030, poi anticipata al 2027, a nostro avviso mai, in vigenza di questo Stato.Dire siamo alla frutta è già tanto, siamo alla desertificazione, alla morte per dissanguamento di una città, un tempo la seconda del Regno di Napoli, assassinata nella totale indifferenza, anzi complicità dei politici locali che non hanno mai espresso una sola parola di condanna per l’assassino, lo Stato italiano. Lo stesso Stato che negli investimenti ferroviari stabilisce che i 5 miliardi di euro destinati alle ferrovie vadano per il 98,8% al nord e solo l’1,2% al sud, lo stesso Stato che su 7 miliardi e 9 milioni di euro stanziati dall’Europa per le infrastrutture in Italia, li destina interamente al centronord, tranne l’offensiva elemosina di 4 milioni di euro lasciata al Sud. E’ di questi giorni la protesta del sindaco di Barletta contro Trenitalia per l’uso del nome di Pietro Mennea sul frecciarossa 1000, che fa Roma Milano in due ore e venti, un treno che il Sud non vedrà mai. 
Vescera passa quindi a parlare dell'incontro promosso dal Comitato “un baffo per Foggia” (promotore del manifesto che illustra questo post) che "si batte nel lodevole tentativo di trovare una soluzione alla soppressione del nodo ferroviario, sperando di coinvolgere l’insipiente ceto politico cittadino, ieri del tutto assente al convegno."
Secondo l'autore, si tratta di un tentativo   "lodevole, ma tuttavia destinato in un vicolo cieco il tentativo di salvataggio del comitato che spera nell’aiuto di questi politici di basso conio, subalterni, anzi complici dei partiti nazionali, e non vede nell’unità e nella forza del popolo meridionale, nel suo insieme, l’unica possibilità di riscatto."
Vescera pone un problema tutt'altro che secondario o marginale. Se non riusciremo a ricollocare in un'ottica di riscatto meridionale, e di complessivo rilancio della questione meridionale, di interventi seri e definitivi per superare il divario che separa Nord e Sud e avvelena l'unità nazionale, sarebbe difficile per la Capitanata immaginare e intraprendere un percorso di ripresa.

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