De Tullio: "Perché a Foggia si vive sempre peggio"
Com'era facile attendersi, la lettera meridiana sul botta e risposta tra Sara Fumagalli e Antonio Vigilante sul sito Gli stati generali ha suscitato un'ampia ed accalorata discussione tra gli amici e i lettori di Lettere Meridiane. L'argomento è di quelli che ha già diviso ed appassionato quanti seguono questo blog: Foggia è bella o brutta?
C'è chi giudica la domanda oziosa, e in qualche modo ha ragione: una città non diventa più bella o più brutta solo parlandone. Occorrono politiche concrete rivolte a migliorarla, e su questi siamo tutti d'accordo: queste politiche hanno fatto difetto, al capoluogo dauno da ormai troppo tempo.
Parlarne però è importante. Anzi necessario. Perché una città va vissuta consapevolmente, senza nascondere la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi, senza criticare per partito preso, come fanno i gufi. È necessario quel guardare ad altezza d'occhi che rappresenta lo sforzo quotidiano di Lettere Meridiane. Occorre quel guardare ad altezza d'occhi che costituisce l'obiettivo quotidiano di Lettere Meridiane.
Per questo, com'è già successo in altre circostanze, darò tutto lo spazio necessario a quanti sono già intervenuti e a quanti altri interverranno. La discussione è stata fino ad ora molto feconda e ricca, e testimonia comunque una diffusa presa di coscienza da parte della cittadinanza. Più la coscienza diventa condivisa, e collettiva, meglio è.
Non è la prima volta che Maurizio De Tullio interviene su questo argomento. Anzi, fu proprio un suo contributo (A Foggia ci vorrebbe un nuovo processo di Norimberga) a dare la stura, qualche tempo fa, ad un analogo confronto. È intervenuto anche in questa occasione. Ecco quanto ha scritto De Tullio, giornalista e saggista che si dedica in particolare alla riscoperta dei personaggi che nel passato e nel presente hanno fatto grande la Capitanata.
[Come sempre, quando Lettere Meridiane affronta questo tema, le fotografie sono tratte dall'archivio e dal particolare sguardo sulla città di Michele Sepalone. Quella che illustra il post fa parte della galleria Nuvole, che potete vedere qui.]
Cosa voglio dire. Che questa città per molti versi è migliorata: più case, più quartieri nuovi, più servizi, più attività. Ma chi detta le regole da un lato è ancora la politica bene affiancata dai lupi del cemento. Dall'altro è sprofondata nel degrado, nell'ignoranza civile elevata a sistema, nel clima da far-west che proprio qualche giorno fa ha visto il famoso quartiere Candelaro teatro per le gesta di gente senza scrupoli che per una birra non pagata (non sto scherzando) ha sparato in pieno giorno all'impazzata, col rischio di ammazzare bambini o semplici passanti!
Parlavo di numeri (ne ho parlato almeno altre due volte in riflessioni o post precedentemente ospitati da Lettere Meridiane): la tendenza è inesorabilmente quella. Tra l'altro da quasi un ventennio ci sono anche le statistiche di 'Sole 24 Ore' e 'Italia Oggi' a fotografarci dal di dentro.
Si va sempre più giù, con buona pace dell'ottimismo della volontà (sempre apprezzabile, ci mancherebbe) di Sara Fumagalli.
Ai foggiani si può attribuire di tutto ma una cosa non avranno mai: l'umiltà. Che ti fa capire se stai facendo bene o male, che ti aiuta a smarcarti in mille situazioni. Niente umiltà ma tanta furbizia, in ogni dove: nelle file, nei parcheggi, ai semafori, nell'informazione, negli scontrini non dati o falsificati.
Finché il trend non cambia non se ne esce dal pantano (e Foggia, guarda caso, è nata su un pantano). Ma il trend chi può cambiarlo? Le persone, direte. Perfetto. Ma le persone chi, come e in quanto ragionevole tempo cambiano?
Da quell'agosto del 1966 sono trascorsi quasi 50 anni, ed io a Foggia vivo sempre peggio, nonostante tutto il bene e l'impegno civile, politico, culturale che ho cercato (e cerco) di trasmettere.
Il problema non sta solo nel benedire quel giovane che fa del bene per la sua città: il problema è che c'è una città che non si accorge, non apprezza e non sostiene quel giovane che fa del bene per la città.
Cordialmente
Maurizio De Tullio
C'è chi giudica la domanda oziosa, e in qualche modo ha ragione: una città non diventa più bella o più brutta solo parlandone. Occorrono politiche concrete rivolte a migliorarla, e su questi siamo tutti d'accordo: queste politiche hanno fatto difetto, al capoluogo dauno da ormai troppo tempo.
Parlarne però è importante. Anzi necessario. Perché una città va vissuta consapevolmente, senza nascondere la testa sotto la sabbia, come fanno gli struzzi, senza criticare per partito preso, come fanno i gufi. È necessario quel guardare ad altezza d'occhi che rappresenta lo sforzo quotidiano di Lettere Meridiane. Occorre quel guardare ad altezza d'occhi che costituisce l'obiettivo quotidiano di Lettere Meridiane.
Per questo, com'è già successo in altre circostanze, darò tutto lo spazio necessario a quanti sono già intervenuti e a quanti altri interverranno. La discussione è stata fino ad ora molto feconda e ricca, e testimonia comunque una diffusa presa di coscienza da parte della cittadinanza. Più la coscienza diventa condivisa, e collettiva, meglio è.
Non è la prima volta che Maurizio De Tullio interviene su questo argomento. Anzi, fu proprio un suo contributo (A Foggia ci vorrebbe un nuovo processo di Norimberga) a dare la stura, qualche tempo fa, ad un analogo confronto. È intervenuto anche in questa occasione. Ecco quanto ha scritto De Tullio, giornalista e saggista che si dedica in particolare alla riscoperta dei personaggi che nel passato e nel presente hanno fatto grande la Capitanata.
[Come sempre, quando Lettere Meridiane affronta questo tema, le fotografie sono tratte dall'archivio e dal particolare sguardo sulla città di Michele Sepalone. Quella che illustra il post fa parte della galleria Nuvole, che potete vedere qui.]
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La Storia siamo noi, cioè la fanno le persone. Ma le persone sono anche numeri. Indicano uno stato di cose, una tendenza. Vivo a Foggia dal 1966: venivo da una cittadina del Brasile interno, dove convivevano tante etnìe e nazionalità. Nessuno ti giudicava dal colore della pelle. Arrivato a Foggia, dopo solo pochi mesi sono costretto a usare gli occhiali da vista e sùbito i primi epìteti: "quattucckie"; metto su qualche chiletto (perso nel giro di un anno) e giù con "ciacciutt d'mmerd". Una domenica mattina dalla finestra di casa vedo passare un ragazzino di colore davanti la Chiesa del Carmine Nuovo (allora era ubicata in un garage di via Luigi Sturzo, in attesa della nuova sede in viale I Maggio): gli si attornano prima due, poi quattro, poi sette-otto ragazzi che cominciano ad apostrofarlo. Era il 1967.Cosa voglio dire. Che questa città per molti versi è migliorata: più case, più quartieri nuovi, più servizi, più attività. Ma chi detta le regole da un lato è ancora la politica bene affiancata dai lupi del cemento. Dall'altro è sprofondata nel degrado, nell'ignoranza civile elevata a sistema, nel clima da far-west che proprio qualche giorno fa ha visto il famoso quartiere Candelaro teatro per le gesta di gente senza scrupoli che per una birra non pagata (non sto scherzando) ha sparato in pieno giorno all'impazzata, col rischio di ammazzare bambini o semplici passanti!
Parlavo di numeri (ne ho parlato almeno altre due volte in riflessioni o post precedentemente ospitati da Lettere Meridiane): la tendenza è inesorabilmente quella. Tra l'altro da quasi un ventennio ci sono anche le statistiche di 'Sole 24 Ore' e 'Italia Oggi' a fotografarci dal di dentro.
Si va sempre più giù, con buona pace dell'ottimismo della volontà (sempre apprezzabile, ci mancherebbe) di Sara Fumagalli.
Ai foggiani si può attribuire di tutto ma una cosa non avranno mai: l'umiltà. Che ti fa capire se stai facendo bene o male, che ti aiuta a smarcarti in mille situazioni. Niente umiltà ma tanta furbizia, in ogni dove: nelle file, nei parcheggi, ai semafori, nell'informazione, negli scontrini non dati o falsificati.
Finché il trend non cambia non se ne esce dal pantano (e Foggia, guarda caso, è nata su un pantano). Ma il trend chi può cambiarlo? Le persone, direte. Perfetto. Ma le persone chi, come e in quanto ragionevole tempo cambiano?
Da quell'agosto del 1966 sono trascorsi quasi 50 anni, ed io a Foggia vivo sempre peggio, nonostante tutto il bene e l'impegno civile, politico, culturale che ho cercato (e cerco) di trasmettere.
Il problema non sta solo nel benedire quel giovane che fa del bene per la sua città: il problema è che c'è una città che non si accorge, non apprezza e non sostiene quel giovane che fa del bene per la città.
Cordialmente
Maurizio De Tullio
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