Il risanamento di Borgo Croci, tra rimpianto e nostalgia
La lettera meridiana sulla storia del risanamento di Borgo Croci, originata da alcune belle immagini pubblicate da Marco Scarpiello, ha suscitato tanti commenti e tante riflessioni tra gli amici e i lettori del blog, accomunate da una certa nostalgia ed un certo rimpianto per quella che fu, in ogni caso, una bella pagina di democrazia e di partecipazione per la città.
Franco Onorati riflette sulla filosofia di quell’intervento, che è rimasto comunque la più grande iniziativa di edilizia pubblica che Foggia abbia mai vissuto, pari soltanto alla costruzione del quartiere Cep.
“Non metto in dubbio le capacità di coesione sociale dei soggetti citati - scrive Onorati - mi rimane l’amarezza di aver visto perdere l’occasione di fare architettura ed urbanistica. Croci sud poteva essere la cerniera tra un quartiere chiuso, avente la barriera della ferrovia Foggia - Lucera e viale Cardelaro come perimetro, ed il resto della città fuori dal centro antico. Si preferirono tipologie ad alta intensità insediativa che generarono troppi spazi senza connotazione urbana... (ancora oggi è evidente lo scollamento )..tipologie edilizie mono- bifamiliari avrebbero consentito una conurbazione migliore con una facilità realizzativa anche da parte di imprese artigiane! Si sarebbe potuto fare crescere l'impresa locale generando ricchezza diffusa..... invece i fallimenti di imprese a cui furono affidati alcuni lotti ne hanno rallentato la realizzazione. Le mutate condizioni insediative (cambiamenti dell'abitare) hanno generato il nulla urbano!
A Onorati replica Roberto Paolucci, che fu tra i protagonisti di quella vicenda, in quanto all’epoca guidava l’Istituto Autonomo Case Popolari, che appaltò quei lavori. La testimonianza di Roberto è molto interessante, perché ricostruisce il clima politico ma anche culturale dell’epoca, che vedeva Foggia un’autentica città cantiere, grazie agli investimenti pubblici veicolati dall’amministrazione comunale.
“L’edilizia residenziale pubblica - scrive Paolucci - non può sprecare lo spazio. I volumi erano previsti dal piano di zona della 167 e le norme di edificazione addirittura codificate. I progettisti Vinicio Di Gioia e Franco Antonucci con altri fecero tutto il possibile per garantire spazi pubblici all'interno dell'area. L'Iacp che allora era guidata da me fece un grande sforzo per risolvere la diffidenza degli abitanti del quartiere e superare le contestazioni partigiane. Ancora una volta ringrazio alla memoria il Sindaco di Foggia Pellegrino Graziani e gli uomini del suo gabinetto, in primis Enrico Sannoner, il testimone di quella grande operazione di sgombero e di trasferimento delle famiglie colà residenti. La Regione Puglia su proposta dell'assessore del tempo all''urbanistica ed alla edilizia residenziale Domenico Romano stanziò la cifra tonda di dieci miliardi di lire. Era il 1977.”
Sulla vicenda interviene anche Vinicio Di Gioia che, come ha ricordato Paolucci, fu assieme ad Antonucci il progettista dell’intervento di risanamento: “Grazie per il ricordo di una esperienza indimenticabile che ci vide protagonisti di un coinvolgimento sociale per la soluzione di un problema primario, la casa.” Di Gioia sottolinea anche l’ambizioso tentativo di appalto unico con consegna differenziata, “geniale ed originale tentativo di una soluzione nuova garante dei diritti dei residenti”, tentativo che non andò a buon fine, anche se i diritti dei residenti furono, alla fine, in qualche modo tutelati proprio dagli organismi di decentramento, come il Consiglio di Quartiere, e dalla generosa partecipazione dei cittadini.
Altri lettori riflettono sulla provocazione lanciata nel post, circa la capacità di mobilitazione e di partecipazione dei foggiani. Secondo, Valeria Lanterne, "i foggiani non sono apatici, sono arrendevoli"; dello stesso tenore, l'opinione di Bruno Caravella: "Mi dispiace per i "foggiani". Ma quelli erano salesiani tosti e purtroppo "non foggiani". La spinta venne da lì." Alfredo Biccari contesta il ruolo avuto dalla sezione del Pci: "non c'erano i comunisti, c'era tutt'altro."
Altri amici si soffermano sui ricordi.
Nicola Episcopo: "una bella pagina….di una bella Foggia". Nicola Laratro attinge direttamente alla memoria: "Quanti ricordi, dove ci sono i palazzoni, c’era la mia casa abbattuta, a fianco alla casa mussolini semi abbattuta, vi è il mio asilo."
Milly Pellegrini scrive, infine: "Fa piacere sentire del coinvolgimento di tutta la popolazione e soprattutto di chi doveva andar via dai propri alloggi. Però, francamente, visti i risultati, devo dire che forse avrebbero fatto meglio a progettare dei palazzi un po’ più piacevoli dal punto di vista estetico...e poi recuperare quel che resta delle vecchie case coloniche del periodo fascista, rendendole più belle con un restauro ad hoc, oggi come oggi, non sarebbe sbagliato."
Franco Onorati riflette sulla filosofia di quell’intervento, che è rimasto comunque la più grande iniziativa di edilizia pubblica che Foggia abbia mai vissuto, pari soltanto alla costruzione del quartiere Cep.
“Non metto in dubbio le capacità di coesione sociale dei soggetti citati - scrive Onorati - mi rimane l’amarezza di aver visto perdere l’occasione di fare architettura ed urbanistica. Croci sud poteva essere la cerniera tra un quartiere chiuso, avente la barriera della ferrovia Foggia - Lucera e viale Cardelaro come perimetro, ed il resto della città fuori dal centro antico. Si preferirono tipologie ad alta intensità insediativa che generarono troppi spazi senza connotazione urbana... (ancora oggi è evidente lo scollamento )..tipologie edilizie mono- bifamiliari avrebbero consentito una conurbazione migliore con una facilità realizzativa anche da parte di imprese artigiane! Si sarebbe potuto fare crescere l'impresa locale generando ricchezza diffusa..... invece i fallimenti di imprese a cui furono affidati alcuni lotti ne hanno rallentato la realizzazione. Le mutate condizioni insediative (cambiamenti dell'abitare) hanno generato il nulla urbano!
A Onorati replica Roberto Paolucci, che fu tra i protagonisti di quella vicenda, in quanto all’epoca guidava l’Istituto Autonomo Case Popolari, che appaltò quei lavori. La testimonianza di Roberto è molto interessante, perché ricostruisce il clima politico ma anche culturale dell’epoca, che vedeva Foggia un’autentica città cantiere, grazie agli investimenti pubblici veicolati dall’amministrazione comunale.
“L’edilizia residenziale pubblica - scrive Paolucci - non può sprecare lo spazio. I volumi erano previsti dal piano di zona della 167 e le norme di edificazione addirittura codificate. I progettisti Vinicio Di Gioia e Franco Antonucci con altri fecero tutto il possibile per garantire spazi pubblici all'interno dell'area. L'Iacp che allora era guidata da me fece un grande sforzo per risolvere la diffidenza degli abitanti del quartiere e superare le contestazioni partigiane. Ancora una volta ringrazio alla memoria il Sindaco di Foggia Pellegrino Graziani e gli uomini del suo gabinetto, in primis Enrico Sannoner, il testimone di quella grande operazione di sgombero e di trasferimento delle famiglie colà residenti. La Regione Puglia su proposta dell'assessore del tempo all''urbanistica ed alla edilizia residenziale Domenico Romano stanziò la cifra tonda di dieci miliardi di lire. Era il 1977.”
Sulla vicenda interviene anche Vinicio Di Gioia che, come ha ricordato Paolucci, fu assieme ad Antonucci il progettista dell’intervento di risanamento: “Grazie per il ricordo di una esperienza indimenticabile che ci vide protagonisti di un coinvolgimento sociale per la soluzione di un problema primario, la casa.” Di Gioia sottolinea anche l’ambizioso tentativo di appalto unico con consegna differenziata, “geniale ed originale tentativo di una soluzione nuova garante dei diritti dei residenti”, tentativo che non andò a buon fine, anche se i diritti dei residenti furono, alla fine, in qualche modo tutelati proprio dagli organismi di decentramento, come il Consiglio di Quartiere, e dalla generosa partecipazione dei cittadini.
Altri lettori riflettono sulla provocazione lanciata nel post, circa la capacità di mobilitazione e di partecipazione dei foggiani. Secondo, Valeria Lanterne, "i foggiani non sono apatici, sono arrendevoli"; dello stesso tenore, l'opinione di Bruno Caravella: "Mi dispiace per i "foggiani". Ma quelli erano salesiani tosti e purtroppo "non foggiani". La spinta venne da lì." Alfredo Biccari contesta il ruolo avuto dalla sezione del Pci: "non c'erano i comunisti, c'era tutt'altro."
Altri amici si soffermano sui ricordi.
Nicola Episcopo: "una bella pagina….di una bella Foggia". Nicola Laratro attinge direttamente alla memoria: "Quanti ricordi, dove ci sono i palazzoni, c’era la mia casa abbattuta, a fianco alla casa mussolini semi abbattuta, vi è il mio asilo."
Milly Pellegrini scrive, infine: "Fa piacere sentire del coinvolgimento di tutta la popolazione e soprattutto di chi doveva andar via dai propri alloggi. Però, francamente, visti i risultati, devo dire che forse avrebbero fatto meglio a progettare dei palazzi un po’ più piacevoli dal punto di vista estetico...e poi recuperare quel che resta delle vecchie case coloniche del periodo fascista, rendendole più belle con un restauro ad hoc, oggi come oggi, non sarebbe sbagliato."
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