Domani torna al Giordano Mario Salvatore
Mario Salvatore ha un chiodo fisso: il riconoscimento della canzone napoletana, di cui è tra gli interpreti più raffinati, quale bene culturale. È in buona compagnia: se ormai, dopo qualche timida proposta di legge in passato, la questione sembra rimossa in un parlamento che ha completamente dimenticato la questione meridionale, l’idea della Canzone napoletana, patrimonio identitario ed attrattore turistico-culturale è stata rilanciata nientemeno che dal Cnr e dall’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo. [Cliccate qui se volete scaricare l'interessante studio sul tema di Maria Simeon].
Intanto, Mario continua ad inseguire il suo sogno nella maniera che gli riesce meglio: cantando. Domani, dopo oltre dieci anni d’assenza, torna assieme al suo gruppo al Teatro Giordano di Foggia per proporre una nuova versione del suo spettacolo “Così cantava Napoli”, cui è per l’occasione è stato aggiunto un sottotitolo dichiaratamente meridionalistico: “le canzoni dell’anima meridionale”.
Mario Salvatore viene ritenuto uno degli ultimi e più grandi interpreti della tradizione melodica partenopea: per la delicatezza delle sue interpretazioni e per i suo particolarissimo timbro vocale, è stato definito l’erede più autentico dell’indimenticabile Sergio Bruni.
Mario e il suo gruppo alzano dunque la posta, mostrando, nel loro concerto come la canzone napoletana sia l’espressione più grande e più tipica del patrimonio culturale del Mediterraneo.
L’idea della canzone napoletano come patrimonio di tutti i meridionali è intrigante, e fondata perché spesso si trascura che, seppure nata sotto il Vesuvio, al suo successo nel mondo hanno contribuito non solo poeti e musicisti napoletani, ma anche artisti delle altre regioni del Sud.
La musica napoletana è un robusto collante che lega le radici della cultura del Sud, emancipandola definitivamente dalla sua dimensione di cultura subalterna, nella quale una parte della storiografia ufficiale ha voluto confinarla.
Da queste considerazioni, tanto suggestive quanto inesplorate, è nato il progetto musicale “Così cantava Napoli – le canzoni dell’anima meridionale” che va in scena domani sera al Giordano (ore 21.00) e che ripropone i brani più classici della canzone napoletana attraverso una delle forme più tipiche della tradizione partenopea: quella della “posteggia”.
I posteggiatori erano musicisti di strada che (in un periodo nel quale non esistevano la radio e la televisione) facevano conoscere al pubblico le canzoni suonando nelle piazze e nei locali di ritrovo, utilizzando strumenti facilmente trasportabili come chitarra, mandolino e flauto.
Ecco perché ancora oggi l’uso sapiente di questi strumenti rappresenta il modo più diretto, spontaneo ed autentico di “cantare Napoli”.
Lo spettacolo è un viaggio nella più profonda cultura meridionale, nelle sue melodie più autentiche, nella sua identità più vera, e ripercorre oltre un secolo di storia della canzone classica napoletana. Non mancate.
Intanto, Mario continua ad inseguire il suo sogno nella maniera che gli riesce meglio: cantando. Domani, dopo oltre dieci anni d’assenza, torna assieme al suo gruppo al Teatro Giordano di Foggia per proporre una nuova versione del suo spettacolo “Così cantava Napoli”, cui è per l’occasione è stato aggiunto un sottotitolo dichiaratamente meridionalistico: “le canzoni dell’anima meridionale”.
Mario Salvatore viene ritenuto uno degli ultimi e più grandi interpreti della tradizione melodica partenopea: per la delicatezza delle sue interpretazioni e per i suo particolarissimo timbro vocale, è stato definito l’erede più autentico dell’indimenticabile Sergio Bruni.
Mario e il suo gruppo alzano dunque la posta, mostrando, nel loro concerto come la canzone napoletana sia l’espressione più grande e più tipica del patrimonio culturale del Mediterraneo.
L’idea della canzone napoletano come patrimonio di tutti i meridionali è intrigante, e fondata perché spesso si trascura che, seppure nata sotto il Vesuvio, al suo successo nel mondo hanno contribuito non solo poeti e musicisti napoletani, ma anche artisti delle altre regioni del Sud.
La musica napoletana è un robusto collante che lega le radici della cultura del Sud, emancipandola definitivamente dalla sua dimensione di cultura subalterna, nella quale una parte della storiografia ufficiale ha voluto confinarla.
Da queste considerazioni, tanto suggestive quanto inesplorate, è nato il progetto musicale “Così cantava Napoli – le canzoni dell’anima meridionale” che va in scena domani sera al Giordano (ore 21.00) e che ripropone i brani più classici della canzone napoletana attraverso una delle forme più tipiche della tradizione partenopea: quella della “posteggia”.
I posteggiatori erano musicisti di strada che (in un periodo nel quale non esistevano la radio e la televisione) facevano conoscere al pubblico le canzoni suonando nelle piazze e nei locali di ritrovo, utilizzando strumenti facilmente trasportabili come chitarra, mandolino e flauto.
Ecco perché ancora oggi l’uso sapiente di questi strumenti rappresenta il modo più diretto, spontaneo ed autentico di “cantare Napoli”.
Lo spettacolo è un viaggio nella più profonda cultura meridionale, nelle sue melodie più autentiche, nella sua identità più vera, e ripercorre oltre un secolo di storia della canzone classica napoletana. Non mancate.
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