Foggia in cerchio, una città che sa sperare
La bella Foggia sta seduta in cerchio, nel tramonto di piazza Battisti, rischiarata da cento e cento fiaccole che illuminano il crepuscolo e la speranza.
In quel cerchio batte il cuore vivo e pulsante di una città che hai quasi dimenticato, ma che puntuale sa invece riemergere dal torpore.
È bella e inattesa, questa città che si stringe attorno a Matteo Morlino e Maria Teresa D’Orsi, genitori di Carmela, l'ennesima vittima di femminicidio. Una foggiana che era partita da qui e aveva fatto fortuna al Nord, rispettata ed apprezzata universalmente per la sua professionalità e le sue capacità.
Da tutti, fuorché dal marito che l’ha barbaramente trucidata.
Mai più come Carmela, recita il tema dell'iniziativa promossa dalla rete di associazioni RIVIVI, che esordisce come mai avrebbe immaginato e tanto meno voluto, facendo memoria del sacrificio di una concittadina, ennesima vittima della violenza sulle donne, ma al tempo stesso lanciando un forte messaggio di impegno, di coesione, di solidarietà.
È bello vedere seduti l’uno al fianco dell’altro il primo cittadino in carica, Franco Landella, e il suo predecessore, Gianni Mongelli e scoprire che in tema di lotta alla violenza di genere tra la vecchia e la nuova amministrazione c’è una convinta continuità.
È bello sentire interventi che tradiscono ansia e voglia di un futuro diverso e migliore, a cominciare dall’impegno contro la violenza, per la costruzione di una città che sappia accettare e valorizzare le differenze. Di genere. Di razza, Di religione. Di cultura.
Prima di quel cerchio, una volta tanto assai più che simbolico, perché ha davvero espresso un sentimento comune, un’emozione palpabile, una commozione profonda, la fiaccolata aveva attraversato un’isola pedonale attenta e attonita, strappata al tran tran della sera domenicale.
Una città che si riscuote, una città che partecipa.
Matteo Morlino impartisce a quella piazza una indimenticabile lezione di civiltà e di dignità che rappresenta in se stessa un messaggio di straordinario valore morale.
Definisce, a ragione, sua figlia Carmela una martire. La speranza è che quel martirio non sia stato vano. Per il momento, il suo sacrificio ha fatto ritrovare alla città un pezzo del suo cuore. E non è poco.
In quel cerchio batte il cuore vivo e pulsante di una città che hai quasi dimenticato, ma che puntuale sa invece riemergere dal torpore.
È bella e inattesa, questa città che si stringe attorno a Matteo Morlino e Maria Teresa D’Orsi, genitori di Carmela, l'ennesima vittima di femminicidio. Una foggiana che era partita da qui e aveva fatto fortuna al Nord, rispettata ed apprezzata universalmente per la sua professionalità e le sue capacità.
Da tutti, fuorché dal marito che l’ha barbaramente trucidata.
Mai più come Carmela, recita il tema dell'iniziativa promossa dalla rete di associazioni RIVIVI, che esordisce come mai avrebbe immaginato e tanto meno voluto, facendo memoria del sacrificio di una concittadina, ennesima vittima della violenza sulle donne, ma al tempo stesso lanciando un forte messaggio di impegno, di coesione, di solidarietà.
È bello vedere seduti l’uno al fianco dell’altro il primo cittadino in carica, Franco Landella, e il suo predecessore, Gianni Mongelli e scoprire che in tema di lotta alla violenza di genere tra la vecchia e la nuova amministrazione c’è una convinta continuità.
È bello sentire interventi che tradiscono ansia e voglia di un futuro diverso e migliore, a cominciare dall’impegno contro la violenza, per la costruzione di una città che sappia accettare e valorizzare le differenze. Di genere. Di razza, Di religione. Di cultura.
Prima di quel cerchio, una volta tanto assai più che simbolico, perché ha davvero espresso un sentimento comune, un’emozione palpabile, una commozione profonda, la fiaccolata aveva attraversato un’isola pedonale attenta e attonita, strappata al tran tran della sera domenicale.
Una città che si riscuote, una città che partecipa.
Matteo Morlino impartisce a quella piazza una indimenticabile lezione di civiltà e di dignità che rappresenta in se stessa un messaggio di straordinario valore morale.
Definisce, a ragione, sua figlia Carmela una martire. La speranza è che quel martirio non sia stato vano. Per il momento, il suo sacrificio ha fatto ritrovare alla città un pezzo del suo cuore. E non è poco.
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