De Tullio: quando si parla dell'altro... due pesi e due misure
di Maurizio De Tullio
Qualche settimana fa, su ‘Lettere Meridiane’, facevo presente il vergognoso atteggiamento dei media italiani (e foggiani, soprattutto) nel segnalare il differente trattamento mediatico rispetto a due notizie di cronaca, due terribili notizie di cronaca, che avevano grandissime affinità. Solo con grave e colpevole ritardo alcuni TG nazionali (penso al TG1, TG3 e al TG de la 7) hanno fatto marcia indietro ponendo in evidenza la similitudine dei due casi – quello del povero Davide, ucciso da un ubriaco marocchino fuori da un bar a Terni e subito enfatizzato a livello nazionale dalla stampa e dalla politica populista, e quello del marocchino Moustafa, picchiato quasi a morte da un sanseverese fuori da un bar locale e, per alcuni giorni, ignorato dalla stessa “classe” giornalistica e politica – ma senza soffermarsi sulla caduta di sensibilità (e di professionalità) delle due categorie, quelle dei giornalisti e dei politici.
Oggi
sono costretto ad occuparmi non di quei due tragici fatti di cronaca, ma di
altri due, anche stavolta aventi per oggetto cittadini extracomunitari, e
rispetto ai quali la stampa, di nuovo, rispolvera il classico ‘due pesi e due
misure’.
Il
primo caso è accaduto la settimana scorsa a Foggia, su via Galiani, la strada
laterale la Villa Comunale
dove ogni sera s’affollano moltissimi extracomunitari ospiti del C.A.R.A. (è il
Centro Richiedenti Asilo) di Borgo Mezzanone, e diversi cittadini foggiani che
in quella borgata vivono da tempo. Nel salire a bordo di un autobus dell’ATAF
che li doveva condurre sul posto, una giovane foggiana avrebbe
involontariamente dato uno spintone a un cittadino straniero, un 37enne profugo
afghano, che, nella concitazione ha reagito violentemente tirando fuori anche
una specie di mini mannaia (con lama lunga 7 centimetri ) con la
quale ha colpito e ferito la donna, prima di essere bloccato da altri cittadini
(italiani e stranieri) e dalla Polizia, che l’ha arrestato.
La
notizia ha immediatamente fatto il giro del web prima e delle redazioni
giornalistiche subito dopo, e nei giorni successivi è stato ampiamente ripreso
anche in seguito ad una lettera inviata alla stampa dal papà della giovane
foggiana.
Dopo
che si sarà appurata la reale dinamica – tanto per essere chiari –, il profugo
afghano sarà giustamente condannato per il tentato omicidio.
Detto
di come la penso su questo caso, vengo al secondo, accaduto a pochi chilometri
da Bari, dove un altro profugo afghano, Ahid, mentre tornava al C.A.R.A. di
Palese, e dopo un pomeriggio trascorso a scuola per imparare a masticare un
minimo di lingua italiana, ha visto anche lui la morte in faccia. Riprendo la
cronaca del bravo cronista della “Gazzetta del Mezzogiorno”, che ha citato la
testimonianza del giovane profugo fornita ai Carabinieri: «Erano le 18,30. Rientravo da Bari al C.A.R.A. di Palese e percorrevo a
piedi strada Cangiano. Notavo il cancello di una villa aperto, e
contemporaneamente uscire tre cani, di cui uno di grossa taglia, di razza
probabilmente pitbull, e due, sempre della stessa razza, ma di taglia media, mi
aggredivano azzannandomi ad entrambi gli arti inferiori e superiori. A questo
punto cercavo di difendermi e di coprirmi il volto poiché l’animale, quello più
grosso, ha tentato in più riprese di colpirmi al volto. Con le braccia mi coprivo
il viso. Venivo ripetutamente azzannato riportando lesioni».
Il dolore più grande di Ahid non è per i canini che s’infilzano. La rabbia che continua a mordere dentro è in altri dettagli: «Notavo nel cortile della villa due uomini e tre donne che incitavano gli animali battendo le mani. Notavo anche alcuni bambini». L’umiliazione non si cicatrizza: «Non sono un animale. Non merito di essere sbranato da cani».
Il dolore più grande di Ahid non è per i canini che s’infilzano. La rabbia che continua a mordere dentro è in altri dettagli: «Notavo nel cortile della villa due uomini e tre donne che incitavano gli animali battendo le mani. Notavo anche alcuni bambini». L’umiliazione non si cicatrizza: «Non sono un animale. Non merito di essere sbranato da cani».
Già.
Le persone normali così dovrebbero pensarla. Così invece non la pensano i
foggiani che – tra i tanti, irripetibili messaggi – sulla pagina di FB di
“Foggia Today”, a proposito del profugo afghano che ha ferito la giovane
foggiana alla fermata dell’autobus a Foggia, molto… garbatamente hanno fatto
subito sapere come la pensano. Il sempre più prolifico Gustavo Gesualdo (che un
tempo ha fatto anche il giornalista) se la prende esplicitamente con i
giornalisti: “Dopo molto silenzio
omertoso, depistaggio e disinformazione della informazione professionale
all'italiana, veniamo finalmente a conoscenza del fatto che si tratta del
solito islamico introdotto clandestinamente in Italia che aggredisce a colpi di
mannaia cittadini italiani. L'informazione e la democrazia in Italia, sono
state abolite.”
Da
Codice Penale il pensiero di un sorridente Giuseppe, che esplicitamente
comunica: “Diamo fuoco a questa gente???
lo vogliamo capire che devono morire per ripulire il paese?”.
Qualcuno
– se ha compreso pienamente i contenuti dei due fatti di cronaca, con protagonisti
due cittadini afghani – è in grado di rispondere a questa domanda, facendo
parlare il cuore e il cervello e non solo la pancia? «Perché – si chiede Ahid – quando
i cani mi sbranavano c’era gente che applaudiva? Perché?».
Da
parte mia non posso che usare le stesse parole con le quali – ahimè, inutilmente
– avevo chiuso il precedente intervento sui fatti di Terni e di San Severo.
“Altre
parole non mi vengono. Prego solo Padre Pio, cappuccino divenuto Santo, (…)
di redimere i tanti, troppi che conoscono
solo la violenza – fisica e delle parole – per affermarsi in questa nostra
Comunità, sempre più assuefatta alla legge del più forte e tristemente orfana
di valori minimi e, soprattutto, di un minimo senso della pietà”.
Cordialmente.
Maurizio De Tullio
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