Sviluppo e sottosviluppo: perché non riusciamo a ragionarne serenamente?
Le intenzioni di chi comunica prescindono naturalmente dalle interpretazioni di chi ascolta. Possono intendersi oppure fraintendersi. A volte perché chi riceve il messaggio cede alla tentazione di recepire del messaggio ciò che più gli piace. Più spesso per colpa di chi comunica, che non riesce ad articolare come dovrebbe, nei modi e nei contenuti, quel che vorrebbe dire.
Davvero non c’era in me alcuna intenzione polemica nella lettera meridiana in cui ho dato notizia della seduta del consiglio dei ministri che ha dato via libera alla realizzazione di un altro po’ di parchi eolici in terra di Capitanata, mentre erano attesi i provvedimenti per la ricostruzione del Gargano. Se ho dato questa impressione a qualcuno degli amici e dei lettori del blog, la colpa è mia.
Però difendo la notizia. Che è la coincidenza tra un fatto (i parchi eolici) e un non fatto (lo stato di emergenza per il Gargano). Gli iter dei due provvedimenti, entrambi profondamente significativi per la Puglia settentrionale, avrebbero potuto approdare contemporaneamente sul tavolo del consiglio dei ministri, ma non è stato così.
Alcuni legittimi interessi privati hanno avuto via libera in nome dell’interesse pubblico. L’interesse pubblico derivante dalla necessità e dall’urgenza di ricostruire il Gargano dovrà aspettare ancora un po’.
Ho letto questa coincidenza come un sintomo dell’addensarsi, sulla Capitanata, di un modello tipico dell’economia capitalistica, e assai investigato da economisti e sociologi, in base al quale lo sviluppo di certe zone si crea mercé il sottosviluppo di altre zone.
Liberissimi di dissentire, ma sarebbe invece a mio avviso il caso di rileggere partendo proprio in questa chiave la storia recente della provincia di Foggia. Chissà che non riusciamo a trovare così una risposta alla domanda che aleggia nel cielo dauno da ormai troppi anni: perché non è mai decollata l’intuizione che stava alla base di tutti i recenti progetti di sviluppo, e cioè che la Capitanata possiede in se stessa, nel suo territorio, nella sua posizione geografica le potenzialità per sprigionare un modello di sviluppo autopropulsivo, multisettoriale, integrato?
Cosa accade se il metano dei Monti Dauni finisce a Taranto, l’energia eolica delle stesse colline e del Tavoliere finisce al Nord, il pomodoro finisce in Campania per essere trasformato e rivenduto altrove, e si perde una posizione baricentrica, per altri baricentrismi?
Non mi pare si tratti di interrogativi banali. Perché, allora, non riusciamo mai a discuterne serenamente?
Davvero non c’era in me alcuna intenzione polemica nella lettera meridiana in cui ho dato notizia della seduta del consiglio dei ministri che ha dato via libera alla realizzazione di un altro po’ di parchi eolici in terra di Capitanata, mentre erano attesi i provvedimenti per la ricostruzione del Gargano. Se ho dato questa impressione a qualcuno degli amici e dei lettori del blog, la colpa è mia.
Però difendo la notizia. Che è la coincidenza tra un fatto (i parchi eolici) e un non fatto (lo stato di emergenza per il Gargano). Gli iter dei due provvedimenti, entrambi profondamente significativi per la Puglia settentrionale, avrebbero potuto approdare contemporaneamente sul tavolo del consiglio dei ministri, ma non è stato così.
Alcuni legittimi interessi privati hanno avuto via libera in nome dell’interesse pubblico. L’interesse pubblico derivante dalla necessità e dall’urgenza di ricostruire il Gargano dovrà aspettare ancora un po’.
Ho letto questa coincidenza come un sintomo dell’addensarsi, sulla Capitanata, di un modello tipico dell’economia capitalistica, e assai investigato da economisti e sociologi, in base al quale lo sviluppo di certe zone si crea mercé il sottosviluppo di altre zone.
Liberissimi di dissentire, ma sarebbe invece a mio avviso il caso di rileggere partendo proprio in questa chiave la storia recente della provincia di Foggia. Chissà che non riusciamo a trovare così una risposta alla domanda che aleggia nel cielo dauno da ormai troppi anni: perché non è mai decollata l’intuizione che stava alla base di tutti i recenti progetti di sviluppo, e cioè che la Capitanata possiede in se stessa, nel suo territorio, nella sua posizione geografica le potenzialità per sprigionare un modello di sviluppo autopropulsivo, multisettoriale, integrato?
Cosa accade se il metano dei Monti Dauni finisce a Taranto, l’energia eolica delle stesse colline e del Tavoliere finisce al Nord, il pomodoro finisce in Campania per essere trasformato e rivenduto altrove, e si perde una posizione baricentrica, per altri baricentrismi?
Non mi pare si tratti di interrogativi banali. Perché, allora, non riusciamo mai a discuterne serenamente?
Commenti