L'omaggio di Micky Sepalone a Rocco Laricchiuta: una sfida di futuro per la città

Michy è il più estroverso di tutti i Sepalone (a proposito: che pensate cari amici e lettori di Lettere Meridiane se facciamo una petizione all’università di Foggia perché finalmente investighi su come si possa concentrare tanta creatività in una famiglia sola?). Lui canta. Si diverte e diverte.
Però con l’omaggio che renderà a Rocco Laricchiuta (venerdì 3 ottobre, ore 20 al Teatro del Fuoco, assieme ad Angela Piaf, conduce Enrico Ciccarelli) Micky Sepalone chiude un cerchio. Un cerchio familiare, direi. Chiude quella ricerca di luce che suo fratello Lorenzo ha espresso in modo impareggiabile nel suo cortometraggio La luna è sveglia. Chiude quella ricerca di bellezza che praticamente tutti i giorni suo zio Michele, fotocamera a tracolla. va compiendo nelle strade, nei vicoli, negli angoli di questa Foggia che amiamo di più proprio perché ci sono i Sepalone.
E grazie a Dio di averceli donati. Per dirla tutta: che razza di Foggia, sarebbe, senza i Sepalone?
Michy si diverte e diverte. Parla di politica solo se è costretto. Non ama i proclami e dietro quel sorriso aperto e luminoso, dietro le sue canzoni e le sue interpretazioni, puoi indovinare un cuore grande.
Del resto, se uno non ha un cuore grande così, e un attaccamento profondo al posto in cui vive, come potrebbe ricordarsi di Rocco Laricchiuta?
Mi torna difficile parlarvi di Rocco. A una certa età, la commozione comincia a fare brutti scherzi (ma senza commozione come fai a guardare, a sentire, a raccontare?)

Rocco è stato un medico eccelso. Ma prima di tutto un uomo grandissimo (non puoi essere un medico eccelso, se non sei un uomo grandissimo). Uno dei medici di una volta, che si metteva dal punto di vista del malato. Lui lo faceva anche da una prospettiva politica. Pensava che guarire l’individuo non basta, se poi la società è malata d’ingiustizia e di egoismo. Per questo era socialista. Di quelli veri.
Il suo credo politico faceva tutt’uno con il giuramento prestato ad Ippocrate.
Rocco e Micky Sepalone dopotutto si somigliano.
Hanno lo stesso tratto ottimista. La stessa fiducia nel futuro.
Rocco è stato assessore alla cultura della città di Foggia all’inizio dell’amministrazione guidata da Gianni Mongelli. Bilancio pari a zero euro. Rocco non si è scomposto. Ha scelto la periferia, ha cercato di aggregare le straordinarie energie che questa nostra città, troppo speso, anzi quasi sempre le une contro le altre, quando si tratterebbe di guardare insieme al futuro, e di costruirlo.
L’ho visto l’ultima volta al Villaggio del Fanciullo di viale Candelaro, impegnato a tessere le trame di una possibile rete di associazioni, di creativi. Ammettere candidamente che la civica amministrazione non aveva alcuna risorsa da investire se non per far stampare inviti e manifesti ma aveva tutta la volontà politica, tutta la consapevolezza che senza cultura le periferie sono condannate ad una alienazione irreversibile. E che lui ci sarebbe stato, sempre. Purtroppo non ha potuto mantenere la promessa, perché la morte ce lo ha strappato. E la città non fa ancora molto, per lui.
Meno male, adesso ci pensa Sepalone. Non mi piacciono i discorsi di geopolitica. Ma credo che Micky Sepalone abbia idee politiche assai diverse da quella di Rocco Laricchiuta.
Ma se ci pensate è proprio questo che rende straordinario il suo gesto artistico.
Foggia è una città che sta messa male, molto male. Una città molto diversa da quella sognata da Rocco Laricchiuta. Ma le reti artistiche e creative annodate da questi impagabili Sepalone ci dicono che il ricordo di personaggi straordinari come Rocco è importante per osare.
Non dimenticare Rocco Laricchiuta è una sfida di futuro: per provare di vivere a Foggia facendola diventare una vera comunità municipale. Sopra la politica e gli odi di partito. Mettendo sopra tutto l’orgoglio di cittadinanza.

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