La sempre più labile linea di confine tra intrattenimento e cultura
La serata di Rodi Garganico |
Sono d’accordo, e dietro lo sfogo di Teresa mi sembra di cogliere anche un’altra preoccupazione: la linea di demarcazione tra la cultura e l’intrattenimento si sta sempre di più sbiadendo, col risultato che sempre più spesso eventi di puro intrattenimento vengono spacciati per produzione culturale, che è invece tutt’altra cosa.
Occupandomi di cinema, so bene quanto sia difficile tracciare un nitido confine tra l’intrattenimento e la cultura. Neanche la mia nicchia - il “cinema indipendente” può essere ritenuta una categoria del tutto valida a fare da spartiacque. L’industria cinematografica produce film assai belli, e di notevole spessore culturale. Allo stesso modo, film indipendente o d’essai non significa necessariamente film noioso o sfigato: può far divertire, o commuovere, o intrattenere, senza per questo perdere la sua qualità culturale.
ul suo profilo dfacebook, Teresa Maria Rauzino lancia l’allarme:
Lo stesso discorso può essere fatto, pari pari, per altri generi d'arte quali il teatro o lo spettacolo: con l’avvertenza che - essendo per loro natura non industriali - anche il puro intrattenimento produce significative ricadute culturali. Penso - per esempio - all’intensa attività teatrale che si svolge a Foggia in lupghi di confine (le sale parrocchiali, piazza mercato), all'insegna di un teatro dialettale o popolare che potrà far storcere il naso ai puristi, ma che è la sola offerta culturale rivolta alle periferie ed ha perciò una valenza culturale (e civica) di altissimo profilo.
Resta però l'impressione che tutto questo votarsi alla dimensione dell’intrattenimento (quella che come sottolinea giustamente Teresa maggiormente solletica gli assessori al turismo) stia penalizzando la dimensione propria della cultura, fatta di ricerca, riflessione, elaborazione intellettuale, pensiero, scrittura.
Scrivere un libro - in termini di ricerca d’archivio, tempo da dedicare, attività di editing - stamparlo, pubblicarlo, presentarlo al pubblico, implica costi che stanno diventando insostenibili, perché i ricavi saranno inferiori alla spesa e sono venuti del tutto a mancare quei contributi pubblici che rendevano meno proibitiva l’impresa.
Lo stesso discorso vale per convegni veri, che non siano quelli puramente celebrativi che punteggiano le cronache culturali, peraltro sempre più radi. Convegni in cui di possano studiare e dibattere i problemi. Il social network può offrire spazi di discussione, di confronto ma non di studio, di approfondimento così come un buon convegno riesce a fare.
Come affrontare il problema? Non lo so, però mi semgra sia il caso di tornare a investire in termini di creatività. Inventare momenti che si pongano a confine tra intrattenimento, cultura, socializzazione e che non siano effimeri, nel senso che aprano una strada, indichino una direzione, una prospettiva.
Un caso di eccellenza, che potrebbe diventare un modello, giunge da una recente iniziativa (Labor-iamo da Milly)di cui è stata protagonista proprio Teresa Maria Rauzino, assieme a Rosanna Santoro, a Rodi Garganico.
Nella splendida location della gelateria-caffetteria “Mediterraneo Delicadezas”, le due donne hanno riunito poeti, scrittori, artisti e musicisti originari o in qualche modo legati al Gargano (Valerio Agricola, Maria Mattea Maggiano, Luigi Rodio, Vincenzo Campobasso e Pino Veneziani) ed hanno intrecciato i loro linguaggi e la loro creatività, attorno a tre parole chiave: Amore, Gargano, Viandante.
Ne è venuta fuori una performance inattesa e stimolante, una jam session tra versi, parole, musica e immagini che ha dimostrato come si possa produrre cultura e arte partendo da elementi poveri ma preziosi come il talento, la voglia di stare insieme e di creare insieme, condividendo le emozioni.
La contaminazione di linguaggi e gli intrecci creativi così sapientemente stimolati da Rauzino e Santoro (che hanno anche condotto la serata) hanno dato vita ad una poesia che è essa stessa racconto di quanto è accaduto: tempo che diventa versi, e si consegna così alla posterità; un seme posto ormai a dimora, che potrebbe portare ad un nuovo modello di evento:
“Donne nere piangono
Altre cantano l’amore sofferto
I dipinti suonano con i loro bianchi rossi e blu
Nell’orecchio i versi di tanka e di haiku.
Io viandante
In una perla del Gargano
La sera del 13 agosto
Ho visto la pittura farsi suono
La musica diventare poesia”.
A cogliere con nitidezza il senso e la portata di quanto è successo a Rodi, Leonarda Crisetti in un articolo in cui ha sottolineato come la serata abbia offerto "l’immagine dell’altro Gargano. Quello che apre la porta ai nuovi talenti i quali intendono esprimere con il linguaggio poetico, musicale e iconografico le suggestioni che la terra di Puglia, il Gargano, l’amore, sanno stimolare."
Insomma una esperienza non solo da ripetere, ma da proporre come modello di un nuovo possibvile intreccio tra cultura, intrattenimento, condivisione.
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