Il foggiano Giordano conquista l'America
Cari amici e cari lettori,
il titolo della lettera meridiana che state leggendo è spudoratamente falso. O se preferite del tutto anacronistico, e volutamente provocatorio.
È vero che il "foggiano" (Umberto Giordano) ha conquistato l'America. Ma non certo oggi o ieri. È accaduto tanto tempo fa. Perché dunque dedicargli un titolo che fa sembrare che la cosa sia accaduta in questi giorni, per giunta omettendo il nome in modo da evocare una possibile omonimia con un Giordano nostro contemporaneo?
L'ho fatto un po' per indurre i foggiani a riflettere con maggior attenzione sull'enorme statura artistica e culturale del loro concittadino, un po' per correggere un parziale errore che ho commesso nel post precedente, in cui parlavo della bellezza straordinaria delle opere di Giordano e di come esse non soltanto vengano rappresentate a Foggia, ma nemmeno suonate, cantate, fischiettate.
Ho detto in quella occasione che la romanza La mamma morta cantata dalle voce divina di Maria Callas fa parte della colonna sonora dell'indimenticabile film di Jonathan Demme, Philadelphia.
Non è vero. O almeno, è solo parzialmente vero. La mamma morta non soltanto fa parte della colonna sonora di Philadelphia, ma ne rappresenta un elemento narrativo importante.
Nella struggente sequenza - che mi è stata rammentata da Marco Carella (lo ringrazio molto) - Andrew Beckett (Tom Hanks) ascolta il brano dell'Andrea Chenier di Giordano, traducendone i versi all'avvocato Joe Miller (Denzel Washington). È quasi un'esegesi che rivela all'avvocato a al pubblico l'umanità straordinaria di Andrew, ammalato di Aids.
È la mia aria preferita - dice Beckett -. È l'Andrea Chenier. È Umberto Giordano. Sta dicendo come durante la rivoluzione francese i rivoltosi diedero fuoco alla sua casa e sua madre morì. Sentila: dice il luogo che fu la mia culla sta bruciando, così fui sola... Riesci a sentire l'angoscia nella sua voce? Riesci a sentirla. Joe? Adesso entrano gli archi e cambia tutto quanto. La musica è invasa dalla speranza. E ora cambia di nuovo. Ascolta: porto sventura a chi bene mi vuole. Oh, quell'assolo di violoncello. Fu in quel dolore che a me venne l'amore... Una voce piena d'armonia che dice vivi ancora... Io sono la vita. Il cielo è nei tuoi occhi... Tutto intorno è soltamente fango e sangue. Io sono l'oblio, io sono il dio che scende dai cieli sulla terra per fare della terra un cielo. Io sono l'amore, sono l'amor...
L'interpretazione di Tom Hanks ha dello straordinario, tanto è intensa e piena di pathos. Non è da meno Denzel Washington che riesce a recitare soltanto con lo sguardo. All'inizio è distratto, guarda l'orologio seccato. Alla fine è del tutto coinvolto e commosso.
Giordano dà anima e spessore ad una delle sequenze più belle del film. Una ragione di più per amarlo, ed esserne orgogliosi.
Ecco la sequenza giordaniana di Philadelphia. È il più grande omaggio che sia mai stato reso al maestro foggiano.
Guardatela, ascoltatela, amatela, condividetela, commuovetevi senza ritegno.
il titolo della lettera meridiana che state leggendo è spudoratamente falso. O se preferite del tutto anacronistico, e volutamente provocatorio.
È vero che il "foggiano" (Umberto Giordano) ha conquistato l'America. Ma non certo oggi o ieri. È accaduto tanto tempo fa. Perché dunque dedicargli un titolo che fa sembrare che la cosa sia accaduta in questi giorni, per giunta omettendo il nome in modo da evocare una possibile omonimia con un Giordano nostro contemporaneo?
L'ho fatto un po' per indurre i foggiani a riflettere con maggior attenzione sull'enorme statura artistica e culturale del loro concittadino, un po' per correggere un parziale errore che ho commesso nel post precedente, in cui parlavo della bellezza straordinaria delle opere di Giordano e di come esse non soltanto vengano rappresentate a Foggia, ma nemmeno suonate, cantate, fischiettate.
Ho detto in quella occasione che la romanza La mamma morta cantata dalle voce divina di Maria Callas fa parte della colonna sonora dell'indimenticabile film di Jonathan Demme, Philadelphia.
Non è vero. O almeno, è solo parzialmente vero. La mamma morta non soltanto fa parte della colonna sonora di Philadelphia, ma ne rappresenta un elemento narrativo importante.
Nella struggente sequenza - che mi è stata rammentata da Marco Carella (lo ringrazio molto) - Andrew Beckett (Tom Hanks) ascolta il brano dell'Andrea Chenier di Giordano, traducendone i versi all'avvocato Joe Miller (Denzel Washington). È quasi un'esegesi che rivela all'avvocato a al pubblico l'umanità straordinaria di Andrew, ammalato di Aids.
È la mia aria preferita - dice Beckett -. È l'Andrea Chenier. È Umberto Giordano. Sta dicendo come durante la rivoluzione francese i rivoltosi diedero fuoco alla sua casa e sua madre morì. Sentila: dice il luogo che fu la mia culla sta bruciando, così fui sola... Riesci a sentire l'angoscia nella sua voce? Riesci a sentirla. Joe? Adesso entrano gli archi e cambia tutto quanto. La musica è invasa dalla speranza. E ora cambia di nuovo. Ascolta: porto sventura a chi bene mi vuole. Oh, quell'assolo di violoncello. Fu in quel dolore che a me venne l'amore... Una voce piena d'armonia che dice vivi ancora... Io sono la vita. Il cielo è nei tuoi occhi... Tutto intorno è soltamente fango e sangue. Io sono l'oblio, io sono il dio che scende dai cieli sulla terra per fare della terra un cielo. Io sono l'amore, sono l'amor...
L'interpretazione di Tom Hanks ha dello straordinario, tanto è intensa e piena di pathos. Non è da meno Denzel Washington che riesce a recitare soltanto con lo sguardo. All'inizio è distratto, guarda l'orologio seccato. Alla fine è del tutto coinvolto e commosso.
Giordano dà anima e spessore ad una delle sequenze più belle del film. Una ragione di più per amarlo, ed esserne orgogliosi.
Ecco la sequenza giordaniana di Philadelphia. È il più grande omaggio che sia mai stato reso al maestro foggiano.
Guardatela, ascoltatela, amatela, condividetela, commuovetevi senza ritegno.
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