Chi si ricorda di Giuseppe Di Vittorio?
Un anonimo lettore ha depositato un commento quanto mai significativo (e amaro) sotto alla lettera meridiana in cui davo notizia del recupero e della ricollocazione, davvero a tempo di record, del cippo che ricorda, nella campagna tra Cerignola e Orta Nova, il primo luogo di lavoro di Giuseppe Di Vittorio.
Partendo proprio da quel fazzoletto di terra e dal duro lavoro nei campi, il giovanissimo bracciante, che dedicò tutta la sua vita all'emancipazione delle classe lavoratrici, sarebbe diventato di lì a qualche decennio un esponente di primo piano del movimento sindacale italiano e internazionale, guidando la Cgil e la Federazione sindacale mondiale.
Il cippo era stato restaurato qualche anno dalla Flai Cgil, l'associazione di categoria dei lavoratori agricoli della Cgil, che vide dirigente Di Vittorio. Durante le festività pasquale ignoti vandali l'avevano divelto e fatto a pezzi. La Flai è nuovamente intervenuta, ripristinando dopo qualche ora la preziosa testimonianza.
L'anonimo lettore racconta, nel suo commento, un episodio che ha del paradossale: "È difficile oggi - scrive - capire quegli eventi, quei personaggi e quei sacrifici. Assurdo: a una studentessa universitaria è stato detto di essere conterranea di Di Vittorio...
Di Vittorio chi? ha risposto la studentessa... Oggi, purtroppo, i giovani non sono aiutati a recuperare la loro memoria, la memoria della loro storia e della loro terra... "
Condivido in tutto e per tutto quanto scrive l'amico lettore. Non è la stuentessa a dover essere tacciata di ignoranza, ma il contesto civile e culturale che consente la rimozione della memoria, e la conseguente perdita di identità. È la storia che custodisce la memoria, ed è la memoria che sprigiona l'identità singola e collettiva.
All'origine del vandalismo c'è sempre una crisi d'identità. Se sento come cosa mia un cippo, una lapide, un monumento, difficilmente lo imbratterò o lo farò a pezzi.
Partendo proprio da quel fazzoletto di terra e dal duro lavoro nei campi, il giovanissimo bracciante, che dedicò tutta la sua vita all'emancipazione delle classe lavoratrici, sarebbe diventato di lì a qualche decennio un esponente di primo piano del movimento sindacale italiano e internazionale, guidando la Cgil e la Federazione sindacale mondiale.
Il cippo era stato restaurato qualche anno dalla Flai Cgil, l'associazione di categoria dei lavoratori agricoli della Cgil, che vide dirigente Di Vittorio. Durante le festività pasquale ignoti vandali l'avevano divelto e fatto a pezzi. La Flai è nuovamente intervenuta, ripristinando dopo qualche ora la preziosa testimonianza.
L'anonimo lettore racconta, nel suo commento, un episodio che ha del paradossale: "È difficile oggi - scrive - capire quegli eventi, quei personaggi e quei sacrifici. Assurdo: a una studentessa universitaria è stato detto di essere conterranea di Di Vittorio...
Di Vittorio chi? ha risposto la studentessa... Oggi, purtroppo, i giovani non sono aiutati a recuperare la loro memoria, la memoria della loro storia e della loro terra... "
Condivido in tutto e per tutto quanto scrive l'amico lettore. Non è la stuentessa a dover essere tacciata di ignoranza, ma il contesto civile e culturale che consente la rimozione della memoria, e la conseguente perdita di identità. È la storia che custodisce la memoria, ed è la memoria che sprigiona l'identità singola e collettiva.
All'origine del vandalismo c'è sempre una crisi d'identità. Se sento come cosa mia un cippo, una lapide, un monumento, difficilmente lo imbratterò o lo farò a pezzi.
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