Quella volta che Giordano litigò con Foggia

Il rapporto tra Foggia e i suoi figli più illustri non è mai stato facile. Si racconta che lo stesso Umberto Giordano, all’inizio della sua sfolgorante carriera, decise di tagliare i ponti con la sua città natale, indispettito dalla maleducazione e dallo scarsa stima dei foggiani nei suoi confronti.
La storia è nota. Meno noto è però l’epilogo, che mi è stato riferito da quello scrigno straordinario di memorie e di storie foggiane che è stato Gaetano Matrella.
Grande giornalista e scrittore, Matrella non è stato soltanto un cultore giordaniano di tutto rispetto. Sua madre era legata da rapporti di profonda amicizia con la famiglia del maestro, che frequentava assiduamente. Una tale fonte rende quindi del tutto attendibile la versione della vicenda che mi è stata raccontata dal buon Gaetano.
Nonostante siano passati ormai più di 120 anni, l'episodio è divenuto una leggenda metropolitana, se ne trova traccia perfino su Wikipedia.
Almeno per quanto riguarda il modo con cui si svolsero i fatti, non c’è nulla di particolarmente originale in quanto sto per raccontarvi. Quello che pochi sanno riguarda invece la vera motivazione che spinse il Maestro a piantare in asso una serata in suo onore.
Teatro dell’incidente fu la sede del più esclusivo ed aristocratico club cittadino, il Circolo Daunia, i cui soci avevano deciso di organizzare una serata in onore del musicista, reduce dal successo ottenuto dalla rappresentazione della sua prima opera, Mala vita

Il Maestro era ancora molto giovane. Aveva trentacinque anni, e si era appena diplomato al conservatorio di S. Pietro a Majella a Napoli. Mala vita era stata salutata da pubblico e critica come un autentico sasso gettato nell’acqua stagnante del melodramma italiano, che si apprestava a vivere la straordinaria stagione del verismo,  scuola di cui Giordano sarebbe divenuto uno dei maggiori esponenti e che avrebbe scritto una delle più felici stagioni della lirica mondiale. 
Dopo le prime applauditissime rappresentazioni a Roma, Vienna e Praga, l’opera cadde clamorosamente a Napoli forse perché il pubblico partenopeo non si ritrovò nelle crudissime scene di vita quotidiana rappresentate dal libretto di Nicola Daspuro, che l’aveva tratto dalle Scene popolari napoletane di Salvatore Di Giacomo e Goffredo Cognetti. 
Le polemiche furono tali da indurre Daspuro  e Giordano ad apportare sostanziali modifiche all’opera, che tornò in scena cinque anni dopo, in una versione molto meno aggressiva dal punto di vista narrativo, intitolata Il voto.
Ma torniamo a Foggia, e alla serata al Circolo Daunia. 
Il maestro era stato invitato ad eseguire alcuni brani di Mala vita al pianoforte. Dopo aver suonato alcuni pochi pezzi, però,  si alzò, prese cappello e abbandonò il circolo, secondo alcuni lamentando la scortesia del pubblico e promettendo che non sarebbe mai più tornato nella sua ingrata città d’origine.
Cos’era successo di così grave da indurre il musicista ad un gesto così clamoroso? Secondo la leggenda metropolitana, mentre eseguiva al piano Mala vita, Giordano si era accorto che alcuni membri del circolo continuavano a giocare a carte, disinteressandosi completamente dell’esibizione.
Può darsi che, effettivamente, il pubblico del Circolo Daunia non avesse manifestato un particolare calore nei confronti dell’illustre concittadino. Però Gaetano Matrella ha sempre confutato la tesi della presunta sfuriata di Umberto Giordano. È vero che il maestro lasciò a metà la serata organizzata in suo onore, ma per una ragione ben diversa da quella passata alla storia.
Secondo quanto mi raccontò a suo tempo Matrella, precisando che queste notizie provenivano direttamente dalla famiglia del musicista, a provocare la fuga di Giordano fu…. un peccato di gola. 
Sapendo del suo ritorno a Foggia un amico l’aveva invitato a cena a casa, promettendogli che gli avrebbe fatto preparare il piatto di cui il musicista andava particolarmente ghiotto: le orecchiette col sugo. Il maestro aveva fatto presente all’amico l’impegno serale, ma aveva promesso che avrebbe fatto il possibile per partecipare alla cena.
A questo punto immaginate Giordano tentato da quel piatto di orecchiette preparato apposta per lui, che solleva lo sguardo dalla tastiera e si accorge di quelli che anziché ascoltarlo, giocano a carte: l’incidente diplomatico è stato - secondo la tesi di Matrella - un pretesto per salutare e concedersi l’agognata degustazione del suo piatto preferito.
Secondo Gaetano, non vi furono diverbi, né anatemi lanciati da Giordano verso la sua città, alla quale rimase sempre legato, anche se il disinteresse degli incalliti giocatori del circolo dovette rammaricarlo, e non poco. 

Può darsi che la portata dell’incidente sia stata amplificata dai soci “colti” del Circolo Daunia, per stigmatizzare il comportamento poco urbano dei loro consociati. Però ne è scaturito uno stereotipo ormai più che secolare, che in un certo senso ricorda le polemiche dei giorni scorsi sul presunto sgarbo commesso da Renzo Arbore verso la sua città  natale, durante l'esibizione a Sanremo. 
Sarebbe il caso di ridimensionare queste vicende.

Commenti

Tommaso Palermo ha detto…
Geppe, hai ridestato con mio piacere l’attenzione su un aspetto da sempre molto discusso sulla figura di Giordano. Lo studioso Antonio Vitulli, nel suo studio sui teatri foggiani accenna di sfuggita all’episodio, rimandando alle pagine di Daniele Cellamare per approfondire questo aspetto. Quest’ultimo, autore di una biografia di Giordano del 1967, non ha mancato di inserire nelle proprie pagine lo “scomodo” episodio. L’amico Giuseppe d’Angelo, su mio invito, lo ha prontamente individuato e lo posto qui per l’attenzione e la curiosità di tutti:
“Umberto Giordano […] fa una capatina nella sua Foggia, non più come giovincello e studente di Conservatorio, ma come operista con tanto di crisma: viene invitato per essere festeggiato nelle sale del Circolo «Dauno », sovrastante il Teatro omonimo, incontro dei Cittadini in vista, e, come sempre avviene, è pregato insistentemente - attorniato da una folla di estimatori e di amici e di personalità in preda a entusiasmo infuocato - di fare sentire le migliori «arie» di Mala Vita al piano.
Egli, prima recalcitrante, come era nel suo carattere, finì con l'aderire […].
Alle note finali dié tutto l'animo e quando pensa di vedersi subissato di applausi, di evviva, di osanna e di ... abbracci, resta agghiacciato da un silenzio mortificante.
Che sarà mai? - pensa. Forse nella mia terra la mia musica non piace ...
Alza gli occhi dalla tastiera ... accenna ad alzare la testa per vedere in faccia coloro che gli erano più da presso, ma ... - ahimé! –
nessuno intorno a lui di quanti si erano accalcati prima.
Gira il capo, si accorge che tutti sono negli angoli del salone, alle prese con un incatenante «tressette»; si sente esterrefatto ...,
fa scivolare il cappello dal pianoforte nelle sue mani, e mogio mogio, inosservato, si precipita per le scale.
Quelli continuarono a giuocare a carte. L'avvilito giovane si porta a casa Capozzi [dov’era ospite, ndr], in fondo a Via Arpi, vede la Signora al balcone, incinta, e, appressandosi, piega le braccia, in conserto, e sentenzia: «Signora, su quel nascituro , fra me e Foggia, finisce ogni rapporto... ».
E fu un giuramento non campato in aria, se è vero come è vero che si tenne lontano, in tutti i modi, per ben 36 anni!”.
Descrive la fine dei dissapori storici fra il Maestro e la sua Foggia Gherardo Ghirardini, nell’opera “Grandi operisti italiani” (a cura di Giuseppe Barigazzi, edizioni san Paolo 1996):“Indubbiamente è guerra e sgelare la situazione costerà non poca fatica, per non dire del tempo. L'interessamento di un uomo politico locale […] riuscirà a strappare al maestro una specie di armistizio, ma la vera e propria pace verrà raggiunta solo
nel 1928, esattamente trentasei anni dopo. Sarà infatti l'inaugurazione del monumento ai caduti da parte di re Vittorio Emanuele III a consentire al compositore di riconciliarsi con la propria città, rivedendo con commozione i luoghi della giovinezza. E non basta. Una spettacolare fiaccolata suggellerà l'evento «a suprema gioia» del musicista che con orgoglio è ritornato a sentirsi foggiano”.
Una curiosità alimentare su Giordano la raccolgo, invece, da un giornale d’epoca in mio possesso: è il numero della Domenica del Corriere del 18 novembre 1934 che, in un’ articolo di Luciano Ramo riporta un capriccio d’artista: il gelato pomeridiano, passione di Giordano, consumato fra le 16 e le 17. I gusti preferiti dal foggiano? Cassata e plombières (vaniglia con frutta candita).

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