Fuggi da Foggia? No, sono in tanti a voler restare...

Foggia, andarsene o restare? Fuggire o ritornare? Il tema è caldo, appassiona e fa discutere gli amici e i lettori di Lettere Meridiane, che stanno dando vinta ad un intenso e consapevole confronto. 
Tanti commenti al post pubblicato ieri, emblematicamente intitolato Foggia, fuggire o restare.
Apre le danze Cristina Consales, fondatrice del gruppo Foggia ricordi del cuore (per inciso, il crescente successo che stanno incontrando gruppi come il suo, o come Foggia sparita o Foggia com’era testimoniano un amore verso la città difficile da cogliere nel quotidiano tran tran del social network, nelle polemiche e nei veleni che spesso lo intridono.

Scrive Cristina: “Geppe leggendo le tue riflessioni mi rivedo nel mio modo di pensare per quanto riguarda la nostra bellissima città, la nostra mentalità e condizione. È vero per amare Foggia bisogna allontanarsi per qualche periodo e ritornarci. Foggia è paragonabile ad una bellissima donna che negli anni si è imbruttita e deturpata grazie, alla mano di personaggi che hanno fatto il buono ed il cattivo tempo. Essi hanno agito in quanto la maggior parte del popolo foggiano è passivo e si affida a questa gente con l'attenuante del clientelismo. Condivido in pieno la definizione della personalità del foggiano nel lasciarsi andare e definirsi come l'ultimo degli ultimi o, al contrario, lasciarsi prendere dal troppo entusiasmo come un fuoco di paglia. Alla fine si ha sempre un comportamento che non porta da nessuna parte. Giustamente, occorre cominciare ad uscire fuori da questo modo di pensare. I nostri ragazzi non hanno futuro e tra qualche anno finito il loro corso di studi andranno via tutti.”
Sul tema torna Salvatore Il Grande: “È vero, per amare Foggia devi allontanarti, come è capitato a tanti ed anche a me. Solo allora comprendi cosa hai lasciato. Ricordo, nelle mie quotidiane e normalissime preghiere, che mi dicevo: Madonna bèlle nen vogghije 'a recchèzze, na sola cose t'addummanne....famme turnà 'a Fogge.”
La nostalgia è il filo rosso che collega molti degli interventi. Come quello di Luigi Marmorino: “anch'io 10 anni al nord stesse considerazioni. " 'U Cappellone è sèmbe 'u cappellone , chì nu tèn sà dà sunnà " .
Lucia Di Stefano preferisce affrontare invece il problema della prospettiva di chi decide di restare: “Molto interessante. Bisognerebbe divulgare fattivamente questi argomenti, coinvolgendo i giovani. Le rivoluzioni vere partono istruendo i bambini con attività culturali e creative adatte. Insegnare loro ad essere dei buoni cittadini da piccoli... Non so forse la mia è un'utopia.”
Non è un’utopia, anzi. Ridurre a scuola l’insegnamento dell’educazione civica è stato un grave errore. Anche se il problema non è tanto insegnare o apprendere l’educazione civica. È respirare educazione civica. Solo così si costruisce la polis.
E per fortuna sono in tanti, ad averi deciso di restare. Come Michele Lauriola che invita a farci carico tutti del futuro della città: “A Foggia si potrebbe vivere ancora meglio se… Allora è opportuno restare a Foggia ed io ci resto.” È più o meno lo stesso parere di Nuova Angela Serenità: “io ci resto perché spero che qualche persona intelligente e corretta sia rimasta....e spero anche che ci sia la possibilità di migliorare tutto in una città dove non funziona niente.”
Gino Longo, artista e acuto osservatore delle cose cittadine, la prende con un po’ di filosofia: “Che ricordi, è sempre stato così. Mi sono fatta una idea personale: nel DNA dei foggiani, c'è una Foggia importante, ricca economicamente e ricca di istituzioni, così come lo è stata dal medioevo all'ultimo dei Borbone. Non per sindrome di megalomania, per riconquista dei fasti perduti e ritrovarsi a rincorrerli. Non a caso ha tanti vecchi primari Pugliesi e rispetto ad altre città delle regioni limitrofe: uno dei primi teatri, una delle prime ferrovie, aeroporto, ippodromo, camera di commercio, banca, capoluogo ( Foggia è stata capoluogo di Capitanata, Abruzzo e Molise) ed altro ancora.
Imma Basile condivide il pensiero di un “emigrato alla rovescia” come Federico Massimo Ceschin: “credo che  abbia fatto l'analisi più vicina alla verità.”
E gioverà a questo punto ricordare la citazione di Ceschin, che anche io condivido in tutto e per tutto: “Voi avete due vizi antichi che rappresentano i più seri vincoli allo sviluppo. O vi buttate giù del tutto, vi considerate i peggiori, gli ultimi, oppure vi esaltate a dismisura, irragionevolmente. L'uno e l'altro atteggiamento tradiscono un fatalismo che non porta da nessuna parte: occorre che quello che non funziona vada fatto funzionare, e che quel che è bello e positivo non ci si limiti a contemplarlo, ma lo si difenda e lo si consolidi."
Concetta Gilda Di Bello si sofferma sulla citazione  della splendida Lettera di un foggiano a Pisa, di cui parlavo nel post: “il giornalista Leonardo Ferrante, ha fatto un'analisi perfetta del vero Foggiano che emigra, ma che non dimentica le sue radici.”

Lilly Ferrante conclude con una appassionata (e del tutto condivisibile riflessione): “Questo è un articolo molto duro, ma purtroppo è un'analisi spietata, ma veritiera su come ci giudicano in altre città. Ricevere uno schiaffone in pieno viso, fa male, doppiamente quando chi legge, pensa di non meritarlo...perché ovviamente i truzzi e i cafoni li trovi in ogni luogo, noi forse abbiamo la colpa di crescerne troppi... Come dice Leonardo Ferrante, andare via dalla propria città per un periodo più o meno lungo, ti porta a confrontarti con diverse realtà cittadine e riesci con un ottica diversa ad inquadrare i problemi della tua città. Per diverse ragioni, lavorative e affettive ho viaggiato e viaggio spesso e ogni volta che saluto i gestori dei vari alberghi di diverse città italiane, mi sento ripetere che non sembro una Foggiana, ovviamente la cosa mi dispiace e ribadisco che come me e la mia famiglia di belle persone la nostra città ne è piena e sperando in loro mi auguro che i lenti passi di miglioramento che la nostra città sta compiendo si trasformino in una bella maratona verso la risalita... Condivido e lo indosso come un abito il pensiero di Federico Massimo Ceschin dobbiamo smettere di piangerci addosso, far risalire la nostra autostima, risolvendo i nostri problemi, valorizzando ciò che abbiamo di bello e di buono e non permettere a nessuno di calpestarci "truzzi e cafoni compresi" Bravo Geppe Inserra, complimenti."

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