Lauriola: "Primarie del Pd, segno di tempi"
Permettetemi di esternare un’impressione: il meccanismo
delle primarie (più o meno forzosamente verticistico e dirigistico, come ho
avuto modo di osservare in un’altra lettera meridiana) ha accentuato l’impoverimento della elaborazione politica in periferia. Con il rischio che le decisioni
che contano saranno sempre più centralistiche e che i cosiddetti territori
contino sempre meno.
Le mie preoccupazioni sono in qualche misura condivise da
Michele Lauriola, inguaribile (ma necessario) sognatore e tessitori di reti a
sostegno dello sviluppo possibile della nostra terra, fondatore di ProCapitanata.
È stato tra i pochi a raccogliere la provocazione che avevo
lanciato in quel post.
Riflettendo sulla perplessità che già in quell’occasione
avevo manifestato, più che sulle primarie sui meccanismi con cui si svolgono (le
liste bloccate con cui vengono eletti i gruppi
dirigenti locali sanno tanto del peggior porcellum), Lauriola osserva: “le primarie sono il segno dei tempi. A Milano si è celebrata la investitura di una nuova governance' del
CS, Renzi, Cuperlo, Civati. Un triunvirato che , speriamo, possa riuscire a
segnare il passaggio generazionale da una società che ha generato progresso ad
una società che sta subendo il progresso. Il 67, grazie ad una nuova
generazione di giovani figli della classe proletaria, fu determinante per
innescare la scintilla del progresso e, quindi, del benessere. Oggi, noi che
abbiamo vissuto quella esperienza ci auguriamo che questi figli vissuti nel
benessere siano capaci di innescare la scintilla per non subire il progresso
che sta generando degrado e, quindi. povertà intesa in senso lato. Tutte le
rivoluzioni culturali, però, per essere efficaci devono partire dai territori,
dalle periferie.
Purtroppo, proprio, nei nostri territori dove più forte si
avverte quello che Papa Francesco dice nel suo documento: questa economia
uccide fa prevalere la legge del più' forte, dove il potente mangia il più'
debole, non si sono percepiti con le primarie segnali di questo cambio
generazionale. Nelle piazze virtuali si avverte ancora forte la nuova tirannia
virtuale.”
Sono molto d’accordo con quanto scrive Michele: il dibattito
politico non può essere agito a colpi di cinguettii su facebook o su twitter. Ha bisogno di spessore, profondità. Di testa e di cuore.
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