L'ennesimo stop del Lisa. È mancata una cabina di regia

Sono poche le certezze, nell’ennesimo, amaro capitolo della telenovela dell’aeroporto di Foggia. Il solo dato di fatto dal quale partire è lo stop imposto da Aeroporti di Puglia alla gara d’appalto per l’allungamento della pista. Il resto appartiene ai si dice, ai timori, alle impressioni.
La sensazione è che a determinare la frenata  da parte della società aeroportuale pugliese siano state cause diverse, e non soltanto la paura dell’avvio di una possibile procedura d’infrazione dall’Unione Europea nei confronti della Regione Puglia, per il sospetto di possibili (ed indebiti) aiuti di Stato. Dev’esserci stato dell’altro, per indurre l’ente appaltante a congelare la procedura, soltanto qualche giorno prima della scadenza, fissata al 20 novembre.
Riflettiamo. Adp avrebbe potuto benissimo attendere la scadenza del bando, e successivamente frenare sulla procedura di aggiudicazione. La prudenza della società di gestione degli aeroporti pugliesi dev’essere dunque dovuta anche ad altri fattori. A mezza voce si sente parlare di vizi, che non sarebbero soltanto di forma, ma anche di sostanza. Si accennano criticità legate anche alle prescrizioni imposte dalla Regione Puglia al Comune di Foggia (l’adeguamento del Piano dei Tratturi e delle infrastrutture che sorgono a ridosso dello scalo), che sarebbero assai meno banali di quanto non fosse sembrato in un primo momento.

Ma soprattutto bisogna tener presente che sull’intera procedura grava come un macigno l’assenza di una positiva Valutazione d’Impatto Ambientale da parte del competente ministero. L’iter della gara era  stato avviato in pendenza della VIA, forse nella speranza che il tanto sospirato disco verde giungesse durante la fase di apertura del bando. C’è chi sostiene che il ritardo ministeriale non sia dovuto a ragioni burocratiche ma a questioni tecniche di un certo peso. Che succederebbe nel caso in cui la VIA contenesse prescrizioni tali da imporre una rimodulazione del progetto? Che nella migliore delle ipotesi bisognerebbe rifare tutto daccapo.
Non si tratta, dunque, di peli dell’uovo ma di intoppi più consistenti che rilanciano la questione nevralgica dell’aeroporto: l’assenza di una cabina di regia,  in grado di dettare i tempi di un iter che è fatalmente complesso, coinvolgendo tanti soggetti e tanti livelli istituzionali e mettendo in gioco una parte non trascurabile degli assetti urbanistici e funzionali del capoluogo.
Il timore dell’apertura di una procedura d’infrazione ad iniziativa dell’Unione Europea è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il sospetto di indebiti aiuti di stato nascerebbe dal fatto che, diversamente da quanto accaduto per gli aeroporti di Bari  e di Brindisi, il progetto foggiano prevede un ampliamento del sedime aeroportuale, cosa che a Bruxelles vedono come il fumo negli occhi, per la paura che il “potenziamento” di uno scalo (utilizzando finanziamenti europei) possa alterare gli equilibri del libero mercato  e della libera concorrenza, spostando volumi di traffico e quindi profitti da uno Stato a vantaggio di un altro.
Nel caso del Lisa, viene quasi da sorridere pensando che l’ampliamento del sedime, che serve ad allungare la pista, possa avere chissà quali ripercussioni sugli equilibri e sui movimenti di uomini e merci a livello europeo.
Il caso di Lipsia, più volte citato in questi giorni, somiglia a quello di Foggia più nella forma che non nella sostanza. Nella città tedesca è successo che l’ampliamento dell’aeroporto ha consentito la creazione di un hub per le merci che ha penalizzato lo scalo di Bruxelles, ingenerando il sospetto di una concorrenza sleale della Germania ai danni del Belgio (anche se poi la procedura d’infrazione ha riguardato una vicenda tutto sommato marginale, ovvero l’utilizzo dei finanziamenti per la formazione del personale di un vettore che opera nell’aeroporto).
Il che significa che non dovrebbe essere difficile convincere le autorità comunitarie sull’inoffensività del progetto che riguarda Foggia. Ammesso che nel frattempo si riesca a dipanare il resto della matassa, più che mai intricata.

Commenti

Gino Lisa, ok! Ma guardiamo oltre

Aeroporto Gino Lisa e Zona Ind.le ASI, due asset della Capitanata molto importanti per lo sviluppo dell’economia locale e naturalmente del lavoro. Nulla contro il Gino Lisa ma credo che il vero business si dovrebbe fare con l’incentivazione della zona ASI contestualmente alle infrastrutture presenti e che si faranno nella zona industriale di Foggia. Ecco perché sono del parere che l’aeroporto dovrebbe essere “pensato” e poi realizzato in quell’area, semmai riprendendo aree già provviste delle minime infrastrutture presenti lasciate nel dopo guerra. La pista di B.go Mezzanone è una di quelle.
Naturalmente li è attivo un campo d’accoglienza, il più grande d’Europa e dove l’UE foraggia con soldini spesso “distrattamente” persi nei rivoli della politica e della burocrazia. In quell’area tra non molto saranno attive infrastrutture importanti, il secondo casello autostradale, un mega centro commerciale, il polo intermodale ferroviario.
Come pure, e non dimentichiamolo nella zona ASi vi sono industrie importanti come l’Alenia, la Fiat-Iveco della Fiat, la Barilla, il pomodorificio, tutte industrie che potrebbero utilizzare un aeroporto con scalo commerciale e che solo li, a B.go Mezzanone, potrebbe sorgere. Un aeroporto che farebbe gola anche a poli industriali vicini come l’Area Ind.le di San Nicola di Melfi -che non è solo Fiat-Sata- e Barilla. Con quel aeroporto si potrebbe incentivare l’export della nostra risorsa maggiore quella ortofrutticola e cerealicola, senza tralasciare il turismo estivo e principalmente quello religioso, semmai con scali internazionali e non nazionali settoriali che offrirebbe il Gino Lisa. Pensiamoci bene poiché gli investors prima di mettere i loro soldi a disposizione del territorio ci pensano bene a queste cose, differenze di far impresa spesso scevre da lobby politiche locali. Resta inteso che il Gino Lisa è un bene per la città ma rimarrà, se si realizzerà, un polo regionale. E questo lo fa intendere tutta questa lentezza nella burocrazia messa in atto dalle politiche di Via Capruzzi che prediligono altre province più competitive poiché sono più competitivi i loro esponenti politici. Figuratevi se non mi piacerebbe riavere il Gino Lisa, altroché; ma dobbiamo aprire gli occhi su future prospettive che dobbiamo crearci da soli, con le nostre infrastrutture, le nostre capacità di fare impresa e lavoro, con i nostri esponenti politici che spero cambino modus operandi verso la Regione Puglia (o Aeroporti di Puglia che sono la stessa cosa…).

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