Congresso Pd, il festival dell'autoreferenzialità
Nino Abate è una bella persona, oltre che un mio fraterno
amico. Cattolico, fine intellettuale e poeta, di cultura umanista e socialista.
Siamo uniti dalla stessa visione della vita, terrena e non, e dalla consapevolezza dell’importanza fondamentale della cultura, come strumento di promozione
sociale ed economica. Ci unisce anche la comune simpatia per il Pd, ma nel
dibattito interno abbiamo assunto spesso posizioni divergenti, com’è successo
alle ultime primarie: lui con Bersani, io con Renzi.
Vedere che all’inizio della stagione congressuale del Pd si
è schierato con Michelangelo Lombardi, renziano della prima ora, è stata per me
una piacevole sorpresa, tanto più che l’ultima cosa che si possa dire di Nino
Abate è che sia uno aduso a saltare sul carro del vincitore. Più spesso gli è
semmai accaduto il contrario: si è trovato in posizioni di minoranza, e da
questa posizione ha sempre combattuto le sue battaglie con onestà e con
coerenza.
Sapete tutti com’è andato a finire il congresso provinciale
del Pd: è stata un’altra occasione perduta per dare senso, anima e prospettiva
al più grande partito del centrosinistra, al di là del risultato che dà ragione
all’avversario di Lombardi, Raffaele Piemontese, ma di strettissima misura e,
soprattutto, con un inquietante e amaro codazzo di veleni e di polemiche.
Con la lucidità di sempre, Nino Abate ha depositato sul
social network, nel bel mezzo del solito includente confronto tra le due
opposte fazioni un amarissimo annuncio, che però fotografa con nitidezza quanto
sta accadendo in seno al Pd: “Sono stufo, mi sento un pesce fuor d'acqua. Salvo
solo Michelangelo Lombardi. Ma non c'è futuro per questo PD. Peccato. Ci avevo
creduto. Good bye.”
Ancora una volta, sono d’accordo con Nino: mi sento anche io
un pesce fuor d’acqua, tanto più che quanto accade in questa provincia dell’impero
che è Foggia, si ripete pari pari al centro: Renzi-Cuperlo guerra dei voti,
titola l’Unità. Ci si accalora sui dati, come se bastasse l’aritmetica a
governare il paese, è il Pd sembra prigioniero più che mai di quel male sottile
che l’ha avvelenato fin dall’inizio: l’autoreferenzialità, l’incapacità di
accorgersi che - oltre le tessere, oltre i circoli, oltre i riti congressuali - c’è un mondo fuori, che vorrebbe si tornasse a
ragionare di politica, al centro come in periferia.
Un mondo di pesci che boccheggiano
perché non sanno nuotare nelle acque stagnanti e melmose di questa politica.
Commenti
Ed è purtroppo vero! Io non mi arrendo. Mi impegnerò con Matteo Renzi e con gli altri innovatori a cambiare il PD per cambiare l'Italia. Giampiero Protano
tutte persone affini sul piano intellettuale ed etico, profondamente inserite, informate, impegnate. ecco, io direi che la discussione avviata e il percorso di ricostruzione del pd di capitanata possa e debba avvenire a partire dai temi e senza alcun dubbio questo è il tema matrice.
queste grida di allarme saranno sentite e fatte oggetto di approfondita, insisitita sincera riflessione?
questa è la domanda.
Credo che Raffaele Piemontese e Michelangelo Lombardi possano iniziare il confronto pubblico a partire da questi spunti di riflessione.