Luce a singhiozzo a Foggia. E noi rassegnati.

Questo pomeriggio, nella zona di Rione Biccari, l’erogazione della corrente elettrica ha subito numerose interruzioni. Non so nel resto della città, ma nel rione dove abito brevi black out hanno imperversato per una buna mezz’oretta mettendo a durissima prova la funzionalità di elettrodomestici, personal computer e relative periferiche, impianti antifurto e hard disk, che come si sa sono particolarmente sensibili ad eventi di questo tipo.
Non è la prima volta che si verificano disfunzioni del genere, che si ripetono anzi con una certa frequenza, senza che il gestore della rete elettrica si sia mai dato la pena di spiegarne le ragioni o di chiedere scusa agli utenti.
Nella società dell’informazione un black out può provocare seri danni: ne sanno qualcosa un paio di miei hard disk danneggiati dalle frequenti interruzioni (in gergo non si chiamano proprio blackout ma drop out e indicano interruzioni di pochi secondi o spesso anche millisecondo: sono più letali dai black out veri e propri). Per non perdere più i dati sono stato costretto a comprare costosi gruppi di continuità.

Mi chiedo cosa succederebbe se tutto ciò avvenisse a Milano. State pur sicuri che il fatto conquisterebbe la copertina dei quotidiani e l’apertura dei telegiornali. Non da noi: siamo rassegnati a servizi pubblici che non funzionano. Rassegnarsi significa rinunciare alla speranza che le cose vadano meglio, che le città e i quartieri funzionino, e così i servizi. Sta anche in questa rassegnazione una delle ragioni dello storico, endemico divario tra Nord e Sud.

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