Il ricordo di Luigi Pinto, Loredana Olivieri e la Cgil, ultima thule
Il monumento a Luigi Pinto (foto di Luca Olivieri) |
Ha ereditato la prima dai nonni, Vincenzo Pizzolo e Carmelina Panico, personaggi di primo piano di quel movimento che portò la federazione comunista e la Cgil di Foggia ad essere tra le più importanti del Mezzogiorno. Ha ereditato la seconda dalla città dov'è nata, dal suo modo impagabile di aderire alle cose e alla vita. Ed è orgogliosa, dell'una e dell'altra.
Loredana è la segretaria provinciale della FLC di Foggia, l'organizzazione di categoria della Cgil che raggruppa i lavoratori della conoscenza: quei professori, quegli insegnanti, quel personale della scuola e dell'università che non s'arrendono al declino del pensiero e continuano a credere che senza cultura il Bel Paese andrà sempre peggio, e bisogna ritrovare gli stimoli ed i valori che fecero dell'Italia la culla del rinascimento.
Loredana e il suo saper essere memoria che pulsa, Loredana e la sua Flc hanno regalato in questi giorni alla città qualcosa di straordinariamente importante, così importante che non è neanche facile metabolizzarla: hanno dimostrato che ricordare si può e si deve; hanno dimostrato che la memoria serve all'identità, che senza coscienza del sé, senza orgoglio dell'identità non c'è presente e nemmeno futuro.
L'hanno fatto ricordando, assieme alla Flc e alla Cgil di Brescia, Luigi Pinto, il professore precario che morì a piazza della Loggia, trentanove anni fa, nella strage fascista. L'hanno fatto con due piccoli gesti, ma che posseggono un enorme valore simbolico: un monumento, posto in viale Pinto, tra l'asilo nido e il mercato comunale e la proiezione del film del regista foggiano Lucio Dell'Accio, Scene di una strage.
Erano anni che a Foggia non veniva inaugurato un monumento. Se la memoria non m'inganna, l'ultimo è stato la Genesi di Deredia, che Antonio Pellegrino volle davanti alla nuova sede della sua Provincia, in via Telesforo, esattamente dieci anni fa.
Il monumento a Gino Pinto, ideato da Michele Sisbarra, è semplice, austero, ma in se stesso provocatorio: una colonna spezzata, come quella di piazza Loggia a fianco della quale Gino Pinto trovò la morte; un orologio le cui lancette segnano la fatidica ora, ma al tempo stesso indicano che il tempo non si ferma, e che proprio per questo non si può dimenticare.
Il film di Lucio Dell'Accio è semplicemente un capolavoro. Ma in questa Puglia, così attenta ad un certo cinema furbo e festivaliero, è passato inosservato, o quasi. Basti dire che pur essendo uscito da un paio di anni, è stato presentato a Foggia solo grazie al coraggio della FLC. Dura circa tre ore, ed è esso stesso un monumento, un monumento alla verità, sempre negata, dello stragismo e della strategia della tensione. I materiali esecutori della strage di piazza Loggia non hanno ancora un nome e un volto, e forse non l'avranno mai. Ma come il film di Dell'Accio spiega con impareggiabile ed incontrovertibile rigore chi sia l'impunito mandante è chiaro: quel coacervo d'interessi, quel "verminaio" (come si sente ripetere nel film) tra pezzi deviati dello stato e servizi segreti internazionali che ordì la strategia della tensione.
L'altra sera sono stato a vedere La grande bellezza di Sorrentino all'Altrocinema. Affisse alle pareti della sala le fotografie di Gianfranco Gesmundo e Gianfranco Piemontese sui funerali foggiani di Pinto che rappresentarono un momento forte, fortissimo di impegno civile e di partecipazione della città.
In sala c'era il pubblico che s'addice a un film tosto e complesso com'è La grande bellezza: professionisti, persone d'una certa cultura e non giovanissime. Persone, insomma, che dovrebbero aver memoria. Poco prima che la proiezione inizi, sento una signora alle mie spalle: "Ma chi è Luigi Pinto?" Resto allibito. Poi le dicono chi è stato Luigi, e la signora guarda le immagini.
Adesso anche lei vede, e sa.
Adesso Foggia vede, adesso Foggia sa. E di tanto va detto grazie, a Loredana e alla sua Flc, al loro coraggio.
Dicono che la Cgil di Foggia sia attraversata da conflitti profondi, dimissioni, venti di crisi. Non lo so, non mi interessa. Per me il sindacato è fede, condivisione e punto, per me la Cgil è l'ultima thule, soprattutto adesso che non abbiamo più un partito.
Non sono mai stato un dirigente: mi piace essere parte del tutto, la sensazione d'essere una cosa sola, dietro lo stesso striscione, camminando nello stesso corteo, cantando le stesse canzoni.
Erano emozioni che non provavo più, da anni, e che ho ritrovato ricordando Gino Pinto: assieme a Loredana, alla Flc, ai tanti che hanno affollato la sala.
Ricordare è un imperativo morale. Farlo insieme restituisce condivisione solidarietà.
Commenti