Mongelli l'ultimo, ma non c'è da gioire
Quando si dice, certe volte, il tempismo. Non ho fatto in
tempo a registrare le reazioni alla mia manifestazione di solidarietà a Gianni
Mongelli (resa in occasione della intervista di fine anno di Foggia Città Aperta),
che ecco che il sindaco scivola giù giù nelle classifiche del gradimento
stilate annualmente dal Sole 24 Ore in riferimento ai primi cittadini.
Sarà
perché sempre più spesso mi trovo in disaccordo con le classifiche del
quotidiano economico finanziario (i numeri non raccontano i fenomeni, non
scandagliano) ma credo che la vicenda non possa essere liquidata in due
battute. Che Mongelli sia diventato piuttosto antipatico ai concittadini è un
dato di fatto: ma è altrettanto un dato di fatto che non è per niente una bella
notizia. Una città con mille problemi, ha bisogno di una comunanza profonda di
sforzi e non di cittadini e istituzioni che remano gli uni contro gli altri, o
si fanno reciprocamente i dispetti.
Nell’intervista sostenevo che non possono essere addebitate
grandi responsabilità al primo cittadino per l’emergenza rifiuti che ha
imbruttito la città negli ultimi mesi, e che ha probabilmente provocato il
crollo dei consensi al sindaco. Le responsabilità vengono da lontano, e ci sarebbe
da riflettere molto su come la città affronta le purtroppo sempre più numerose
emergenze con le quali è costretta a fare i conti. Se un rilievo può essere
mosso a chi indossa la fascia tricolore, è quello di non essersi forse reso del
tutto reso conto della china perversa che la città aveva imboccato.
Nella stessa intervista, Foggia Città Aperta chiedeva agli
ospiti interpellati di dire quale fosse la notizia più bella dell’anno. In
diversi hanno indicato la riapertura della Cattedrale, evento il cui valore
simbolico non può evidentemente essere messo in discussione. Ma mi sembra ci
sia ben poco da festeggiare: in una città normale, la Cattedrale deve essere
aperta, di norma, così come il Teatro Comunale, così come devono funzionare i
servizi, la nettezza urbana. Siamo arrivati al punto di esprimere soddisfazione
soltanto perché c’è qualcosa di normale.
Personalmente, nella intervista avevo indicato nella
scomparsa del Foggia dal calcio professionistico e nella discesa in campo di
Davide Pelusi (che se non altro ha consentito di salvare la squadra), gli
eventi rispettivamente più brutto e più bello dell’anno. Mi sembra che questo
sì, sia stato il fatto più significativo dell’anno, perché si è riusciti a
dipanare un’emergenza in un lasso di tempo
relativamente brevi (salvo poi a costringere il Foggia e i suoi tifosi alla
lunga attesa per la riapertura dello stadio).
Ma si riprende dalla serie D, cioè dal basso. Da molto in
basso. Dalla stessa posizione in cui versano la città ed il suo sindaco. Se non
ci ficchiamo in testa che, per risalire non possiamo più piangerci addosso o
limitarci a trovare il capro espiatorio di turno, siamo veramente spacciati.
In realtà, tutte queste emergenze declinano la crisi
generale della città. E in questo senso la dice lunga proprio il fallimento del
sodalizio rossonero. E’ evidente che a determinarlo è stata la presa di
distanza degli imprenditori. In altri tempi non è stato così, e quando il
presente è così sordido, così grigio e brutto, bisogna voltare lo sguardo
indietro, capire cosa sia successo. Questa città ha conosciuto tempi in cui la
classe imprenditoriale non si limitava a finanziare la squadra, ma elaborava
arditi progetti di crescita non soltanto economica. Chi non ha la memoria
storica corta, ricorderà il ruolo cruciale svolto dall’Assindustria capitanata
da Pedone nel sostenere e creare le premesse per il terzo centro universitario
pugliese a Foggia.
Purtroppo per lui e purtroppo per noi, Gianni Mongelli,
sindaco imprenditore prestato alla politica, simboleggia nel bene e nel male il
processo di declino della città. Ma proprio per questo non va lasciato solo.
Non trovate strano che in una città in cui la politica è rappresentata sempre
dai soliti noti, si gareggi a sparare sul pianista, senza che vi sia stato un minimo
di autocritica da parte di quanti hanno Foggia, prima di Mongelli? Quando si
intentano i processi sommari, è sempre per eludere altre responsabilità, per
nascondere le responsabilità che vengono dal passato. L’emergenza rifiuti è
stata la conseguenza inevitabile del calvario dell’Amica che non può essere
certamente addebitata al sindaco, che anzi è riuscito a salvare l’Amgas, sta
cercando di fare altrettanto con l’Ataf ed è riuscito a frenare, se non ancora
ad invertire, la tendenza che stava portando il Comune al dissesto finanziario.
E poi, il Sindaco non rappresenta se stesso ma – non va mai dimenticato – il Comune, che è
communio, bene di tutti, l’istituzione preposta a governare la comunità. Su una
cosa sola non concordo con lui: “La città – ha scritto in reazione al pessimo
giudizio del Sole 24 Ore - ha sofferto
la negativa congiuntura della crisi generale, che ha attanagliato l’intero
Paese, e di quella particolare, aggravata dalle inopportune scelte compiute da
altri livelli di governo.”
Tra le scelte inopportune non ci sono soltanto quelle di
altri livelli di governo ma, senz’altro, anche quelle dei convitati di pietra,
ovvero i partiti che lo sostengono e che hanno sostenuto la precedente
amministrazione, e che oggi si sfilano.
Commenti
la mancanza di una borghesia vera e antica e prima ancora la mancanza dell'aristocrazia e l'organizzazione "acefala" del suo territorio continuano a esserne lo stigma.