Quando il cinema è una festa popolare: la prima de La Stagione dell'Amore a Biccari


Una immagine della "prima" de La stagione dell'amore
a Biccari
Guardare un film è una esperienza che molti definiscono solipsistica. Andare al cinema è una delle cose che si possono fare tranquillamente da soli, senza problemi, sia come antidoto alla solitudine, sia come risposta al bisogno di isolarsi, di restare per un po'  soli con se stessi.
Ma ci sono volte in cui accade l'esatto contrario: guardare un film assieme ad altra gente diventa un rito collettivo, una festa popolare.
Mi è successo qualche giorno fa a Biccari, dove veniva presentato per la prima volta il film di Antonio Silvestre, La stagione dell'amore, di cui ho già parlato su Lettere Meridiane.
Mi aveva invitato il produttore, Mario Tani, che avevo conosciuto assieme al regista in occasione della presentazione del film al Festival del Cinema di Foggia. A dire la verità, non sapevo che quella proiezione sarebbe stata la prima, a Biccari, dove il film era stato girato lo scorso inverno, ed anche per questo è stata una esperienza intensa, inattesa, entusiasmante.
Avevo accettato l'invito come atto di doverosa cortesia. A Foggia mi aveva colpito molto la grande professionalità di Silvestre e di Tani, ma anche la loro modestia, la loro capacità di confrontarsi con autori giovani ed inesperti, senza quella puzza sotto il naso che spesso manifestano gli uomini di cinema.

Ma Silvestre e  Tani il cinema lo hanno dentro, addosso, pensano cinema e vivono cinema in ogni istante della loro vita, sanno bene quanto sia difficile fare un film e sono contenti di ogni film che venga realizzato, quand'anche con mezzi rudimentali. Ci mettono una passione genuina, sincera, trascinante.
Per ringraziarli della loro squisita gentilezza avevo accolto il loro invito molto volentieri. Ma non mi aspettavo di vivere una serata così.
A vedere la prima biccarese de La stagione dell'amore ci è andato praticamente tutto il paese. Si sono dovute organizzare diverse proiezioni, ed ogni volta la bella sala del Centro Bollenti Spiriti era gremita all'inverosimile. Ma la cosa più bella è stato proprio il "guardare assieme": ero stretto da una fila di ragazzini che non avendo trovato posto sulle poltrone si erano seduti per terra, e che ridevano e si divertivano ad ogni sequenza.
Mario Tani (a sin.) e Antonio Silvestre al Festival
del Cinema Indipendente di Foggia
Un film corale guardato coralmente: è stata veramente una bella esperienza. La partecipazione affettuosa e calorosa della cittadinanza all'evento non è stata casuale: suggella il rapporto profondo che si era stabilito tra il cast artistico, la troupe e la cittadina dei Monti Dauni durante le riprese. 
C'era in sala un'aria di festa e di gioia  palpabile, come se due vecchi amici fossero tornati ad incontrarsi dopo un po' di tempo.
Grazie alla "visione corale" ho capito che Biccari non è stata solo la location delle riprese, ma qualcosa  di più. Che certe storie possono essere raccontate meglio (nel senso che si esprimono meglio, vivono meglio) in un posto anziché in un altro, e che la perfetta riuscita dell'operazione è stata possibile solo grazie ad una condivisione profonda dell'idea, grazie all'entusiasmo che il progetto ha suscitato, in primis nel sindaco Gianfilippo Mignogna.
Va detto che La stagione dell'amore è sì un piccolo film, ma nella breve durata della storia (che racconta i giorni che precedono le nozze di due fidanzati, i loro tradimenti reciproci, tra divertenti riflessioni sulle donne e sul contenuto delle loro borse) raggiunge un'armonia ed una perfezione difficili da trovare in tanti "grandi" film. Merito delle sceneggiatura (scritta dallo stesso Silvestre) serrata, intrigante, a volte surreale, di un cast artistico di altissimo livello, di una fotografia eccellente e di riprese in cui nemmeno un fotogramma è stato lasciato al caso, nonostante la ristrettezza del budget. Nel corso della serata è stato presentato anche il divertente e riuscitissimo backstage che conferma la grandissima professionalità ma anche il grande impegno creativo profusi da tutti quanti hanno preso parte al progetto.
Antonio Silvestre, che ha alle spalle una solidissima carriera quale aiuto regista in molte popolari fiction televisive,  ha scelto il suo paese d'origine ("mio padre ama dipingere, e ho imparato ad amare gli angoli di Biccari dai suoi quadri", ha detto) per rivelare al cinema italiano il suo talento puro, un talento che farà strada.
La stagione dell'amore è la dimostrazione, insomma, che si può fare del buon cinema indipendente, anche in Italia, partendo da un buon soggetto, da una buona sceneggiatura, mantenendo la qualità elevata, anche senza svenarsi.
L'opera di Antonio Silvestre non è soltanto un piccolo film girato in un piccolo comune dei Monti Dauni, ma un modello esemplare, che speriamo possa far germinare altre iniziative del genere. Il film conferma una vocazione, una prospettiva per il cinema nei Monti Dauni che non è declinata soltanto dai paesaggi, dalle ambientazioni, ma dalle storie possibili, dal clima sociale, dalla capacità della comunità cittadina di lasciarsi coinvolgere.
Chissà come andrà a finire il matrimonio celebrato tra i protagonisti del film, al culmine di reciproci tradimenti. L'impressione è che il connubio tra Silvestre, Tani, Mignogna e Biccari sia destinato a durare nel tempo, e a regalarci altre gemme come La stagione dell'amore

Commenti

Unknown ha detto…
Grazie Geppe, con la tua nota ci hai coinvolto nelle tue emozioni.

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