Matteo Renzi a Foggia: più keynesiano che liberista


La prima volta di Matteo Renzi a Foggia è gaia e festosa, come da tempo non succedeva di vedere in una manifestazione politica cittadina. Incassata la deroga allo statuto del Partito Democratico, davanti ad una platea affollatissima, all’Hotel Cicolella, il rottamatore abbassa i toni e preferisce dedicare la maggior parte del suo intervento ai temi programmatici, che hanno una centralità definita: la famiglia, la persona. Più che liberista, il sindaco di Firenze appare keynesiano quando indica nel crollo dei consumi la causa principale sia della crisi dell’economia che del peggioramento della qualità della vita.

La ricetta enunciata da Renzi è semplice e suggestiva, anche se manca per ora il conforto delle cifre sul versante delle entrate che dovrebbero coprire le maggiori uscite: cento euro in busta paga in più, a tutti i lavoratori dipendenti, sia operai che impiegati, che percepiscono meno di 1.300 euro al mese. Secondo Renzi sarebbe sufficiente destinare all’aumento dei salari e degli stipendi, le quote del finanziamento pubblico che vengono attualmente  erogate come sovvenzioni pubbliche alla grande impresa. Non sarà forse proprio così, ma l’ipotesi è suggestiva e sufficiente a restituire al mittente l’accusa di liberismo che gli viene mossa in primis dal terzo incomodo nella corsa alle primarie, il governatore Nichi Vendola.
Perché si debba rottamare la vecchia classe dirigente della sinistra è spiegato da Renzi in poche parole: “Il maggior partito della sinistra ha cambiato per quattro volte il nome e il simbolo. Ma le facce restano sempre le stesse”. E fa partire il filmato in cui si vede D’Alema che paventa addirittura la fine del centrosinistra, qualora dovesse essere Renzi il candidato premier. “E sarei io a provocare la fine del centrosinistra?” chiosa il trentasettenne toscano, del quale tutto si potrà dire ma non che non sia il primo a porre seriamente sul piatto la questione di un ricambio generazionale reso improcrastinabile dalla crisi irreversibile della politica.
Con un sapiente gioco di citazioni, introdotte nel corso dell’intervento da videoproiezioni (una rottamazione Renzi l’ha fatta di sicuro, ed è il vecchio linguaggio della politica), il sindaco fiorentino indica senza mezzi termini una prospettiva ideale e morale: il riferimento è Barack Obama e di conseguenza il Partito Democratico, che è anche una risposta più o meno implicita a quanto sostengono che in fondo in fondo, questo toscano che parla senza peli sulla lingua non è proprio di centrosinistra. Il Partito Democratico italiano è nato con il pensiero ed il cuore rivolto al Partito Democratico statunitense: ma di interpreti del nuovo corso non se ne sono visti molti finora. L’elaborazione teorica e programmatica del Partito Democratico è ancora soverchiata dalla necessità di far quadrare i conti della “fusione a freddo” tra l’anima cattolica del centrosinistra e quella postcomunista.
Non sarà però per niente facile la sfida pugliese, per Matteo Renzi, che dovrà fare i conti con la matrice tradizionalmente dalemiana del Pd di Capitanata e con il radicamento di Nichi Vendola.
La sala del Cicolella era stipata all’inverosimile: tanti giovani, tante donne, tante insegnanti ma pochi politici, e pochi dirigenti del Pd. La conta dice che sono presenti più esponenti  del centrodestra, a testimonianza della curiosità mediatica che  il neo-candidato alle primarie riesce a suscitare, che non esponenti ufficiali del centrosinistra. Sul palco nessun dirigente: Renzi è stato presentato Lorenzo Frattarolo, giovane commercialista foggiano responsabile del comitato “Adesso Foggia”. Molto giovani anche gli altri esponenti del comitato che si affannano per garantire che in sala tutto funzioni bene. Sembra che l’incontro dovesse svolgersi in un primo momento in un cinema cittadino, ma che poi gli organizzatori abbiano ripiegato su una sala più piccola, vista anc he l’ora quasi impossibile in cui l’incontro si è svolto. La risposta popolare c’è stata. Meno quella politica, ma era da mettere in conto .
In platea si intravedono Giampiero Protano, componente della segreteria provinciale del Pd, l’ex assessore comunale Michele Salatto. C’è anche l’ex Pd Gaetano Cusenza, consigliere provinciale transitato nel gruppo misto. Il sindaco di Foggia, Gianni Mongelli, arriva quando l’incontro è ormai al termine, e sembra di capire per solidarietà istituzionale, più che politica, verso il suo collega fiorentino. Ma la stretta di mano tra i due è calorosa.
L’impressione è che comunque vada a finire la corsa alle primarie, attorno al fenomeno Renzi possano nascere nuovi fermenti. Anche a Foggia. Perfino a Foggia. E che se qualcosa di buono dovesse nascere, a giovarsene sarà, prima di tutto, la democrazia.

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