Authority agroalimentare, diga di Piano dei Limiti, aeroporto: ecco come il Governo schiaffeggia Foggia

L’agenzia nazionale per la sicurezza alimentare non è un fiore all’occhiello. Nè tantomeno un ente inutile, come si ostinano a ritenere i Ministri della Salute e delle Politiche Agricole del Governo in carica. È un preciso adempimento che discende da una direttiva comunitaria, la cui inosservanza sta esponendo l’Italia ad una stridente contraddizione: è il Paese che ospita la sede europea della sicurezza alimentare (l’Efsa) ma non ha una interfaccia nazionale, così come viene espressamente previsto dalle direttive comunitarie in materia.
Ma l’authority per la sicurezza alimentare non è soltanto questo. È un serio, serissimo banco di prova della vision meridionalistica del Governo, della reale volontà (sulla quale ci permettiamo di esprimere qualche perplessità, vista l’egemonia esercitata dalla Lega Nord di Bossi) del governo di affrontare in modo serio il problema del divario tra il Nord e il Sud e quella questione meridionale che, oggi come ieri, è una questione nazionale che sembra tuttavia essere stata rimossa dall’agenda politica.
Per Foggia e per la Capitanata si tratta – ma forse sarebbe meglio dire si trattava – della concreta possibilità di esercitare un ruolo nazionale in un settore come quello agro-alimentare nevralgico per l’economia provinciale, pugliese e meridionale. Avere visibilità, contare qualcosa di più sui tavoli nazionali e comunitari, implementare sul territorio una risorsa in grado di dare risposte concrete alle insidie che la globalizzazione sta portando alla sicurezza alimentare, danneggiando pesantemente l’agricoltura più attenta alla correttezza delle filiere, alla qualità, alla tracciabilità, alla genuinità.
Sulla questione dell’authority, la classe dirigente provinciale ha mantenuto sempre una certa, apprezzabile unità, che dovrebbe però diventare un metodo sistematico per affrontare le gravissime questioni che incombono sul futuro della città capoluogo e della sua provincia, a cominciare dalla gravissima crisi finanziaria che si è abbattuta sull’amministrazione comunale foggiana, che viene percepita fino ad oggi più come un ring sul quale fare a botte rinfacciandosi responsabilità, che non per quella che essa effettivamente è: una mina vagante che minaccia di bloccare per anni la capacità d’investimento non soltanto del Comune, ma delle stesse imprese del territorio, con le conseguenze di carattere produttivo e occupazionale che è facile immaginare.

Una unità di intenti che dovrebbe animare la classe dirigente e politica anche sugli altri grandi problemi che si agitano all’orizzonte: la dotazione infrastrutturale ancora largamente incompleta, la riduzione dei fondi del piano irriguo nazionale che ha compromesso la realizzazione della diga di Piano dei Limiti, le incertezze ed i ritardi sull’attribuzione delle risorse finanziarie del Fas (Fondo per le aree sottosviluppate) che stanno compromettendo il progetto di adeguamento ed allungamento della pista dell’aeroporto Gino Lisa, la cui attuazione è necessaria per rendere più competitivo il comparto turistico, che è il solo settore che abbia chiuso non in rosso i conti di quest’anno, e che merita ogni considerazione.
L’impressione è che vi sia una scarsa percezione, un basso livello di consapevolezza rispetto all’importanza della posta in palio che va ben al di là delle schermaglie e della dialettica tra i diversi schieramenti politici. Se non verrà invertita la politica (anti)meridionalista del Governo, il futuro di Foggia e della sua provincia sarà più buio della notte.

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