Lo scandalo del Fortore

Sono di nuovo in apprensione le popolazioni di Serracapriola e Chieuti. Il livello della diga di Occhito ha raggiunto il livello di guardia, e c’è il rischio che si ripetano le alluvioni provocate dallo straripamento del Fortore, il fiume che raccoglie le acque della diga, quando per ragioni di sicurezza vengono aperte le paratoie.
L’acqua invasata nel bacino ha raggiunto l’altezza di 193 metri. Il limite di guardia è posto a 195 metri. A scopo precauzionale e preventivo, una delle paratie preposte al controllo dello “svaso” (ovvero la fuoriuscita dell’acqua) è stata aperta nei giorni di Natale. Ma è continuato a piovere, sicché si teme da un momento all’altro di dover riaprire i rubinetti dello sbarramento, con il rischio di nuove  esondazioni del corso d’acqua che dovrebbe smaltire le acque in eccesso, ma che assolve assai malamente a questa sua funzione.
I tecnici del Consorzio per la Bonifica della Capitanata, che gestiscono l’impianto di Occhito assicurano che la situazione è sotto controllo e che il monitoraggio è costante. Ma, com’è già accaduto in passato, e in particolare nella scorsa primavera, il vero problema non è rappresentato dalla diga, ma dalla disastrosa situazione dell’alveo del Fortore.
E’ una situazione che si trascina da anni, addirittura da decenni, e che è stata trascurata colpevolmente, anche per il sovrapporsi di competenze non sempre chiare tra di loro. Una volta la gestione dei bacini idrografici faceva capo al Ministero delle Opere Pubbliche e, come vedremo più avanti, è proprio a questa fase che risalgono i problemi del Fortore.
Attualmente, le competenze si intrecciano tra la protezione civile che tuttavia interviene soltanto in caso di necessità) e l’autorità interregionale di bacino che si occupa di una serie di fiumi dell’Appennino Meridionale: Trigno, Biferno e minori, Saccione e Fortore. Un organismo complesso, che ha sede a Campobasso, e che è scarsamente dotato dal punto di vista finanziario.
Per capire la gravità della situazione dell’alveo del Fortore e la frequenza con cui questo fiume esonda provocando alluvioni e danni, bisogna considerare che non stiamo parlando di un grosso fiume come il Po o il Tevere.
La verità è che nessuno provvede alla manutenzione dell’alveo e degli argini, che si presentano oggi in una situazione a dir poco disastrosa.
Per tornare alla diga di Occhito, quando l’invaso venne progettato negli anni Sessanta, i progettisti calcolarono che in caso di svaso delle acque invasate nel bacino, il letto del Fortore poteva sopportare una portata di 2.100 metri al secondo. Una capacità più che sufficiente a soddisfare le necessità delle diga. Secondo i calcoli più aggiornati, oggi l’alveo del Fortore presenta una portata media di 1.000 metri cubi al secondo. E non è neanche questo il vero problema. Nei punti dove la situazione è più compromessa (ovvero dove le sponde quasi non esistono più, o dove l’alveo è ingombrato da sterpaglie, alberi e rifiuti di ogni genere) la capacità scende drasticamente anche al di sotto dei 100 metri cubi all’ora, ed è in questi punti critici che si verificano le alluvioni e gli straripamenti. In questa situazione, è praticamente impossibile procedere, quando il livello della diga sale, all’esondazione controllata.
Il problema – come si è già detto – viene però da lontano. Negli anni Ottanta il Ministero delle Opere Pubbliche finanziò la sistemazione del Fortore che preveda la realizzazione di tutti gli interventi necessari per la messa in sicurezza del fiume. Tra l’altro l’opera era necessaria per consentire il collaudo della diga, che prevedeva proprio una operazione di “svaso rapido”, e c’era quindi necessità che gli argini e l’alveo del corso d’acque a valle fossero consolidati.
Stranamente venne però finanziato soltanto il primo lotto dei lavori. Del secondo lotto non si fece nulla, nonostante le furibonde polemiche dell’allora presidente della Provincia, Michele Protano, che sollecitava il completamento dell’opera anche per mettere la diga di Occhito nelle condizioni di poter funzionare al massimo delle sue potenzialità.
E’ appena il caso di sottolineare che l’abbassamento del “limite di guardia”, oltrepassato il quale i tecnici del Consorzio di Bonifica aprono le paratie e lasciano defluire l’acqua a mare, comprime ulteriormente la capacità d’invaso del bacino di Occhito, riducendo i volumi idrici a disposizione dell’Acquedotto Pugliese e dello stesso Consorzio di Bonifica. Come a dire che al danno si aggiunge la beffa.
Senza parlare della Diga di Piano dei Limiti, progettata più a valle di Occhito, proprio allo scopo di impedire il deflusso dell’acqua in mare, e la perdita di una così considerevole quantità d’acqua. Un’opera preziosa, nevralgica per il futuro della Capitanata che l’aspetta da anni: i finanziamenti si sono perduti a causa del taglio deciso dal Governo ai fondi del piano irriguo nazionale. Capito, adesso perché il Sud è sempre più Sud?

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