Il terremoto, ventisei anni dopo


Ha fatto bene, il portavoce dei Piccoli Comuni, Virgilio Caivano, a ricordare il ventiseiesimo anniversario del terremoto dell'Irpinia, che sconvolse anche la provincia di Foggia. Anniversario di dolore, ma anche di riflessione, e un po' di rabbia. Ancora una volta, si deve lamentare una Finanziaria che esclude i comuni terremotati del 1980 dalle provvidenze per la ricostruzione.
Non si tratta soltanto di una ingiustizia, ma di un leit-motiv che ha accompagnato tutta la lunga stagione della ricostruzione e che si è risolto per la Capitanata – per la Capitanata tutta – in una beffa, oltre che in un danno.
Lungi da noi la tentazione di voler stilare una graduatoria dei morti e delle distruzioni: furono senz'altro enormi nell'area del cratere, e nemmeno lontanamente paragonabili con quelle patite dei comuni appenninici della Daunia. Il problema riguarda la gestione del post-terremoto, che ha visto la provincia di Foggia pervicacemente esclusa da tante provvidenze. Non solo quelle puntualmente elencate da Caivano. Anche, e soprattutto, quelle che si riferiscono alla reindustrializzazione.
Una parte illuminata della classe dirigente si battè con ostinazione contro quelle scelte del Governo centrale, intuendo che dietro quelle esclusioni vi era in palio una posta assai più grande dell'accesso ad una cospicua mole di finanziamenti pubblici. Le politiche di reindustrializzazione post-sisma mettevano in discussione l'intero apparato delle politiche di intervento straordinario (in senso lato), costruendo, di fatto, un nuovo sistema, per usare il gergo degli economisti, di «convenienze ed opportunità» nel Mezzogiorno centro-orientale.
Per dirla fuori dai denti, senza il terremoto dell'80 e senza gli incentivi per la reindustrializzazione erogati alla Basilicata ed all'Irpinia, sarebbe sorta a Melfi la Fiat? O non in provincia di Foggia? Gli anni Settanta erano stati gli anni dei grandi investimenti nel territorio dauno: la Sofim, l'Alenia. È lecito supporre che – grazie alla particolare e fortunata posizione della provincia di Foggia – quel trend positivo sarebbe proseguito. Il terremoto – più giustamente le politiche di incentivazione industriale che ne seguirono – invece arrestò bruscamente quel processo, il «sistema di convenienze ed opportunità» che aveva fino ad allora, in qualche modo, premiato Foggia trasferì altrove, nelle aree «elette» dagli interventi di reindustrializzazione, tutto il baricentro dello sviluppo industriale del Mezzogiorno centro-orientale.
Non vogliamo scatenare una guerra tra i poveri, per carità. Però, è un dato di fatto che proprio dal 1980 è iniziato, per la Capitanata, quel lento declino che, a ventisei anni di distanza, sembra ancora difficile da contenere.

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