Il cinema, gli alberi, e la foresta

Geppe Inserra e Lucio Dell'Accio

Facciamo come il Salento, e Dell'Accio sia il nostro Winspeare

A volte per comprendere bene le cose bisogna distanziarsene, non esserne troppo coinvolto. Credo d'aver capito a fondo cosa è, e dove sta andando, il movimento che si sta sviluppando attorno al cinema a Foggia, durante un incontro non promosso dalla Provincia, ma da quel cinefilo doc che è Pasquale Tibollo: un nome nuovo che si sta affacciando alla ribalta del cinema foggiano, ma che ha già al suo attivo il premio della giuria popolare per il miglior corto ("La pensilina") all'ultima edizione del Festival del Cinema di Foggia.
Pasquale ha invitato a Foggia (e pare che anche in questo caso, come accadde con Luciano Emmer, si sia sprigionato un amore a prima vista) quell'incredibile personaggio che è Franco Rina: giornalista della 7, direttore di una delle più importanti scuole italiane di sceneggiatura, fondatore ed anima del Festival Cinemadamare. Due ore e passa, a parlare di cinema, come si conviene tra innamorati, in un posto di sorprendente bellezza: la suggestiva terrazza del Mamba, in via Arpi: uno dei pochi negozi foggiani che abbina moda, cultura e gusto, col suo piccolo e raffinato bar. 

Franco Rina ha parlato davanti ad un pubblico attento: del suo rapporto con il cinema, delle ragioni che lo hanno spinto a puntare senza riserve sui giovani, e sulla formazione. La crisi del cinema è soprattutto una crisi di idee: i giovani sono creativi per antonomasia. La stessa formula di Cinedamare, che è il solo festival itinerante italiano, un'autentica kermesse che impegna spettatori e partecipanti notte e giorno, punta tutto sulla formazione, nella speranza che vengano fuori le idee buone, per tirare fuori il cinema (non solo italiano) dalle secche in cui sembra essersi arenato.
Rina è stato molto abile, con il suo fervore e con il suo entusiasmo, a suscitare gli interventi del pubblico. In quasi trent'anni di militanza cinefila, non mi era mai capitato di ascoltare un dibattito così intenso, e partecipato. Ed allora ho capito...
I tanti intervenuti hanno parlato di tutto ciò che è stato, che è, che potrebbe essere il rapporto tra Foggia e il cinema: il Festival; le attività di formazione di Lucio Dell'Accio, ed il suo nuovo film che parlerà di Luigi Pinto; il film (il Cardo Rosso) che Luciano Emmer sta girando a Foggia e con Foggia; il ruolo particolare ed importante che stanno svolgendo gli esercenti nella promozione del cinema d'autore; il Falso Movimento di Mauro Palma; l'Altrocinema dei Cicolella; il progetto di film commission; l'attenzione crescente che a questo fenomeno sta arrivando dal mondo dell'impresa. Interventi accomunati dall'espresso riconoscimento della funzione di lievito e di enzima che in tutto questo hanno svolto la Provincia e Carmine Stallone, un presidente che crede senza riserve nel cinema, tanto da affidargli il ruolo di locomotiva di tutta la politica culturale dell'Amministrazione.
Di molte di queste cose sono stato e sono parte in causa: troppo partecipe per comprendere fino in fondo; troppo coinvolto per distinguere la foresta dagli alberi. Quella stupenda serata mi ha invece svelato con nitidezza i contorni di una foresta che sta crescendo rigogliosa.
Per la prima volta, nel capoluogo dauno, un settore della cultura sta diventando movimento: una rete di persone, di operatori: autori, pubblico, insegnanti, appassionati, tecnici, uniti prima di tutto dal medesimo innamoramento.
Mi sembra molto significativo parlarne sulle pagine de "Il Provinciale", ovvero del giornale locale più attento ai temi della cultura, tanto da aver dedicato alla questione un intenso dibattito, nel corso del quale non sono mancate voci perplesse e preoccupate. 
Ma poi arrivano serate incredibili, come quella del Mamba a dirci che non è vero che la cultura foggiana sia asfittica, almeno non per quanto riguarda il cinema.
Attenzione, però: soffermarsi a contemplare la foresta, è pericoloso quanto negarne l'evidenza, a vantaggio dei singoli alberi. Il cinema, essendo per sua natura non solo attività culturale ma anche impresa, attività produttiva, non sfugge alle regole del mercato, alle logiche della competitività, della qualità.
Abbiamo bisogno di crescere, ancora tanto. Penso ad un modello in particolare: da imitare, da sfidare, da superare: il modello salentino. Anche nel Salento il cinema sta svolgendo un ruolo trainante, e non solo verso la cultura: è uno dei più importanti strumenti di marketing territoriale (quale funzione potrebbero svolgere, da noi, società a partecipazione pubblica come la Promodaunia o la Diomede, finora piuttosto restie ad occuparsi di cinema?); è contaminazione con altri settori della cultura, come la musica popolare, la letteratura.
Il budget destinato dalle amministrazioni locali leccesi alla promozione delle attività cinematografiche è però trenta volte quello che si registra a Foggia. E poi, c'è un coinvolgimento profondo degli autori nel governo e nelle prospettive del movimento. Questo aspetto è decisivo: senza autori coinvolti, non si va da nessuna parte, e perfino iniziative come il Cardo Rosso o il film su Pinto corrono il rischio di restare "alberi", rondini che non fanno primavera.
Allora?
Allora, Lucio Dell'Accio. Che potrebbe, dovrebbe essere per Foggia e per la Capitanata, ciò che Edoardo Winspeare è stato ed è per il Salento. Non solo autore di bei film, apprezzato formatore, ma fuochista della locomotiva, operatore a trecentosessanta gradi che, quando è il caso, impugna la pala per gettare carbone nella caldaia.
Questo articolo è stato pubblicato nel mese di giugno del 2005 da "Il Provinciale"

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