Come fermare il degrado di Rione Ferrovia

Tra le diverse reazioni e i diversi commenti degli amici e dei lettori di Lettere Meridiane alla immagine del viale della Stazione nel 1919, mi ha particolarmente colpito quella di Gianluigi Cutillo, promotore e da anni animatore della prima e sola "social street" sorta a Foggia, e che fa riferimento al Quartiere Ferrovia.
Prima di condividerla con amici e lettori di Lettere Meridiane, devo ringraziare Tommaso Palermo che, attento come sempre, ha da par suo risolto il problema del "punto di vista" dal quale venne scattata la bella e rara fotografia. L'edificio che si vede in primo piano è l'Hotel Cicolella, prima che venisse sopraelevato.
Sulla foto (il cui originale, in alta risoluzione, potete scaricare cliccando qui) ho riportato gli altri punti di riferimento.
Ma veniamo alle riflessioni di Cutillo, che scrive:
Se vi fate una passeggiata sul viale della stazione cosa vedete? E soprattutto come fanno i foggiani ad accettare tutto ciò? Quanto visto nell'articolo di Geppe (immagini bellissime, costruttive, ottimiste) fa male, anzi malissimo, a chi lo confronta con ciò che vediamo oggi.
Altri cittadini si sarebbero ribellati con forza a tutto questo scempio, soprattutto nei pressi di un luogo sacro e storico della città, la parrocchia della Madonna della Croce.
È vergognoso che si continui ad alimentare il degrado e non si prendano provvedimenti seri di riqualificazione urbana della zona, magari tramite progetti ed interventi mirati.
Chi mi conosce sa quanto impegno sia stato profuso dal sottoscritto in questi anni, mai solo, ma sempre accompagnato da amici impegnati e costanti, per risollevare le sorti della zona, senza però risultati soddisfacenti. Ma si sa nessuno ha la bacchetta magica.
Purtroppo gli interventi spot o sporadici non bastano. I cittadini devono unirsi con spirito disinteressato e costruttivo verso la riqualificazione della zona, ma le istituzioni (tutte) devono fare in modo che una delle zona migliori della città torni a pulsare benessere, tranquillità, produttività, accogliendo le istanze di chi vive o lavora in zona.
Il viale della stazione è di tutti, non lasciamolo morire così, tra degrado sociale, marginalità e problemi di integrazione. Il destino del quartiere ferrovia probabilmente è un po' quello dell'intera città, fatta di persone per bene, generose ed accoglienti, ma troppo spesso depredata, maltrattata, dimenticata dalla regione e dal governo, privata del suo vero ruolo di regina della Capitanata a quello più triste di realtà marginale della provincia pugliese.
Dopo anni senza risposte concrete, ammetto di sentire una certa stanchezza, anche e soprattutto da parte mia, ma non solo, probabilmente queste questione non merita più l'attenzione dovuta.
Un caro saluto, Gianluigi Cutillo
L'amico Gianluigi ha perfettamente compreso il senso della lettera meridiana in cui ho pubblicato la fotografia che mostra com'era un secolo fa il Rione Ferrovia: molto meno abitato e residenziale, rispetto ad oggi, ma sicuramente più produttivo: più segno di una città in crescita.
Il rione ha mantenuto queste caratteristiche, perfino dopo essere stato letteralmente sventrato dai bombardamenti della tragica estate del 1943. Sorgendo proprio a ridosso della zona strategica rappresentata dalla stazione ferroviaria, si trovò  particolarmente esposto alla furia devastatrice delle bombe alleate.
Fino agli anni settanta, il viale della Stazione era assieme a corso Vittorio Emanuele la sede dello struscio cittadino: vi sorgevano i bar più eleganti, i locali più alla moda.
Poi è iniziato un lento ed inesorabile processo di declino che sarebbe ingiusto (e sbagliato) addebitare alla sempre più intensa presenza di stranieri. È brtto dirlo, ma non sono gli stranieri che degradano le aree in cui risiedono. Semmai è vero il contrario: sono le aree degradate ad attirare gli stranieri per ovvie ragioni: prezzi più bassi, maggiore facilità di insediamento. ecc.
Sono i foggiani che hanno "abbandonato" il Rione Ferrovia, trasferendo altrove (in periferie anonime, grigie... o peggio ancora in centri commerciali privi di anima) i loro interessi, i loro luoghi d'incontro, i loro strusci... e poi ci lamentiamo che Foggia non abbia una sua identità...
Ha ragione Gianluigi. Sarebbe necessario un progetto serio. Forte. Condiviso e unanimemente perseguito dalla politica: i processi di riqualificazione non si esauriscono mai in una sola consiliatura comunale, e troppo spesso succede che quando si insedia una nuova amministrazione disfaccia quanto realizzato da quella precedente, in una infinita tela di Penelope.
Occorrerebbe una politica in grado di azionare e governare i processi.
E vi sembra poco?
Geppe Inserra

Commenti

Vincenzo Concilio ha detto…
SOSTENERE CHE E' L'AREA DEGRADATA DEL QUARTIERE FERROVIA AD ATTIRARE I CLANDESTINI (FINO A PROVA CONTRARIA), SAREBBE EQUIVALENTE ALLA IPOTESI CHE ESSI ARRIVANO A CAUSA DELLA CRISI ECONOMICA CHE CI ATTANAGLIA DA ALMENO DIECI ANNI...

L'ipotesi deve trovare conferma per essere ritenuta plausibile.

Normalmente i "poveri" del mondo (ma la povertà è anch'essa da dimostrare e non è l'unica condizione del movimento), si spostano verso l'Europa perché è ricca e può garantire un elevato livello di qualità della vita, grazie al quale essi (i poveri o presunti tali) possono compiere un balzo in avanti rispetto all'ambiente socio economico, culturale e dei diritti umani, di civiltà che nei loro Paesi i veri poveri neppure immaginano.

Se il clandestino si volesse muovere verso aree degradate non solo dal punto di vista economico come ci rallegriamo di supporre, non verrebbe in Europa ma, resterebbe nel proprio Paese o al massimo si muoverebbe verso quelli confinanti ed egualmente degradati e questo varrebbe per tutti coloro i quali arrivano sia dall'Africa che dall'Asia.

Mi sono riferito non solo alle condizioni economiche ma anche sociali, culturali, religiose, di civiltà delle aree di provenienza perché suppongo che siano molte le ragioni del viaggio.

Purtroppo non è sempre così. Gli islamici che vengono in Occidente non fuggono da persecuzioni religiose come gli europei che si mossero verso le Americhe ma, al contrario, una volta giunti in Europa grazie agli accordi (che intervennero dopo la guerra del Kippur vinta da Israele dopo che l'Egitto gli mosse mosse guerra) con i Paesi arabi esportatori di petrolio (è quello che la compianta Oriana Fallaci definì Eurabia, concetto ripreso dalla scrittrice Bat Ye 'Or nel suo libro "Eurabia") pretendono di portare quì da noi tutto il loro mondo in forma integrale.

Per non dilungarmi, è quanto in forma ridotta è accadurìto nella nostra città e in particolar modo nel quartiere ferrovia, dove la presenza di immigrati si è consolidata non in presenza di degrado pre-esistente ma, di crisi economica e sociale le cui ragioni non approfondisco per motivi di spazio se non per dire che anche in questo caso, ci troviamo di fronte alla palese contraddizione per cui gli abitanti autoctoni di questa città e del suo territorio, pur soffrendo di molti problemi tra i quali in primo luogo la mancanza di uno sviluppo economico stabile che sostenga il reddito delle famiglie, si travano al centro di uno spostamento di masse spproporzionato e incontrollato.

... continua.
Vincenzo Concilio ha detto…
Temporalmente, non si può parlare di "abbandono del quartiere ferrovia" da parte dei suoi residente, prima dell'arrivo dei flussi migratori che quì gravano a causa del centro di accoglienza di Borgo Mezzanone perché, in sua assenza, dubito che sarebbero giunti a decine di migliaia (nel tempo) nella nostra città.
Nè si può dire che i residenti ne siano responsabili in quanto le responsabilità sono tutte da addebitarsi a chi ha governato questo Paese e alla decisione presa dalla Regione Puglie di imporre a questo territorio il centro di accoglienza.

Se tutto ciò è ragionevolmente vero, possiamo allora dire che è la quantità di immigrati (clandestini fino a prova contraria), provenienti da culture e civiltà che possono essere definite in antitesi con le nostre e, calati improvvisamente, in estese quantità, ad aver provocato la fuga dei residenti.

Quì non parliamo della cosidetta "integrazione" che è l'obbligo al quale questa città come il reto d'Italia si vede costretta ad accetare senza condizioni per non finire sotto la mannaia ideologica dell'accusa di "razzismo" senza passare neppure almeno attraverso l'etonocentrismo perché in seconda battuta, gli immigrazionisti tengono di riserva l'accusa di xenofobia.

E' come se noi fossimo costretti ad integrarci nella visione del mondo che una ideologia che vorrebbe annichilire la civiltà in cui si sostiene e sì alimenta, vorrebbe imporci.

Tutto ciò è ovviemente inaccettabile se non altro perché è la nostra intelligenza è viva..

Per chiudere questo breve intervento, ho tralasciato l'esame di molte altre questioni come il terrorismo islamico che ha trovato in città una o più basi da cui partire per fare proselitismo.

Detto tutto ciò dunque, e solo dopo aver sgombrato il campo dalla ideologia politica ed immigrazionista che rende ciechi anche coloro che non la professano, possiamo affrontare il tema della riqualificazione del quartiere ferrovia il cui stato di crisi economica e sociale è grave come per tutti gli altri quartieri della città laddove la differenza rilevante è prevalentemente quella specifica del degrado (questo sì), dovuto all'incontrollato flusso migratorio.
Anonimo ha detto…
Tutto lascia ritenere che la foto è stata scattata dall'Edificio dell'Opera Pia L.Scillitani.Lorenzo Brescia

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