Il liberismo è il nuovo feudalesimo (di Michele Eugenio Di Carlo)
I fatti di Macerata dimostrano che la nostra società sta scivolando pericolosamente verso una nuova deriva xenofoba. Non è il caso di soffermarsi in piena campagna elettorale sui mandanti morali di quel gravissimo episodio. Ma fanno paura, e pertanto vanno perseguiti, i commenti di consenso verso un atto criminale, compiuto probabilmente da un folle.
Così come non vanno più tollerate quelle trasmissioni televisive che dalla mattina alla sera sembrano aver l’unico scopo di fomentare odio e di contrapporre, ad esempio, i terremotati italiani ai migranti, mentre alcune multinazionali indisturbate continuano la loro azione di accumulazione capitalistica ai danni dei paesi del terzo mondo da cui provengono gli stessi migranti.
Ed è ancora possibile e accettabile che sia tanto consenso intorno al concetto di “razza bianca” da difendere dall’invasione dei migranti? Una concezione dell’uomo e dei suoi valori che ha portato storicamente l’umanità sull’orlo del baratro.
Possibile che i tanti, che commentato in termini positivi l’atto scellerato di Macerata, non si sognino neppure per un attimo di analizzare le ragioni economiche ed etiche di quella che definiscono invasione?
Nelle parole di tanti, troppi, che magari non vogliono essere definiti razzisti, suonano le sinfonie del razzismo puro quando si accostano alla parola migrante. Quei migranti arrivano sui nostri lidi - pochi lo sanno, molti fingono di non saperlo - ancora per le conseguenze dell'imperialismo e del colonialismo inglese e francese nel Medio-oriente e altrove, iniziato nel 1880, sempre alla ricerca del petrolio. Non tanto diversamente, poi, da come milioni di meridionali sono approdati a lidi settentrionali italiani ed esteri.
Chi pretende di vivere sulla propria terra senza l'intrusione di poveri che arrivano dal mondo intero può non definirsi razzista?
No, fino a quando non vi è coscienza che i poveri fuggono dalla propria terra a causa delle politiche economiche e delle logiche tuttora imperialistiche dei paesi più "ricchi". Hitler, persino nell'ultimo giorno di vita, si vantò di aver compiuto il suo progetto di eliminare gli ebrei dalla Germania. Ebrei e quanti altri non erano di “razza ariana”. È la stessa logica con la quale tanti vogliono costruire recinti. E invece questi tanti, troppi, non dovrebbero prendersela con i migranti poveri, non dovrebbero inneggiare ad atti inconsulti e criminali, non dovrebbero parlare di buoni cristiani e di cattivi musulmani, non dovrebbero farne, pericolosamente, una questione di religione.
Dovrebbero, invece, studiare, leggere, e allora potrebbero dire in maniera corretta ed etica: non vogliamo migranti perché lo spostamento di masse povere da un’area sottosviluppata e degradata in aree ricche e sviluppate, è il frutto, da sempre, di logiche coloniali e imperialistiche che si avvalgono di manodopera quasi a costo zero aumentando la loro rendita e la loro accumulazione capitalistica con conseguenze economiche e sociali negative per le stesse masse popolari dei paesi ricchi: diminuzione dei diritti, abbassamento dei salari, mancata integrazione di culture, possibilità di atti terroristici.
Non è quanto tutti temiamo?
Certo, cerchiamo solo di non sbagliare parole e bersaglio, allora. Cerchiamo di contrastare la causa, non l’effetto. E le logiche neo coloniali e neo imperialistiche non hanno un’anima, non rispondono né materialmente né eticamente dei guasti che procurano nel mondo intero con quella avidità che ci fa pensare ad un liberismo che sempre più prende i contorni di un nuovo feudalesimo.
Prima che sia troppo tardi, impariamo a contrastarle queste logiche.
E, soprattutto, evitiamo di diventarne strumento.
Michele Eugenio Di Carlo
Così come non vanno più tollerate quelle trasmissioni televisive che dalla mattina alla sera sembrano aver l’unico scopo di fomentare odio e di contrapporre, ad esempio, i terremotati italiani ai migranti, mentre alcune multinazionali indisturbate continuano la loro azione di accumulazione capitalistica ai danni dei paesi del terzo mondo da cui provengono gli stessi migranti.
Ed è ancora possibile e accettabile che sia tanto consenso intorno al concetto di “razza bianca” da difendere dall’invasione dei migranti? Una concezione dell’uomo e dei suoi valori che ha portato storicamente l’umanità sull’orlo del baratro.
Possibile che i tanti, che commentato in termini positivi l’atto scellerato di Macerata, non si sognino neppure per un attimo di analizzare le ragioni economiche ed etiche di quella che definiscono invasione?
Nelle parole di tanti, troppi, che magari non vogliono essere definiti razzisti, suonano le sinfonie del razzismo puro quando si accostano alla parola migrante. Quei migranti arrivano sui nostri lidi - pochi lo sanno, molti fingono di non saperlo - ancora per le conseguenze dell'imperialismo e del colonialismo inglese e francese nel Medio-oriente e altrove, iniziato nel 1880, sempre alla ricerca del petrolio. Non tanto diversamente, poi, da come milioni di meridionali sono approdati a lidi settentrionali italiani ed esteri.
Chi pretende di vivere sulla propria terra senza l'intrusione di poveri che arrivano dal mondo intero può non definirsi razzista?
No, fino a quando non vi è coscienza che i poveri fuggono dalla propria terra a causa delle politiche economiche e delle logiche tuttora imperialistiche dei paesi più "ricchi". Hitler, persino nell'ultimo giorno di vita, si vantò di aver compiuto il suo progetto di eliminare gli ebrei dalla Germania. Ebrei e quanti altri non erano di “razza ariana”. È la stessa logica con la quale tanti vogliono costruire recinti. E invece questi tanti, troppi, non dovrebbero prendersela con i migranti poveri, non dovrebbero inneggiare ad atti inconsulti e criminali, non dovrebbero parlare di buoni cristiani e di cattivi musulmani, non dovrebbero farne, pericolosamente, una questione di religione.
Dovrebbero, invece, studiare, leggere, e allora potrebbero dire in maniera corretta ed etica: non vogliamo migranti perché lo spostamento di masse povere da un’area sottosviluppata e degradata in aree ricche e sviluppate, è il frutto, da sempre, di logiche coloniali e imperialistiche che si avvalgono di manodopera quasi a costo zero aumentando la loro rendita e la loro accumulazione capitalistica con conseguenze economiche e sociali negative per le stesse masse popolari dei paesi ricchi: diminuzione dei diritti, abbassamento dei salari, mancata integrazione di culture, possibilità di atti terroristici.
Non è quanto tutti temiamo?
Certo, cerchiamo solo di non sbagliare parole e bersaglio, allora. Cerchiamo di contrastare la causa, non l’effetto. E le logiche neo coloniali e neo imperialistiche non hanno un’anima, non rispondono né materialmente né eticamente dei guasti che procurano nel mondo intero con quella avidità che ci fa pensare ad un liberismo che sempre più prende i contorni di un nuovo feudalesimo.
Prima che sia troppo tardi, impariamo a contrastarle queste logiche.
E, soprattutto, evitiamo di diventarne strumento.
Michele Eugenio Di Carlo
Commenti
Si può sostenere che il liberismo sia una forma di feudalesimo?
"Tra IX e X secolo l'Europa, era piombata nell'insicurezza e nella difficoltà indotta dalla mancanza di un potere centrale, causata da una vera e propria destrutturazione dell'organizzazione regia carolingia, senza garanzia della salvaguardia dei cittadini... In questo contesto nacque dal basso la richiesta di nuove strutture di potere che andassero a colmare spontaneamente quei vuoti di potere deferiti dalla lontana monarchia imperiale"
La consefìguenza fu "il fenomeno dell'incastellamento con la costruzione di insediamenti fortificati da cinte murarie, dove era presente la dimora del signore locale, i magazzini delle derrate alimentari, degli strumenti di lavoro e delle armi, le abitazioni del personale e, attorno ad esso, le varie unità insediative e produttive. Le persone che gravitavano attorno al castello erano tutte legate da precisi rapporti di dipendenza al signore".
Il feudalesimo medioevale va inquadrato anche nel progetto di smilitarizzazione dei ceti più bassi.
"Nel mondo germanico infatti l'uomo libero era sinonimo di guerriero, per cui il diritto di possedere le armi, anche tra i più semplici contadini, era sinonimo di libertà e di rango. Con l'affinamento delle tecniche militari si procedette alla smilitarizzazione dei liberi di più bassa estrazione, obbligandoli a porsi sotto la protezione (e il controllo) del signore...".
L'idea di feudalesimo alla quale fa riferimento M. E. Di Carlo dovrebbe essere quella che si richiama al rapporto personale tipicamente barbarico: l'inferiore, ad ogni livello, assumeva obblighi ed impegni solamente col suo immediato superiore, cui doveva il beneficio.
Veniamo al liberismo da non condìfondere con il liberalismo...
Il primo è una dottrina economica che teorizza il disimpegno dello stato; il secondo è un'ideologia politica che sostiene l'esistenza di diritti fondamentali e inviolabili facenti capo all'individuo e l'eguaglianza formale dei cittadini davanti alla legge.
Il liberismo che "sostiene e promuove la libera iniziativa e il libero mercato come unica forza motrice del sistema economico, con l'intervento dello Stato limitato al più alla realizzazione di infrastrutture di base (ponti, strade, ferrovie, autostrade, gallerie, edifici pubblici etc.) a sostegno della società e del mercato stesso. Il liberismo afferma inoltre la tendenza del mercato stesso ad evolvere spontaneamente verso la struttura più efficiente e stabile possibile, attraverso la cosiddetta mano invisibile, in modo da massimizzare la soddisfazione di produttori e consumatori. Quindi, per il liberismo il sistema-mercato tende verso una situazione di ordine crescente".
Viste le differenza, per poter associare feudalesimo e liberismo occorre trovare un un criterio che li accomuni ma è più semplice in questo contesto osservare che molto probabilmente, per M. E. Di Carlo, il liberismo "infeudi" i popoli asservendoli alla logica di un mercato senza controllo; questa sarebbe però una deviazione del liberismo che come avevamo detto, tende idealmente ad una situazione di ordine crescente...
NON TUTTI GLI ATTI CRIMINALI SONO COMPIUTI DA UN "FOLLE"...
Proviamo ora a dare una definizione della follia di quel criminale o a quei criminali nigeriani che avrebbero assassinato Pamela a Macerata...
Immaginando che sia stato commesso da più d'uno, potremmo dire che si tratta di "pazzi da legare"? Cioè, tipi Immediatamente pericolosi e da incatenare?
A me sembra che si tratti più di un conformarsi al pensiero buonista prevalente che non volendo indagare a fondo su quel crimine, preferisce la scorciatoia della follia in quanto "i folli stanno dappertutto". Nel riserbo della neutralità, trovano la loro redenzione.
Questa giustificazione è però debole e pericolosa più della follia degli individui perché non associa le metodiche degli assassini alla cultura voodoo del paese di provenienza (secondo i riscontri medici è emerso che il corpo prima di essere tagliato è stato martorizzato: è stato asportato il cuore e le viscere. Proprio grazie a questo ultimo indizio che forse si riesce a ricostruire il movente, ipotizzando un rito tribale assimilabile al voodoo). Il "rito tribale" è riferito ad un raggruppamento sociale definito ed il rituale indica ogni atto, o insieme di atti, che viene eseguito secondo norme codificate.
In riferimento al nuovo "feudalesimo" inteso come nuovo "oscurantismo", ricordiamo quei feudalesimi che Marc Bloch definì d'importazione, ovverosia quelle forme d'organizzazione sociale che i popoli che si spostavano lontano dai loro paesi d'origine portavano con sé.
Anche se la decolonizzazione è stata un grande processo di uguaglianza e democrazia, da oltre mezzo secolo a questa parte, il "cuore delle tenebre" non è più l'epopea coloniale ma, l'Africa indipendente (lasciamo stare per questioni di brevità, il Medio Oriente): il regno assassino di Mengistu, il negus rosso; le macabre buffonate di Amin Dada, di Seku Ture o di Bohìkassa; la demenza di Samuel Doe; i diamanti insanguinati di Foday Samkoh della Sierra Leone; l'uso dei bambini soldat; dei campi di detenzione; il sanguinoso conflitto tra Eritrea ed Etiopia; le guerre civili del Ciad, Sudan, Somalia; le pratiche antropofaghe nel Congo di Kienge; i crimini contro l'umanità in Darfur; il genocidio del Ruanda....
MIGRAZIONI NON SOLO POSSONO ESSERE IL NUOVO OSCURANTISMO CHE AVANZA MA, POSSONO ANCHE ESSERE PROGETTATE PER DESTABILIZZARE...
Non può neppure sostenere che "I fatti di Macerata dimostrano che la nostra società sta scivolando pericolosamente verso una nuova deriva xenofoba" quasi fosse anch'essa automativìcamente folle.
Vero è invece che i governi di Letta, Renzi e Gentiloni, pur avendo ricevuto il mandato del 22% circa dell'elettorato avente diritto alle elezioni politiche del 2013 ed esercitando il potere conseguente grazie ad un premio di maggioranza oltre che allo spostamento di campo di molti senatori e deputati, non potevano imporre al Paese un cambiamento radicale di costumi, cultura, civiltà attraverso la coercizione del "fenomeno migratorio" che per essere accettato è stato reso mediaticamente ineluttabile.
Quì ci troviamo innanzitutto di fronte ad un grave deficit di democrazia partecipativa all'interno dei confini del nostro Paese, nel quale si è formata ed evoluta la nostra cultura e civiltà poiché il popolo non è stato coinvolto nella decisione presa di aprire le frontiere a chiunque.
Ed è in conseguenza di questa che si possono creare situazioni che travalicano la normalità per diventare "deriva" anche se poi coloro che volevano contrastarla hanno dimostrato istinti peggiori.
Per il filosofo francese Taguieff, "il progressismo è divenuto la nuova ortodossia contemporanea, una macchina da guerra che nel nome di una visione ideologica del progresso fabbrica incessantemente nemici: chi non sta con i progressisti, e un senso della Storia inevitabilmente sinistrogeno, è un reazionario. L'antirazzismo combatte l'identità nazionale in nome del multiculturalismo, il dogma immigrazionista in base a cui l'immigrazione è buona in sé e storicamente inevitabile, l'antifascismo allargato e generalizzato in maniera scriteriata per coprire e colpire ogni intelligenza inquieta e ogni forma di pensiero critico del politicamente corretto".
Concludo per non prendere troppo spazio...
Scrive M. E. Di Carlo: "Ed è ancora possibile e accettabile che sia tanto consenso intorno al concetto di “razza bianca” da difendere dall’invasione dei migranti? ".
A questo interrogativo contrappongo l'affermazione di Rosa Amelia Plumelle Uriba, avvocatessa della Colombia ceìhe in un suo libro scriveva: "La razza bianca è geneticamente predeterminata ad uccidere, massacrare, stuprare; si è separata dal resto dell'umanità per asservirla. Il colore della sua pelle non è solo una questione di pigmentazione, è un difetto morale, una tara inespiabile".
Mi domando a questo punto chi siano i veri razzisti.
E siccome il nostro è il dovere occidentale della penitenza che censura, rassicura e valorizza, aggiungo che, non si educano intere generazioni all'autoflagellazione, senza poi pagarne nel tempo lo scotto.