La globalizzazione sta azzerando la Capitanata
Tra le diverse reazioni alla lettera meridiana in cui davo notizia della chiusura dell’Impianto Equipaggi di Foggia, ad opera di Trenitalia, mi ha particolarmente colpito quella di Vins Ger. Il commento si riferisce a quanto avevo scritto nel post, e ad una mia ulteriore riflessione, nella discussione sul social, in cui rilevavo che, nella vicenda della chiusura dell’impianto equipaggi, la geopolitica e il presunto baricentrismo che sorregge talune scelte politiche non c'entrano nulla, ed invitavo a riflettere sull'incapacità della classe dirigente di avviare un vero confronto con Trenitalia.
Trascrivo testualmente le considerazioni di Vins Ger:
Da un punto di vista strettamente ideologico, è quello che viene definito un padrone, e come tale avrebbe tutto il diritto di interpretare la parte del manager spietato, che bada solo agli utili della sua azienda e ai dividendi elargiti agli azionisti, incurante dell’impatto “sociale” (parola, ahimè, ormai desueta, e temo che bisognerà organizzare una petizione perché non venga espunta dai dizionari, o classificata come arcaica) che le sue scelte possono produrre su una comunità, un territorio.
Ma la globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia hanno capovolto la geografia e la filosofia dello sviluppo, le logiche del profitto, e forse le stesse ideologie. Così succede che l'imprenditore privato difende il territorio in cui lavora, mentre quello pubblico lo prende a calci in quel posto.
Sia Trenitalia che l’azienda di Vins Ger hanno la mission di erogare servizi di mobilità, portando dei passeggeri da un punto all’altro di una certa area geografica. La differenza sostanziale tra l’una e l’altra è che Trenitalia considera i suoi utenti numeri che devono generale profitti, mentre quella del nostro amico li ritiene invece persone, che con l’azienda condividono il territorio, e in fondo l’essere comunità.
La pagina social dell’azienda di Vins Ger (che non cito rispettando il semi-anonimato che distingue il soprannome scelto su facebook) è uno spettacolare esempio di come un’impresa (privata) possa essere attenta al territorio in cui opera, amarlo, e perfino fare il tifo.
Com’è che questo non succede più per le aziende pubbliche? Succede, semplicemente, che le chimere delle privatizzazioni, delle quotazioni in borsa (Trenitalia doveva approdare a Piazza Affari quest’anno, ma se ne parlerà dopo le elezioni politiche) hanno fatto perdere di vista l’aspetto sociale che, perfino all’interno di logiche capitalistiche (sane, e non selvagge come quello che stiamo vivendo e subendo), un’impresa dovrebbe mantenere.
Che il capitalismo rampante possa essere esercitato da un imprenditore privato, lo si può anche capire. Che se ne renda invece protagonista un'impresa dello Stato (di quello Stato che dovrebbe pensare al benessere di tutti i suoi cittadini) non lo si può tollerare.
La globalizzazione ha di fatto capovolto la geografia dello sviluppo. Le periferie, come la Capitanata, i Sud sono destinati a pagarne le conseguenze.
Quel che insegna la sciagurata vicenda del progressivo disimpegno di Trenitalia da Foggia, che rappresentava una volta un caposaldo negli assetti geografici aziendali, è che nel mondo globale dell’economia sempre meno reale e sempre più ridotta a finanza, non c’è più spazio per il territorio, per la comunità, per le persone umane. Cin cin.
Geppe Inserra
[La foto che illustra il post è tratta dal sito web di Giorgio Stagni (http://stagniweb.it) , appassionato della storia e della cultura delle Ferrovie Italiane, ed autore di pregevoli reportage fotografici sui viaggi che spesso compie a bordo dei treni. Ne parlerò prossimamente, in una specifica recensione].
Trascrivo testualmente le considerazioni di Vins Ger:
caro Geppe la tua analisi non fa una grinza, questa volta il baricentrismo, il foggianesimo, il lamento continuo, mi pare proprio non c’entrino nulla, Trenitalia e Rfi ormai ragionano come una multinazionale, conseguentemente devono massimizzare il loro profitto, il vero dramma è che il costo di tutto ciò ricade su noi tutti, visto che la proprietà di FSI è del Tesoro.A prima vista sembrerebbe un commento come tanti. Lucido, intelligente, pacato. E sarebbe proprio così, se a farlo fosse stato un cittadino qualsiasi, ed esprimesse il punto di vista di un cittadino qualsiasi. Ma Vins Ger non è solo un cittadino: dirige una delle più grandi aziende (private) di trasporto del Mezzogiorno, e guida la principale associazione di categoria delle industrie di trasporto privato.
Da un punto di vista strettamente ideologico, è quello che viene definito un padrone, e come tale avrebbe tutto il diritto di interpretare la parte del manager spietato, che bada solo agli utili della sua azienda e ai dividendi elargiti agli azionisti, incurante dell’impatto “sociale” (parola, ahimè, ormai desueta, e temo che bisognerà organizzare una petizione perché non venga espunta dai dizionari, o classificata come arcaica) che le sue scelte possono produrre su una comunità, un territorio.
Ma la globalizzazione e la finanziarizzazione dell’economia hanno capovolto la geografia e la filosofia dello sviluppo, le logiche del profitto, e forse le stesse ideologie. Così succede che l'imprenditore privato difende il territorio in cui lavora, mentre quello pubblico lo prende a calci in quel posto.
Sia Trenitalia che l’azienda di Vins Ger hanno la mission di erogare servizi di mobilità, portando dei passeggeri da un punto all’altro di una certa area geografica. La differenza sostanziale tra l’una e l’altra è che Trenitalia considera i suoi utenti numeri che devono generale profitti, mentre quella del nostro amico li ritiene invece persone, che con l’azienda condividono il territorio, e in fondo l’essere comunità.
La pagina social dell’azienda di Vins Ger (che non cito rispettando il semi-anonimato che distingue il soprannome scelto su facebook) è uno spettacolare esempio di come un’impresa (privata) possa essere attenta al territorio in cui opera, amarlo, e perfino fare il tifo.
Com’è che questo non succede più per le aziende pubbliche? Succede, semplicemente, che le chimere delle privatizzazioni, delle quotazioni in borsa (Trenitalia doveva approdare a Piazza Affari quest’anno, ma se ne parlerà dopo le elezioni politiche) hanno fatto perdere di vista l’aspetto sociale che, perfino all’interno di logiche capitalistiche (sane, e non selvagge come quello che stiamo vivendo e subendo), un’impresa dovrebbe mantenere.
Che il capitalismo rampante possa essere esercitato da un imprenditore privato, lo si può anche capire. Che se ne renda invece protagonista un'impresa dello Stato (di quello Stato che dovrebbe pensare al benessere di tutti i suoi cittadini) non lo si può tollerare.
La globalizzazione ha di fatto capovolto la geografia dello sviluppo. Le periferie, come la Capitanata, i Sud sono destinati a pagarne le conseguenze.
Quel che insegna la sciagurata vicenda del progressivo disimpegno di Trenitalia da Foggia, che rappresentava una volta un caposaldo negli assetti geografici aziendali, è che nel mondo globale dell’economia sempre meno reale e sempre più ridotta a finanza, non c’è più spazio per il territorio, per la comunità, per le persone umane. Cin cin.
Geppe Inserra
[La foto che illustra il post è tratta dal sito web di Giorgio Stagni (http://stagniweb.it) , appassionato della storia e della cultura delle Ferrovie Italiane, ed autore di pregevoli reportage fotografici sui viaggi che spesso compie a bordo dei treni. Ne parlerò prossimamente, in una specifica recensione].
Commenti
La geopolitica ed il baricentrismo non c'entrano nulla?
Trenitalia e Rfi ormai ragionano come una multinazionale, conseguentemente devono massimizzare il loro profitto?
Trenitalia considera i suoi utenti numeri che devono generale profitti?
Tutto ha una sua forza peso e tutto ha una sua storia...
Globalizzazione è un termine adoperato a partire dagli anni '90 del Novecento, per indicare "un insieme assai ampio di fenomeni, connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo".
Nella sua accezione pragmatica, " la globalizzazione può esercitare effetti positivi sull’economia mondiale ; in particolare, la liberalizzazione e la crescita degli scambi commerciali e finanziari potrebbero stimolare un afflusso degli investimenti verso le aree meno dotate di capitali e favorire una tendenziale riduzione del divario economico fra aree sviluppate ed in via di sviluppo" e questo varrebbe anche all'interno di uno stesso paese.
Ora, la storia della colonizzazione viene temporalmente prima di quella della globalizzazione che in se stessa potrebbe ancora significare o liberalizzazione o neocolonialismo.
L'unità d'Italia ed il colonialismo nazionale conseguente hanno una storia consolidata di quasi 160 anni mentre la globalizzazione è più recente.
Così pure il colonialismo regionale frutto della preminenza che lo Stato (e conseguenti investimenti) che i governi hanno attribuito a certe aree e a certe città, preminenza istituzionalizzata oggi con la nascita delle aree metropolitane.
Il manifestarsi del capitalismo nel suo aspetto imperialista colonialista non avviene solo tra paesi diversi, ma anche all’interno di un solo paese. Lo schema internazionale di sviluppo-sottosviluppo è riprodotto a livello nazionale fra regioni e settori economici.
Il "baricentrismo" è appunto questo genere di colonialismo regionale interno, è la preminenza che si eleva per autorità, prestigio e importanza su territori circostanti ai quali sottrae investimenti e contemporaneamente li concentra su di sè, rafforzando di continuo quella preminenza che viene istituzionalita.
Immaginiamo che il Gruppo Ferrovie dello Stato, nel configurare le proprie strategie, si rivolga in primo luogo ai responsabili politici delle aree più forti e preminenti per prendere delle decisioni e che questa rìtrattativa debba essere reciprocamente vantaggiosa, cosicché Bari nel caso specifico ottenga di accentrare nella propria città e territorio, competenze che storicamente non le sono mai toccate, nè le toccherebbero sul piano storico o di posizionamento strategico sul territorio...
E' per questo che Bari ha potuto sottrarre a Foggia ben 35 uffici fìdirigenziali e bypassare la città di Foggia ed il suo territorio grazie alla modifica di una vverbio perché, nel linguaggio del potere, anche gli avvercìbi hanno un loro peso.
Insomma, non possiamo andare a Bari ed esclamare: "oh che grande città" senza conoscere la storia delle sottrazioni, degli accentramenti e della sua contemporanea crescita.
Mors Tua Vita Mea...
Quì, in chiusura non abbiamo approfondito la questione del colonialismo nazionale nè quella della globalizzazione che potrebbe anche non limitarsi alla intepretazione per cui " non c’è più spazio per il territorio, per la comunità, per le persone umane" poiché da qualche altra parte, Bari o Milano che siano, c'è chi ne gode ampiamente.