Si è spento Mario Napolitano, un faro della memoria
Con la morte di Mario Napolitano scompare per me un altro faro: una di quelle persone che da sole sono in grado di illuminare le tenebre, con il loro coraggio, con la loro tenacia, con la coerenza ai valori in cui hanno creduto per tutta la loro esistenza.
Partigiano, ha speso una vita perché Foggia non dimentichi il sacrificio di quanti si sono immolati per la libertà e per la democrazia e in modo speciale perché serbi memoria di Nicola Ugo Stame, il tenore partigiano trucidato alle Fosse Ardeatine, di cui Napolitano era cugino.
Mario - 94 anni portati bene finché la morte non ha decretato ch'era giunta la sua ora - era conosciutissimo dai (non molti) giornalisti che coltivano la memoria collettiva della città.
Bussava senza sosta alle porte delle redazioni, saliva le scale dei palazzi istituzionali per fare in modo che le tracce foggiane del suo illustre cugino fossero qualcosa di più del misero vicoletto che porta il suo nome nell'estrema periferia della città, a Rione Martucci. Sognava che gli venisse intitolato un teatro, il Teatro del Fuoco, e fu promotore della iniziativa della Cgil e del periodico Sud Est che raccolsero centinaia di firme chiedendo che questa intitolazione potesse diventare realtà. Ma non se e fece nulla, e Napolitano ci rimase veramente male.
L'ostinazione con cui portava avanti la sua missione ha fatto breccia in un autore foggiano, Lello Saracino, che traendo spunto dalla documentazione su Nicola Stame che Napolitano portava sempre con sè ha scritto un libro sul tenore, ancora fresco di stampa.
L'Auser mi ha invitato a condurre la conversazione con Lello nella iniziativa cui il libro verrà presentato (venerdì 8 maggio in via della Repubblica, non mancate). Pregustavo già il momento in cui avrei sollecitato Mario a riferirci in suo pensiero. Purtroppo non sarà possibile, ma la presentazione de Il tenore partigiano, sarà anche un modo per onorare l'impegno e il coraggio con cui Napolitano è riuscito a far sì che su Stame non cadesse l'oblio.
In una delle sue ultime uscite pubbliche (che potete vedere in questo bel servizio di Rec24.it Reporter di Capitanata) è possibile ascoltarlo mentre sottolinea la pregnanza del gesto di Sergio Mattarella, che appena eletto alla Presidenza della Repubblica, si recò alle Fosse Ardeatine a rendere omaggio ai caduti, e a certificare che l'anelito di libertà e democrazia sta nel dna più profondo della Nazione.
Un altro chiodo fisso di Mario Napolitano è stato rappresentato dall'impegno a serbare viva la memoria della tragica estate del 1943, di cui fu diretto testimone. Regalò a me e agli amici e lettori di Lettere Meridiane la bella ode composta da suo figlio Domenico, medico e poeta (potete leggerla qui) ed è tra i protagonisti del documentario di Giovanni Rinaldi Non voglio parlare della guerra, recentemente pubblicato dall'autore in una versione rivista e rimontatata. Il video originario è stato girato nel 2013, nell'ambito del progetto del Cesevoca, Testimoni della memoria.
Ve lo mostro qui sotto, come omaggio estremo ad un caro amico che ha illuminato la mia vita e quella dei tanti foggiani che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Partigiano, ha speso una vita perché Foggia non dimentichi il sacrificio di quanti si sono immolati per la libertà e per la democrazia e in modo speciale perché serbi memoria di Nicola Ugo Stame, il tenore partigiano trucidato alle Fosse Ardeatine, di cui Napolitano era cugino.
Mario - 94 anni portati bene finché la morte non ha decretato ch'era giunta la sua ora - era conosciutissimo dai (non molti) giornalisti che coltivano la memoria collettiva della città.
Bussava senza sosta alle porte delle redazioni, saliva le scale dei palazzi istituzionali per fare in modo che le tracce foggiane del suo illustre cugino fossero qualcosa di più del misero vicoletto che porta il suo nome nell'estrema periferia della città, a Rione Martucci. Sognava che gli venisse intitolato un teatro, il Teatro del Fuoco, e fu promotore della iniziativa della Cgil e del periodico Sud Est che raccolsero centinaia di firme chiedendo che questa intitolazione potesse diventare realtà. Ma non se e fece nulla, e Napolitano ci rimase veramente male.
L'ostinazione con cui portava avanti la sua missione ha fatto breccia in un autore foggiano, Lello Saracino, che traendo spunto dalla documentazione su Nicola Stame che Napolitano portava sempre con sè ha scritto un libro sul tenore, ancora fresco di stampa.
L'Auser mi ha invitato a condurre la conversazione con Lello nella iniziativa cui il libro verrà presentato (venerdì 8 maggio in via della Repubblica, non mancate). Pregustavo già il momento in cui avrei sollecitato Mario a riferirci in suo pensiero. Purtroppo non sarà possibile, ma la presentazione de Il tenore partigiano, sarà anche un modo per onorare l'impegno e il coraggio con cui Napolitano è riuscito a far sì che su Stame non cadesse l'oblio.
In una delle sue ultime uscite pubbliche (che potete vedere in questo bel servizio di Rec24.it Reporter di Capitanata) è possibile ascoltarlo mentre sottolinea la pregnanza del gesto di Sergio Mattarella, che appena eletto alla Presidenza della Repubblica, si recò alle Fosse Ardeatine a rendere omaggio ai caduti, e a certificare che l'anelito di libertà e democrazia sta nel dna più profondo della Nazione.
Un altro chiodo fisso di Mario Napolitano è stato rappresentato dall'impegno a serbare viva la memoria della tragica estate del 1943, di cui fu diretto testimone. Regalò a me e agli amici e lettori di Lettere Meridiane la bella ode composta da suo figlio Domenico, medico e poeta (potete leggerla qui) ed è tra i protagonisti del documentario di Giovanni Rinaldi Non voglio parlare della guerra, recentemente pubblicato dall'autore in una versione rivista e rimontatata. Il video originario è stato girato nel 2013, nell'ambito del progetto del Cesevoca, Testimoni della memoria.
Ve lo mostro qui sotto, come omaggio estremo ad un caro amico che ha illuminato la mia vita e quella dei tanti foggiani che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Commenti
Memorabile il suo civile e amorevole impegno per tenere desto il ricordo e il sacrificio di suo cugino Nicola Stame e mi rammarica il fatto che un grande Presidente quale fu Antonio Pellegrino non raccolse da subito (e naturalmente tutti gli altri che gli successero) la richiesta di intitolare il Teatro del Fuoco al grande tenore-partigiano.
Ben venga, allora, la presentazione dell'ottimo volume di Lello Saracino, perché, come giustamente rilevi, sarà anche l'occasione per abbracciare Mario Napolitano e ricordarne il profilo umano e la passione civile.