Perchè sulla scuola Renzi ha ragione. Almeno grammaticalmente.
Matteo Renzi fa lezione in video agli insegnanti, per illustrare la buona scuola, e viene ferocemente bacchettato per aver scritto, sulla lavagna su cui illustrava i diversi aspetti della riforma, cultura umanista e non - come secondo taluni sarebbe stato corretto- cultura umanistica.
Le critiche sono state spietate, e il tam tam del social network addirittura furente: qualcuno ha perfino consigliato al premier di tornare a scuola.
Mo tutto possiamo dire a Renzi ma non che gli manchi una certa dimestichezza con la lingua italiana, visto che è stato sindaco di Firenze, città che ha dato i natali alla nostra bella lingua. Quindi, prima di criticare e di segnare l’errore con la matita blu, sarebbe stato forse il caso di approfondire, soprattutto se i criticoni in questione sono docenti.
Non entro nel merito politico della vicenda. (La riforma mi piace a metà, e un confronto serio e approfondito col sindacato l’avrebbe sicuramente migliorata, ma questo è un altro discorso). Però va detto che, nella fattispecie, a sbagliare non è stato il capo del governo ma i suoi detrattori. Sarebbe bastata una rapida ricerca su google per rendersene conto.
L’utilizzazione del termine umanista in funzione di aggettivo, seppur obsoleta, è corretta. Vedasi per esempio, il dizionario Sabatini Coletti, secondo cui “insegnante umanista” è quello “che condivide, sostiene gli ideali dell’umanesimo.”
Il Garzanti va oltre: per i redattori di questo dizionario, “umanista” può essere indifferentemente usato sia come aggettivo che come sostantivo. Letteratura “umanista” è la letteratura che riguarda l’umanesimo.
Se le cose stanno così, non solo Matteo Renzi non ha sbagliato, ma ha presumibilmente utilizzato umanista in forma di aggettivo, a fianco alla parola cultura in modo del tutto consapevole.
Avesse scritto cultura umanistica, si sarebbe potuto pensare che la riforma prevede l‘introduzione del latino in tutti gli indirizzi (il che non sarebbe male, in ogni caso). Scrivendo cultura umanista ha voluto probabilmente indicare la necessità di una scuola che torni a porre al centro la valorizzazione e la crescita della persona umana, secondo quegli ideali umanisti (e non umanistici) che ebbero Firenze quale culla.
Le critiche sono state spietate, e il tam tam del social network addirittura furente: qualcuno ha perfino consigliato al premier di tornare a scuola.
Mo tutto possiamo dire a Renzi ma non che gli manchi una certa dimestichezza con la lingua italiana, visto che è stato sindaco di Firenze, città che ha dato i natali alla nostra bella lingua. Quindi, prima di criticare e di segnare l’errore con la matita blu, sarebbe stato forse il caso di approfondire, soprattutto se i criticoni in questione sono docenti.
Non entro nel merito politico della vicenda. (La riforma mi piace a metà, e un confronto serio e approfondito col sindacato l’avrebbe sicuramente migliorata, ma questo è un altro discorso). Però va detto che, nella fattispecie, a sbagliare non è stato il capo del governo ma i suoi detrattori. Sarebbe bastata una rapida ricerca su google per rendersene conto.
L’utilizzazione del termine umanista in funzione di aggettivo, seppur obsoleta, è corretta. Vedasi per esempio, il dizionario Sabatini Coletti, secondo cui “insegnante umanista” è quello “che condivide, sostiene gli ideali dell’umanesimo.”
Il Garzanti va oltre: per i redattori di questo dizionario, “umanista” può essere indifferentemente usato sia come aggettivo che come sostantivo. Letteratura “umanista” è la letteratura che riguarda l’umanesimo.
Se le cose stanno così, non solo Matteo Renzi non ha sbagliato, ma ha presumibilmente utilizzato umanista in forma di aggettivo, a fianco alla parola cultura in modo del tutto consapevole.
Avesse scritto cultura umanistica, si sarebbe potuto pensare che la riforma prevede l‘introduzione del latino in tutti gli indirizzi (il che non sarebbe male, in ogni caso). Scrivendo cultura umanista ha voluto probabilmente indicare la necessità di una scuola che torni a porre al centro la valorizzazione e la crescita della persona umana, secondo quegli ideali umanisti (e non umanistici) che ebbero Firenze quale culla.
Commenti