Una storia di malasanità, una grande lezione di dignità e moralità

Quella che state per leggere non è soltanto una storia di ordinaria malasanità verificatasi presso gli Ospedali Riuniti di Foggia. È anche una storia di dignità e fermezza morale d’altri tempi.
A raccontarla pubblicamente è stato, durante il convegno sulle liste d’attesa nella sanità pugliese, Franco Persiano, segretario generale dello Spi-Cgil di Foggia.
È un episodio amaramente esemplare delle enormi difficoltà in cui versano le strutture ospedaliere del capoluogo, ma anche delle tante contraddizioni e disfunzioni organizzative.
È una storia recente, capitata neanche un mese fa.
Lo scorso 21 gennaio, un signore di 83 anni, affetto da una grave patologia respiratoria e con grandi difficoltà motorie - ha raccontato Persiano - è stato accompagnato all’ospedale da suo figlio. Erano le  8 del mattino quando il malcapitato ha cominciato la consueta via crucis cui deve sottostare chi si presenta al pronto soccorso. Le sue condizioni sono critiche. Ha liquidi nelle gambe. E il tempo comincia a scorrere.
Il protagonista di questa vicenda deve attendere 13 ore prima che gli venga dato un letto, Ma non è neanche un letto vero e proprio, all’interno di un reparto. È un posto arrangiato e provvisorio dove si stende e dorme per quel che può, senza potersi neanche svestire. Solo alle ore 11 del giorno dopo viene finalmente ricoverato presso l’ospedale Colonnello D’Avanzo, dove può sottoporsi agli accertamenti e alle cure del caso.
Calvario finito? Neanche per sogno, purtroppo.
L’anziano - ha riferito ancora il segretario generale dello Spi Cgil - viene dimesso dopo 10 giorni con la prescrizione di sottoporsi a due esami entro i successivi 15 giorni. A parte la stranezza di un luogo di cura che dimette i degenti nonostante abbiano ancora bisogno di accertamenti, il peggio deve ancora arrivare. Quando chiede di prenotare gli esami subito, contestualmente alle dimissioni, gli viene risposto che prima di maggio non è possibile effettuarli.
Persiano fa  nome e cognome della persona, e non è uno qualunque: si tratta di Pietro Carmeno, già parlamentare della Repubblica, nonché esponente politico e sindacale di primissimo piano del movimento operaio in provincia di Foggia.
Almeno la morale di questa triste storia è bella. Carmeno avrebbe potuto - come si dice - “qualificarsi”, ma non l’ha fatto perché lui si è battuto per una vita per sostenere la causa che tutti sono uguali. Ha conservato un dignitoso anonimato preferendo restare una delle tante persone che quotidianamente sperimentano sulla propria pelle le “forche caudine” di un sistema sanitario che mortifica i più elementari diritti dei cittadini. 
Da quel letto di ospedale Pietro Carmeno ha impartito una grande lezione morale. Speriamo che serva a qualcosa.
Attilio Manfrini, direttore generale dell’Asl (e in quanto tale non direttamente responsabile delle strutture in cui si è verificata la storia), presente ai lavori ha ascoltato la denuncia di Franco Persiano, e ha risposto senza nascondersi dietro il dito, senza ricorrere a giustificazioni di circostanza.
“C’è nei servizi sanitari pubblici una questione morale che non riguarda aspetti di corruzione ma la dedizione al lavoro, il senso del dovere, la capacità di relazionarsi ai pazienti in modo civile ed umano. Vi è la necessità di una formazione del personale non solo dal punto di vista professionale, ma anche etico. Rimpiango i tempi - ha concluso Manfrini - in cui i reparti ospedalieri erano presidiate dalle suore. Almeno imponevano nelle corsie l’educazione ed il rispetto verso le persone.”


Commenti

Anonimo ha detto…
Siamo sicuri si possa parlare di malasanità? I tempi d'attesa dipendono da disponibilità di personale e posti letto. Nel caso specifico non posso dire, ma se il paziente è in condizioni adeguate capita che venga dimesso prima di completare gli esami. La degenza costa. In sostanza, quando gli amministratori affermano di voler risolvere le criticità della sanità, stanno sostanzialmente affermando di voler rimediare alle loro scelte
Anonimo ha detto…
che devo commentare....vogliono risparmiare sulla pelle delle persone invece di ridurre i loro stipendi......non aumentando qualche posto letto......
Anonimo ha detto…
Da un lato c'è sicuramente il malfunzionamento di una struttura che dovrebbe garantire tempi più ridotti ai pazienti bisognosi; dall'altro, però, bene ha fatto Carmeno a non qualificarsi perché non mi pare ve ne fosse motivo! Piuttosto, per accorciare i tempi di attesa, credo che il buon senatore avrebbe potuto scegliere una più comoda clinica privata, non mancandone sul territorio,e di falo anche in forza di una pensione che - in tutta onestà - non credo sia proprio da buttare...
Piuttosto la smettano i soliti anonimi di inveire qualunquisticamente. Forse non si rendono nemmeno conto che a forza di reclamare la riduzione degli stipendi (e poi di chi? Dei politici in generale? degli amministratori in generale? insomma di chi?) sembrano agognare una società da soviet! Per un po' vi ho creduto anch'io, ma poi mi sono reso conto che la realtà è un'altra e che le risposte possono essere molteplici, purché gli italiani sappiano protestare a ragion veduta e per tempo e non a scoppio ritardato in attesa del Grande Affabulatore che risana i peccati del mondo...
(m.d.t.)
Unknown ha detto…
E' il caso di dirlo: Medice, cura te ipsum.
Secondo l'art. 3 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 al Direttore Generale della ASL gli sono riservati tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'azienda; adotta l'atto aziendale, che disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'ente; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell'azienda. Non capisco perché nella nota hai fatto salvo il Direttore Generale Attilio Manfrini, quello con la nostalgia delle monache.

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